VARIE 10/4/2016, 10 aprile 2016
APPUNTI PER GAZZETTA - SALVINI INSULTA MATTARELLA
REPUBBLICA.IT
ROMA - Il segretario della Lega Nord attacca il presidente della Repubblica sul tema dei migranti e delle frontiere. La polemica, però, nasce dall’estrapolazione di una frase da un contesto più ampio: Sergio Mattarella, aprendo Vinitaly a Verona, infatti, ha detto: "Da prodotto antico a chiave di modernità, il vino italiano, col suo successo nell’export, conferma come il destino dell’Italia sia legato al superamento delle frontiere e non al loro ripristino", riferendosi evidentemente all’export dei prodotti.
Mattarella a Vinitaly: "Destino dell’Italia è superamento frontiere non ripristino"
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Matteo Salvini ha analizzato solo parte della frase, riferendola ai migranti e, su Facebook, ha indirizzato dure accuse al presidente: "È come dire avanti tutti, in Italia può entrare chiunque... Se lo ha detto da sobrio, un solo commento: complice e venduto", ribadendo la sua posizione in materia, dopo che nei giorni scorsi ha proposto di ripristinare le frontiere e di abolire il trattato di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini in Ue.
Le reazioni. Le parole del leader della Lega hanno scatenato una pioggia di critiche. "Quelle di Salvini su Mattarella sono parole di un eversore che detesta l’Europa e non ama l’Italia", ha commentato il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda, mentre Matteo Colaninno giudica le offese rivolte da Salvini al presidente della Repubblica inaccettabili: "Vanno condannate con fermezza: non si possono utilizzare espressioni che si configurano come vilipendio - ha scritto in una nota -. Se Salvini è ossessionato dalle sue idee xenofobe in materia di immigrazione se le tenga per sé e non si permetta di scrivere insulti e falsità. Il capo dello Stato, che anche oggi ha fatto un’analisi lucida e responsabile sul tema dei migranti, ha la totale fiducia degli italiani e merita rispetto". "L’aggressione al Capo dello Stato è ormai la cifra di chi non ha nulla da dire. Ed è la prova che Salvini e Grillo sono fatti della stessa pasta, di populismo volgare, urlo e intolleranza: il contrario della democrazia", ha aggiunto la vicesegretaria dem Debora Serracchiani.
Per Valentina Castaldini, portavoce nazionale del Nuovo centrodestra,"Salvini, in crisi di popolarità, oggi ha deciso di spararla grossa alzando il tiro. Le sue affermazioni sul capo dello Stato dimostrano una totale assenza di rispetto delle istituzioni e una prospettiva provinciale che è da sempre il suo limite. L’apertura delle frontiere e la libera circolazione sono una grande conquista del mondo moderno".
Dello stesso avviso è il candidato sindaco di Roma ed esponente di Sinistra Italiana, Stefano Fassina, che su Twitter scrive: "La demagogia di Salvini contro il presidente Mattarella è contro l’interesse nazionale dell’Italia. Se salta Schengen, noi siamo più penalizzati di tutti gli altri". A lui fa eco il capogruppo del partito, Arturo Scotto: "Per raccattare voti vuole alzare muri, butta benzina sul fuoco dell’intolleranza e ora prende di mira il Capo dello Stato. Giusto invece il riferimento su Italia paese dell’accoglienza e del dialogo. Salvini non si permetta di utilizzare questo linguaggio con il presidente Mattarella". Sempre sul social networl la reazione del deputato di SI, Alfredo D’Attorre: "Le parole di Salvini sul presidente Mattarella sono vergognose. Se l’alternativa a questa Europa è affidata a lui, povera Italia".
"Salvini ci stupisce sempre di più per la sua ’impeccabile’ cultura istituzionale. Le sue osservazioni al capo dello Stato sono ’corrette’, segno di una ’profonda cultura giuridica’ e di una ’grande capacità di dialogo’. Evidentemente al peggio non c’è mai limite", ironizza Fabrizio Cicchitto.
Di nuovo all’attacco. A distanza di ore, Salvini ribadisce il concetto, convinto della sua interpretazione e interpellato dai giornalisti a margine di un comizio a Porto Recanati, dice: "La mia non è una frase contro Mattarella: io difendo il diritto dell’Italia e degli italiani. Il presidente non può invitare i clandestini di tutto il mondo a venire in Italia". Quanto al Vinitaly, il leader della Lega ha chiosato: "Ci sono stato anche io, si beve tanto e bene".
REPUBBLICA.IT DEL 7 APRILE (ILVO DIAMANTI)
Queste tendenze emergono, con particolare evidenza, nel IX Rapporto sulla Sicurezza in Europa (curato da Demos e dall’Osservatorio di Pavia insieme alla Fondazione Unipolis), che verrà presentato a Roma martedì 15 marzo. I sondaggi condotti su campioni rappresentativi di 5 Paesi europei (complessivamente: 5000 interviste) rendono evidente il disagio sollevato dall’Europa senza frontiere. Solo una quota minoritaria della popolazione, in tutti i Paesi "sondati", infatti, continua a credere nel Trattato di Schengen. E si dice convinta a mantenere la libera circolazione delle persone fra gli Stati che vi aderiscono. Senza controlli. Il consenso all’Europa "senza frontiere" viene espresso, comprensibilmente, da una frazione di francesi, di poco inferiore al 10%. D’altronde, l’impatto dei sanguinosi attentati avvenuti nel 2015 ha alimentato il senso di insicurezza. E la domanda di controlli. Anche se la minaccia, spesso, viene "dall’interno". Dell’Europa e della stessa Francia. In Italia, tuttavia, il sostegno al trattato di Schengen appare solo di qualche punto più ampio (13%). Mentre in Germania e in Spagna si allarga, ma non supera il 25%. La maggioranza dei cittadini intervistati, nel corso dell’indagine, la pensa, dunque, in modo molto diverso. Chiede il ritorno della sorveglianza alle frontiere, se non dei muri.
In Italia, in particolare, quasi 6 cittadini su 10 approvano l’idea che occorra ripristinare i controlli. Sempre. In Germania, Spagna e, in misura più ridotta, in Francia: solo in determinate occasioni. Nell’insieme, quindi, all’Europa "senza confini" crede solo una minoranza di cittadini. Coerentemente, il consenso per l’Unione Europea si riduce tanto più dove più cresce la domanda di marcare i confini tra gli Stati. Infatti, fra coloro che vorrebbero ripristinare i controlli alle frontiere "nazionali", la fiducia nella UE scende ai minimi livelli. In tutti i Paesi. In particolare in Germania: dal 53 al 44%. Mentre in Italia e in Francia la domanda di tornare ai confini nazionali abbassa la confidenza nella UE di 5-6 punti. Solo in Spagna, il disincanto europeo dei delusi di Schengen aumenta in misura meno elevata (3 punti). D’altronde, rispetto al passato, la Spagna risulta esterna ai principali flussi migratori. Quindi la preoccupazione delle frontiere aperte è meno diffusa, fra i suoi cittadini. Per questi motivi, non sorprende che il trattato di Schengen susciti reazioni particolarmente ostili negli ambienti sociali più vicini ai soggetti politici neo-populisti o, comunque, anti-politici. Che hanno fatto dell’Unione Europea un bersaglio polemico, talora un "nemico". Contro cui "lottare".
La richiesta di ripristinare i controlli alle frontiere risulta, dunque, molto estesa fra gli elettori che vedono con favore la Lega di Salvini (ma anche il M5s) in Italia; il Front National di Marine Le Pen in Francia, i Ciudadanos in Spagna. L’AfD in Germania. Ma il ritorno delle frontiere e dei confini riscuote favore anche fra i sostenitori dei partiti di Destra e di Centro-Destra. Perché risponde alla "paura degli altri", degli immigrati. E suscita domanda d’ordine. Questo sentimento è particolarmente esteso nella base di Forza Italia, dell’UMP, del PP, del CDU-CSU. Per la stessa ragione, nel Regno Unito la fiducia nell’ UE risulta molto bassa fra gli elettori dell’Ukip e fra i Conservatori. Tuttavia, alla fine, si ripropone, in modo piuttosto clamoroso, l’eccezionalità – non l’eccezione – italiana. Il Paese d’Europa dove la fiducia nell’Europa – unita – è più bassa. Dove non solo i populisti e la destra, ma perfino il 40% degli elettori vicini al PD vorrebbero ripristinare i controlli alle frontiere. Chiudersi. Quasi il doppio rispetto alla base del PSOE. Comunque, molto più rispetto ai simpatizzanti degli altri partiti socialisti europei. Il "laboratorio politico italiano" (come l’ha definito Marc Lazar) non smette mai di sorprendere. Di sollevare inquietudi.
Perché se la costruzione europea, se il futuro dell’Unione si appoggiano sul trattato di Schengen, sulla libertà di circolazione "oltre" i confini nazionali e dentro i
confini comuni(tari), allora c’è fondato motivo di temere. Per la costruzione europea. Per il futuro dell’Unione. Ma questa, per quel che mi riguarda, è una buona ragione. Per difendere le buone ragioni del trattato di Schengen.
In Italia, più che altrove.
REPUBBLICA.IT
Il presidente Sergio Mattarella e il ministro Maurizio Martina hanno inaugurato, a VeronaFiere, la rassegna Vinitaly, la vetrina con il meglio della produzione vitivinicola nazionale. Per questa edizione numero 50, domani tra gli stand arriverà anche il presidente del consiglio, Matteo Renzi che accoglierà Jack Ma, patron di Alibaba group, il più grande sito cinese di e-commerce. Presenze che testimoniano l’importanza della manifestazione, cresciuta di pari passo con la produzione e al qualità del vino italiano negli ultimi 50 anni. Quest’anno gli espositori saranno 4.100 espositori, con 55mila
operatori da 141 nazioni e circa mille buyer provenienti da 30 Paesi.
"La domanda di Italia si fa più forte nel mondo - ha detto il presidente della Repubblica, Mattarella -. Per questo non abbiamo paura della competizione con nuovi produttori e con Paesi emergenti. E’ lecito, però, porci un obiettivo più ambizioso di quello di mantenere o di condividere un primato numerico. Nell’interesse generale, l’obiettivo deve essere quello di innalzare, insieme alla qualità dei nostri standard, quelli dell’intero mercato".
"Abbiamo un comparto che vale oltre 14 miliardi di euro - ha detto invece il ministro Martina - , nel 2015 abbiamo raggiunto i 5,4 miliardi di euro di export e siamo tornati ad essere i primi al mondo per quantità di produzione. Ora dobbiamo vincere la sfida anche sul fronte del valore della produzione e delle esportazioni. Possiamo farcela. Basti pensare che negli ultimi 10 anni abbiamo dimezzato il divario dalla Francia e che oggi negli Stati Uniti vendiamo più di tutti. Il governo c’è - ha concluso Martina - . Siamo al fianco delle nostre imprese per rafforzare la loro presenza sui mercati con misure concrete e un piano di internazionalizzazione".
I 50 anni di storia di Vinitaly e dell’industria italiana del vino sono stati ripercorsi minuziosamente dalla Coldiretti, partendo dal primo vino italiano doc riconosciuto nel 1966 fino alla storica mappatura del genoma della vite annunciata nel 2007. A cambiare la realtà vinicola italiana però sono stati anche la nascita dell’associazione italiana sommelier e l’arrivo del qr code in etichetta per garantire la tracciabilità dal tralcio al bicchiere attraverso lo smartphone.
I numeri della Coldiretti - In 50 anni la quantità di vino Made in Italy venduto all’estero è aumentata di quasi otto volte (+687%) con il risultato che oggi nel mondo una bottiglia esportata su 5 è fatta in Italia; e ciò nonostante - sottolinea la Coldiretti - la produzione di vino in Italia sia scesa dal 1966 ad oggi del 30 per cento, passando da 68,2 milioni di ettolitri ai 47,4 milioni di ettolitri registrati nel 2015. Un percorso inverso - afferma Coldiretti - ha caratterizzato, invece, i consumi di vino degli italiani che nel giro di 50 anni si sono ridotti a un terzo. Dai 111 litri che ogni italiano beveva in media nel ’66 si è scesi agli attuali 37 litri che rappresentano il minimo storico di sempre.
Il primo vino Doc, una vernaccia - Meno quantità più qualità anche grazie al lavoro di 35 mila sommelier, figura professionale nata nel 1965, ma riconosciuta giuridicamente dal 1973. La nascita e lo sviluppo della figura dei sommelier ha sostenuto una rivoluzione della qualità il cui aspetto forse più evidente è l’arrivo di vini "doc". Fissate le regole con il Dpr 930 del 1963, il primo riconoscimento è arrivato il 6 maggio del 1966:a ottenere la Denominazione di origine controllata fu la vernaccia di San Gimignano doc. Con legge 164 del 1992 sono state istituite poi le indicazioni geografiche tipiche (igt). Dal 4 agosto 2008 - segnala ancora la Coldiretti - è arrivata la possibilità di mettere in commercio i vini a denominazione di origine nel formato bag in box, gli appositi contenitori in cartone e polietilene dotati di rubinetto che consentono di spillare il vino senza far entrare aria, garantendone la conservazione. L’incidenza delle Doc sulla produzione italiana complessiva è passata in 50 anni - spiega la coldiretti - da appena il 2% al 32% di oggi.
La ’lettura’ del genoma - Altra tappa epocale per la ricerca sul vino, riconrda Coldiretti, è stata la pubblicazione dell’articolo di Nature del 26 agosto 2007 che annunciava la decodifica del genoma della vite prendendo come pianta modello il pinot nero, una delle cultivar più importanti a livello mondiale, grazie a un gruppo di ricercatori dell’Istituto agrario di San Michele all’Adige guidato da Riccardo Velasco, coordinatore del Dipartimento di genetica e biologia molecolare, con la collaborazione della società americana Myriad genetics inc.
La capacità di innovazione dell’industria vinicola italiana, sottolinea Coldiretti, è evidente dal fatto che con 72.300 ettari di terreno coltivati da 10 mila aziende e 1.300 Cantine, in Italia si trova il 22% dei vigneti mondiali coltivati con metodo biologico. Nel tempo le novità hanno riguardato anche i tappi con l’utilizzo per la prima volta dei primi tappi di vetro al posto di quelli di sughero, ma è arrivato lo spumante Made in Italy con polvere d’oro, quello fatto invecchiare nel mare e la bottiglia di spumante con fondo piatto per aumentare la superficie che i lieviti hanno a disposizione per assolvere al meglio il loro compito.
Più forte di un grado - Negli ultimi 50 anni sono stati evidenti anche gli effetti dei cambiamenti climatici: il vino italiano è aumentato di oltre un grado e la presenza della vite si è spostata verso altitudini prima impensabili fino a quasi 1200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in Val d’Aosta, dove dai vitigni più alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle dop.
Dal vino alla bellezza - Capitolo a parte, conclude Coldiretti, merita un’altra costola della produzione: la nascita e la diffusione delle pratiche del "wine beauty",
iniziate con il bagno nel vino, ma che oggi comprendono prodotti come il dopobarba all’amarone, la crema viso alla linfa di vite, lo scrub agli scarti di potatura, il gel di uva rassodante, la crema allo spumante, lo shampoo al vino rosato o lo stick labbra agli estratti di foglie di vite.
ARTICOLO 87 DELLA COSTITUZIONE
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. (PRIMO CAPOVERSO)
ARTICOLO 89
Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
ARTICOLO 90
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune [cfr. art. 55 c.2], a maggioranza assoluta dei suoi membri