varie, 9 aprile 2016
APPUNTI PALLINATO SGUATTERA DEL GUATEMALA
ALDO CAZZULLO, CORRIRE DELLA SERA 8/4 –
Sperava di essere Bel Ami; era solo Ricucci, forse neanche quello. C’è qualcosa dell’arrampicatore di Maupassant nel talento di Gianluca Gemelli per subornare donne più potenti e benestanti di lui.
Donne che si sentono «usate» e «trattate come una sguattera del Guatemala». Ma nel romanzo l’operazione da cui trarre vantaggi e denari era la conquista francese del Marocco, non l’oleodotto di Tempa Rossa. E le conversazioni si tengono prudentemente nei salotti della Parigi ottocentesca, non attraverso questi benedetti telefonini a cui almeno tra familiari sarebbe bene preferire i contatti diretti. E quindi, più che Georges Duroy divenuto Du Roy de Cantel e detto appunto Bel Ami, Gemelli finisce per ricordare l’Alberto Sordi del Vedovo – «se noi trasformiamo questi bovini in liquido e li mettiamo negli ascensori, ao’, noi guadagniamo dieci volte tanto!» —, sempre alla ricerca del sostegno e dei soldi della moglie, che lo chiama con un vezzeggiativo più di affetto che di stima (quando nel 2003 Sordi se ne andò, al Corriere arrivò un necrologio: «Ciao Cretinetti. Franca Valeri, Milano»). Come la Valeri si sfoga quasi incredula per gli investimenti sbagliati di Sordi – «mi è costato trenta milioncini in ventiquattr’ore… si è messo in testa di fregare la Montecatini…ha comprato la solfatara, quella che volevano affibbiare a me…lui quello che gli mettono davanti firma!» —, anche Federica Guidi si ribella, sia pure più disperata che sarcastica: «Ma quando tu ti sei andato a sputtanare centinaia di milioni di euro, in una situazione che neanche un deficiente…». E l’ufficio, «quanto ti è costato l’ufficio, dimmi? Un milione di euro!».
È la stessa Guidi a citare Ricucci e il suo «quartierino». Il ministro si sente presa tra due fuochi: la «combriccola» del compagno e la squadra di governo di cui fa parte, in cui fatica a toccare palla. Lei è esasperata: «Non fai altro che chiedermi favori, con me ti comporti come un sultano», «io per te valgo meno di zero», e ancora: «Per te valgo meno di zero come tutte». Lui si vanta di averla «messa in croce», la chiama «figlia mia», si lamenta di Guerra, di Padoan, di De Vincenti «pezzo di m.», di Lotti che la «sta massacrando», di Delrio contro cui medita di organizzare pure un dossier con foto.
Alla fine, per quanto il giudizio su un ministro della Repubblica sia inevitabilmente più severo, lei esce decisamente meglio di lui. Dall’uomo arrivano richieste imperative – «presentami l’amministratore delegato della Drilling, presentami l’amministratore delegato di Shell, di Total, di Tamoil!», «visto che lo fai con gli altri fallo anche con me» —, la donna ricorda le proprie responsabilità e i propri guai: gli «altri» sono il presidente degli aeroporti toscani e un manager di tratte aeree, «non sono né amici, né parenti, né cognati, né fratelli. Io conto di risolvere il problema Meridiana che è una crisi aziendale». Lui si compiace citando Razzi, ride con un altro furbetto del suo quartierino che invece si paragona a Lotito; lei replica che il mattino si deve alzare alle tre e mezza per andare a lavorare, «perché so com’è fatto il mondo, non vivo su Marte. Tu invece…». Lui invece trascura il figlio, promette una statua a nome del «capo» – l’ammiraglio De Giorgi —, si sente promettere «un sommergibile come scorta»: Ricucci si sarebbe schermito.
Va detto infatti che il padre di tutte le intercettazioni rispetto a Gemelli non soltanto mostra maggior humour, per quanto greve, ma ha anche più rispetto per la sua donna. Ricucci a suo modo è un femminista: non soltanto porta all’altare Anna Falchi, ma le intesta metà del patrimonio; «e che è, cominciamo a dividerci prima ancora di sposarci?». Gemelli alla sua compagna, impegnata in 150 trattative con aziende a rischio chiusura, impone non solo la priorità dei propri affari personali, ma pure le faccende domestiche: «Io non sono cretina…perché tutte le volte…le camicie, le cattiverie, tutto…per te è un diritto, ottenere quello che tu pensi sia possibile».
L’Italia resta purtroppo il Paese in cui puoi ereditare un’azienda di successo, puoi presiedere i giovani industriali, puoi diventare il capo di un dicastero che ne vale tre della Prima Repubblica – Industria, Commercio con l’Estero, Poste e Telecomunicazioni —; ma alla fine il tuo uomo, le poche volte che ti vede di persona, ti chiede di stirargli le camicie. Bel Ami non l’avrebbe mai fatto; e neppure Ricucci.
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VIRGINIA PICCOLILLO, CORRIERE DELLA SERA 9/4 –
Riparte da se stessa Federica Guidi. Lo ha annunciato ieri agli amici: «Da domani torno in azienda». Basta con il dichiararsi e sentirsi parte lesa. È ora di «ricostruire e ricostruirsi». La storia con Gianluca Gemelli, l’uomo che le ha dato un figlio, accusato di traffico di influenze illecite, per averla, nell’ipotesi d’accusa, utilizzata come esca e come strumento per i suoi business, «non lo vede da giorni».
Né intende vederlo, per ovvie ragioni, di opportunità. Data la sua condizione, la procura ha già chiesto per lui l’arresto, che è stato respinto dal gip. Ma quell’averla tirata in mezzo agli interessi di un «clan» che faceva pressioni su politici e imprenditori, per confezionare leggi ed emendamenti ad hoc, potrebbe costargli nuove accuse.
Non fosse che questo ce ne sarebbe già abbastanza per prendersi uno stop. Di fronte ai magistrati Federica Guidi ha detto di aver agito «in piena correttezza» e di non aver mai soggiaciuto «agli interessi degli amici di Gemelli compiendo atti contrari ai suoi doveri istituzionali». Incluso lo sblocca-Tempa Rossa e lo sblocca-legge Navale.
Ma, in più, c’è tutto il resto. «In questa settimana è successo di tutto», per questo, ha detto ai suoi cari: «Chiudo la casa di Roma». Il suo casale in campagna a Castelnuovo Rangone, vicino a Maranello, è sempre stato il luogo dove ritrovare se stessa. Stufa di apparire sui giornali come la «vittima di un amore» lacerante, che l’aveva ridotta a «limone da spremere», anche sul piano emotivo. Forse, se troverà la voglia, parlerà anche di quello, visto che su tutti i mezzi di informazione impazzano le intercettazioni di quella sua relazione tormentata. In cui lei si sentiva trattata come una «sguattera del Guatemala» e gli rinfacciava questo suo atteggiarsi a «sultano» e poi aggiungeva: «non ho nessun atteggiamento strano, scomposto, l’unico che ha degli atteggiamenti schifosamente arroganti e umilianti nei miei confronti, come proprio il più becero degli uomini con questa forma di maschilismo da deficienti, sei tu».
Ma Federica Guidi, imprenditrice, figlia dell’ex vicepresidente di Confindustria Guidalberto, ora vuole «pensare ad altro». «Al suo bambino», di quattro anni, avuto proprio da Gemelli. E al lavoro, che non la spaventa. Al ministero dello Sviluppo economico, raccontano che aveva fatto anticipare alle 7 l’orario di inizio della giornata lavorativa. Del resto a Gemelli lo dice in un’intercettazione: «Io mi alzo e inizio al lavorare alle 3 del mattino». Una grinta che il suo entourage le riconosce e apprezza. C’è chi ricorda di una volta che il padre le affidò una commessa con l’azienda Rotax che perdeva il 30 per cento: «Vai e pensaci tu». E lei la recuperò per intero.
Vero o no è questa la linea che intende seguire. Per questo archiviata la vita nei palazzi romani «torno a fare quello che so fare meglio: l’imprenditrice». Deve solo approfondire le norme sulle sliding doors che non consentono di uscire ed entrare da incarichi istituzionali e imprenditoriali senza soluzione di continuità. Norme che, come insegna l’inchiesta di Potenza, non bastano certo a sconfiggere i conflitti di interesse.
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MARIA LAURA RODOTA’, CORRIERE DELLA SERA 9/4 –
Data la presunzione d’innocenza; data la sensazione che Federica Guidi dia troppa carta bianca sia al suo pingue ingegnere ora indagato, sia al suo parrucchiere. Data l’empatia che in molte suscita (su Twitter, sei il caso del giorno se l’account Donnadimezzo si ribattezza evocandoti; si chiama La Pora Guidi, ora). Data la curiosità morbosa per una bega personal-politico-penale da classe dirigente eticamente disattenta, dedita alla guerriglia per bande e magari poco interessata al bene pubblico. Dato tutto questo, il caso Guidi è un manuale alla rovescia. Di tutto quello che non si deve fare nella vita pubblica e privata (a partire dalla prima regola: non mescolarle). Degli errori tipici delle donne con una carriera, e anche senza. Della mancanza di senso di sé, delle ansie da prestazione tradizionale di molte italiane. Per le femmine interessate a uscire dal tunnel (e a non andare in galera) ecco qualche riflessione, anzi qualche consiglio.
50 sfumature di Guidi
Non c’era Christian Grey ma Gianluca Gemelli, non un bel riccone, un rampante pasticcione; eppure, si lamenta Guidi, si comporta «come un sultano», tra prima moglie, compagna importante e chissà chi. Chiede favori alla compagna e al governo italiano, esige norme ad hoc, nomine, appalti, camicie stirate. Al netto delle indagini, una storia tipica da donna arrivata, colpevolizzata anzitutto da se stessa perché potente e pure ricca. E perciò tendente al contrappasso masochista nella vita privata. E forse il caso Guidi, le intercettazioni avvilenti, faranno del bene. Alcune ricorderanno passate miserie; si chiederanno «siamo donne o moquettes?». E cambieranno linea.
Latina a casa, luterana in piazza
Le leggi anticorruzione tutelano i partner incauti, o almeno dovrebbero. Le nebulose trattative di sottogoverno e i fidanzati insistenti possono indurre a dimenticarle. Le donne eccellenti – specie se ministre della Repubblica – dovrebbero rendersi conto che rassicurare su un emendamento non porterà convincenti conferme della loro femminilità. Meglio andare tra ministre a vedere uno strip, casomai.
Gli emendamenti son come le rose
Se una donna saggia va a cena la prima volta con un uomo, e arriva un venditore di rose, e l’uomo, neanche la prima sera, le regala una rosa, la saggia lo classificherà tra i pidocchi senza speranza e non cenerà con lui mai più. Gli emendamenti sono le nuove rose, al contrario: se l’uomo chiede di un emendamento che fa i suoi interessi, meglio dirgli addio mandandogli un bouquet.
La verità sulle sguattere guatemalteche
La frase «mi tratti come una sguattera guatemalteca» è infelice. Il dato è purtroppo corretto: molte donne venute dal machista Centro-Sudamerica per lavorare si fanno trattare malissimo. Visto il terreno comune, servirebbero gruppi di autocoscienza e supporto formati da colf straniere e imprenditrici emiliane. Le seconde potrebbero trovare la forza di cacciare i partner pessimi. Le prime potrebbero bruciargli col ferro l’ultima camicia che chiederanno da far stirare. E altro.
L’anonimo donatore meglio del noto faccendiere
Da anni, italiane singole e coppie lesbiche vanno a far figli in Paesi normali dove possono ricorrere alla fecondazione assistita. Concepiscono bambini mezzi spagnoli a Valencia, biondi a Copenaghen, e così via. A molti di questi bimbi fanno da papà dei nonni dilaganti; anche Guidalberto Guidi, l’industrialone padre di Federica, pare sia pazzo del nipotino quattrenne e guardi Peppa Pig; il papà, pare, latita (la spinta familiare a fornire nipotini va spesso arginata, però, attenzione).
Henry James non è un buon consulente
Né lui, né gli altri scrittori che hanno raccontato donne vittime di cacciatori di dote. Il Ritratto di Signora con Quartierino dipinto in questi giorni – sempre al netto delle indagini – non rende giustizia a Guidi, che nella vita ha lavorato parecchio (la migliore vendetta sarebbe tornare a far bene l’imprenditrice e nel tempo libero ostentare un toy boy guatemalteco; poi chissà).
Maria Laura Rodotà
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PAOLO BRACALINI, IL GIORNALE 7/4 –
«Arrabbiato, deluso», per non dire di peggio sul genero. Dietro il cambio repentino dello status di Gianluca Gemelli da «marito a tutti gli effetti» di Federica Guidi ad ex compagno a mala pena frequentato, si intravede il tratto deciso (spesso brusco) di papà Guidalberto, vecchio leone dell’industria italiana, patron dell’impero Ducati Energia, ex falco di Confindustria e grande sponsor dell’unica figlia prima nell’associazione degli industriali e poi nella squadra di governo (già Berlusconi, buon amico del padre, l’aveva corteggiata). Guidi senior finora è rimasto dietro le quinte, ma chi lo conosce sa che è impossibile che non faccia valere il suo punto di vista, specie se di mezzo c’è la figlia. Pubblicamente, solo qualche battuta con i giornali bolognesi dove rimprovera a Federica «una leggerezza nella comunicazione», ma si dice «assolutamente certo» che non abbia mai fatto «niente di scorretto o di sconveniente», «del resto è nello stile della famiglia».
Dentro le mura dei rapporti domestici, tuttavia, ha pesato anche il giudizio non certo positivo di papà Guidi verso Gianluca Gemelli, l’arrampicatore di Augusta (Sicilia) molto attratto dai suoceri influenti, diventato partner della figlia (per il breve tempo di una storia molto travagliata) quando lui era vicepresidente dei giovani di Confindustria a Siracusa. Le persone vicine alla famiglia raccontano di un rapporto da sempre inesistente tra suocero e genero, con Guidalberto Guidi che non avrebbe mai gradito la presenza di quell’uomo diventato però il papà di suo nipote, il piccolo Gianguido che già nel nome porta il sigillo del nonno, che a lui dedica tutti i momenti di libertà dal lavoro (la leggenda racconta che l’industriale 75enne abbia imparato a memoria le puntate di Peppa Pig e Masha e Orso viste su RaiYoYo insieme al nipotino).
Il problema di compatibilità, molto prima dell’inchiesta di Potenza che ha travolto l’ex ministra, è stato risolto separando le vite: Gemelli sta ad Augusta dove vivono anche i figli del precedente matrimonio, la Guidi invece in provincia di Modena col figlio (e poco lontano i nonni), e sono i Guidi a «provvedere alle necessità del figlio». L’ex ministra «non ha mai convissuto con Gemelli, da tempo si vedono solo ogni 7/15 giorni, non hanno né interessi comuni né conti cointestati» dice l’Ansa. Lui sale ogni due settimane per vedere il figlio, e «non è neppure detto che incroci Federica, che magari è via per lavoro, è capitato che lui arrivasse a Roma e lei lo venisse a sapere per caso, conosce solo a grandi linee il lavoro che fa lui». La presa di distanza dall’ex compagno, definito quasi «un marito» nella prima dichiarazione della Guidi, è un cambio di linea deciso in un consiglio ristretto, con i consigli del padre e consulenti fidati ma senza legali perché l’ex ministra non è indagata, per i pm solo «persona informata sui fatti».
A caldo, senza ancora conoscere le carte, la Guidi aveva voluto evidenziare con la formula del «marito» che le confidenze telefoniche con Gemelli avvenivano pur sempre tra due compagni di vita. Poi sono emersi i traffici dell’imprenditore siciliano, «frequentazioni e circostanze di cui la Guidi non era a conoscenza» – verrà spiegato ai pm – e allora è diventato importante rimarcare la distanza tra i due, separati e «senza interessi in comune». Sarà questa la linea dell’incontro di oggi a Potenza con i magistrati. La Guidi «è serena e sta rileggendo alcuni atti per fornire con precisione ogni chiarimento» fanno sapere. Da qualche giorno è tornata nella sua casa nel modenese, dove «segue quel che i quotidiani scrivono dell’inchiesta, non essendo in possesso di alcun atto giudiziario. Consulta agende e sta ricostruendo due anni di lavoro al ministero dello Sviluppo. Rilegge anche molte note ministeriali ed ha preparato alcuni appunti specifici legati all’emendamento» sul petrolio in Basilicata. Quello che tanto interessava l’ex «quasi marito» Gemelli.
Paolo Bracalini
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G. LONGO, F. GRIGNETTI, LA STAMPA 7/4 –
All’apparenza imprenditrice affermata – di lungo lignaggio familiare peraltro – nonché ministra di un importante dicastero qual è lo Sviluppo economico, eppure continuamente mortificata e sfruttata dal fidanzato. Nell’informativa della Squadra mobile si legge l’intercettazione telefonica del 18 giugno 2015: «Non fai altro che chiedermi favori, con me ti comporti come un sultano... o mi sono rotta... a quarantasei anni... tu siccome stai con me e hai un figlio con me, mi tratti come una sguattera del Guatemala». E ancora: «Io per te valgo meno di zero... le cose che ho fatto per te non vanno mai bene, non sono sufficienti». All’amarezza per l’essere utilizzata da Gemelli come strumento per ottenere corsie preferenziali sul lavoro c’è anche la gelosia, «per te valgo meno di zero come tutte». Soprattutto nei confronti dell’ex moglie e dei due figli avuti con lei, «stai più con loro che con nostro figlio».
È una lite continua tra l’ex ministra e il fidanzato. Il 22 giugno 2015 lui in un sms le ricorda che «luglio sta per arrivare», riferito ad una persona che la Guidi avrebbe dovuto incontrare (la squadra mobile annota che non si esclude che il riferimento sia da intendersi come rivolto a Cesare Trevisano del gruppo). Ma lei è stanca delle pressioni, stanca di doversi occupare di lui, dalle camicie alle raccomandazioni da fare: «io non sono cretina... perché tutte le volte Gianluca... tutte le volte... le camicie, le cattiverie, tutto... per te è un diritto, ottenere quello che tu pensi sia possibile». Ci sono momenti in cui l’ex ministra è più lucida e critica nei confronti del fidanzato. «Gianluca... io lavorativamente parlando t’ho mai chiesto...», poi gli rimprovera errori professionali e sprechi di denaro come per il nuovo ufficio «no, quanto ti è costato l’ufficio, dimmi?... Un milione di euro». E sugli investimenti sbagliati: «Ma quando tu ti sei andato a sputtanare centinaia di milioni di euro, in una situazione che neanche un deficiente...».
Lei sì che lavora: «Io a quarantasei anni, mi alzo domani mattina alle tre e mezza perché vado a lavorare, perché so com’è fatto il mondo, non vivo su Marte. Tu invece...».
Ma Gemelli è un muro di gomma. Pensa solo a farsi sponsorizzare, la critica perché è andata a Torino per cercare di aiutarlo ma non c’è riuscita e la sgrida perché si occupa di altri problemi: «Presentami l’amministratore delegato della Drilling, presentami l’amministratore delegato di Shell, di Total, di Tamoil, e così, fammi ’sta cortesia, tanto non è una cortesia, cioè non te l’ho mai chiesto, però, visto che con gli altri, fallo anche con me».
Gemelli si riferisce all’interessamento della Guidi al presidente degli Aeroporti Toscani, mettendosi a sua completa disposizione, telefonando e presentandogli una società che copriva tratte aeree, mentre per lui temeva di esporsi. Lei per una volta lo zittisce: «Fa il Presidente degli aeroporti toscani e sta parlando con uno che è il... di una società che fa... tratte aeree, capito? Non sono né amici, né parenti, né cognati, né fratelli. Io conto di risolvere il problema di Meridiana che è una crisi aziendale».
Ma lo scatto d’orgoglio dura poco. Gli investigatori annotano come «la Guidi abbia dovuto alla fine cedere alle insistenti richieste del compagno. Per quanto non si ritiene contestarle condotte penalmente rilevanti, si ricava che il Gemelli abbia inteso approfittare del suo ruolo istituzionale». E infatti l’1 luglio 2015 Guidi chiama il fidanzato: «Sono al ministero con Trevisani... quando volete vedervi lui è disponibile».
G. Longo, F. Grignetti, La Stampa 7/4/2016
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VIRGINIA PICCOLILLO, CORRIERE DELLA SERA 8/4 –
«Io l’Everest non lo devo scalare per stare con te». «Tu disfi e ridisfi, fai e rifai, costruisci e ricostruisci, smonti e rimonti a seconda di quello che ti fa comodo. Poi di cosa penso io, di cosa provo io, di cosa capita a me, non te ne frega». Mai definizione giuridica si è attagliata meglio a descrivere come Federica Guidi si sente: parte lesa. Lei, figlia di papà, per un decennio vicepresidente in Confindustria, si ritrova a fianco un uomo che, la tratta come «una sguattera del Guatemala», dice nelle intercettazioni. E ha degli atteggiamenti, «schifosamente arroganti e umilianti, con un maschilismo da deficiente».
Lui incassa e chiede. Lei cerca di scuoterlo: «Pensi sia un tuo diritto anche se mi devo schiantare su in muro. Le cose che ho fatto per te non sono mai sufficienti, valgo meno di zero». Lui ingoia tutto e chiede ancora: «Presentami l’ad di Shell, di Total, di Tamoil, fammi ‘sta cortesia. Visto che lo fai con gli altri».
Lei si lamenta: «Se non dovevamo andare da quelle persone potevamo andare in barca». Lui la usa: «Va buono gioia questa mi serve, per favore...». E le propone anche di andare a pranzo dalla suocera: «Così non hai bisogno di fare niente». In realtà mira a far colpo con i vertici della Erg. L’indagine la segue mentre, per accontentarlo, sblocca l’emendamento Tempa Rossa o la Legge Navale. Poi prende coscienza. «Tu e gli altri due vi siete presi questa signorina da spremere come un limone». «La tua preoccupazione non è Fede sei stanca? Io non ho un uomo a cui appoggiarmi. Uno che mi dice “boh forse che andare da D’Alema non sia più opportuno”».
In alcune telefonate, l’ex presidente dei giovani di Confindustria, con un curriculum tecnico invidiato, imprenditrice nell’azienda paterna (Ducati Energia) si lascia andare e si sfoga: «Qualunque cosa abbia fatto nella mia vita tu hai avuto solo cose da chiedere. È l’unica cosa che ti interessa. E tutte le volte che ti è girato il matto hai fatto quello che ti pare». E ancora: «Ti senti sempre particolare. Sei particolare per il lavoro. Sei particolare quando hai il divorzio. Sei particolare in tutto. E invece non è cosi». Poi vaticina: «Fai delle straordinarie c... Forse quando ti schianterai capirai». Ora ne ha l’occasione.
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ALESSANDRO GIULI, IL FOGLIO 8/4 –
Come diceva Friedrich Nietzsche, ciò che accade per amore accade sempre al di là del bene e del male. E la ministra, anzi l’ex ministra Federica Guidi, se è risultata inopportuna e degna di deprecatio, è soltanto per ragioni di cuore (“utilizzata finale”, ha detto di lei inesorabile Massimo Gramellini sulla Stampa qualche giorno fa, ma non è tutto qui il punto).
Le intercettazioni principali, fra quelle che oggi crocifiggono la giovane industriale giudicata fino a ieri da tutti come una donna di raro talento e innumeri speranze, sono un sillabario d’ingenuità sentimentale, ansia e premura coniugali. E poi disillusione, sorpresa, paura, lamento dolente, infine sbuffo lacrimevole e rabbioso contro l’uomo più furbo di lei, da lei percepito ormai come uno stronzetto, e aggressivo come ogni vero accollo. Vanno lette con il cuore in mano, come frammenti di un discorso amoroso spento nel sale, queste intercettazioni in cui Federica, dopo averlo protetto e incoraggiato e reso edotto su quel rovinoso emendamento, dice così al padre di suo figlio: “Io per te valgo meno di zero… le cose che ho fatto per te non vanno mai bene, non sono sufficienti”… e ancora: “Per te valgo meno di zero come tutte”. Ma sopra tutto: “Non fai altro che chiedermi favori, con me ti comporti come un sultano… oh mi sono rotta… a quarantasei anni… tu siccome stai con me e hai un figlio con me, mi tratti come una sguattera del Guatemala”. Lui, Gianluca Gemelli, è il sultano con ex moglie ricca e due figli di primo letto (“stai più con loro che con nostro figlio”). Lei, Federica, è la “sguattera del Guatemala” cresciuta in grisaglia per dovere di lignaggio – è figlia di Guidalberto, patron di Ducati – e caduta nella rete del servaggio volontario.
Tutto può ancora succedere, naturalmente, quando si tratta di conversazioni rubate e d’inchieste giudiziarie. Nulla di certo si può già fissare nel futuro anteriore di uno scandaluccio triste e fatale come questo. A parte, dicevo, l’assoluzione di Eros cui va decisamente incontro la signora Guidi. Perché non è una quattrinara scivolata nella tentazione dell’arricchimento facile e veloce, essendo ricca di suo, educata a quella degnazione fredda verso il denaro che proviene da una costumatezza ereditaria. Perché non ha ceduto al miraggio del mattone sul quale si sono infrante la carriera e la rispettabilità di tali e tanti politici o affaristucoli italiani di prima e seconda generazione: non risulta che Federica Guidi abiti o possegga case a sua insaputa. Il suo precipizio non si chiama tornaconto personale – au contraire! – e alla fine del suo pozzo nero non s’intravvede alcun beneficio di carriera da irrigare con le acque reflue di un ministero.
No, Federica Guidi ha dato qualcosa di grande a un tipo che a quanto pare non se lo meritava: il corpo e l’animo di una donna innamorata, prima ancora di un eventuale corpo del reato. Ha pagato con le dimissioni, paga con il ludibrio pubblico, e pagherà con chissà quale altra moneta espiatoria il pegno dell’illusione affettiva. In una donna, in ogni donna, questo è tremendamente bello anche se triste e frainteso. In lei fece difetto la cautela, mancò la fortuna e sopraggiunse la dissipazione. Ma vuoi mettere la superiorità di un sentimento rispetto all’omuncolo che si nasconde in ogni maschio dedito al parassitismo? A parti invertite, fosse stata lei la beneficata dall’emendamento erratico di un marito potente fra i potenti renziani, i più adesso la biasimerebbero trattenuti in pubblico ma dandole di troia e dandosi di gomito nei conversari privati. Perché va così, nell’Italia degli eunuchi che si credono itifallici: l’ometto saprofita resta pur sempre un merlo maschio mentre la femmina è gazza ladra in ogni caso, dunque bottana socialdemocratica confindustriale. E invece era solo amore, annebbiamento imprudente.
Da Euripide ad Alberto Sordi
Volete un’altra prova? Eccola. All’indomani della detonazione, quando le dimissioni erano state già proclamate e consegnate al primo ministro, Federica Guidi ha scritto al Corriere della Sera ammettendo che il Gemelli è a tutti gli effetti suo marito. Con il che si è impiccata da sola al piccolo cappio della legge Frattini sul conflitto d’interessi – “la sussistenza del conflitto d’interessi si ha di fronte a un’incidenza, derivante da un atto od omissione del soggetto, sul proprio patrimonio, su quello del coniuge, o su quello dei parenti entro il secondo grado, con danno per l’interesse pubblico” –, un provvedimento in fondo lasco, perciò sottoposto a revisione in questa legislatura. E ora in tanti ridacchiano additando la Guidi mentre lei si sta rimangiando sia la lettera al Corriere sia i contratti di consulenza con chi, nella sua cerchia, non ha saputo ben consigliarla, proteggerla, sviarla dal sentiero di una sincerità disgraziata. Drôle d’amour. Un amore che qui non può certo essere dignificato dal richiamo alla memoria di Alcesti, colei che s’immola al posto dell’amato Admeto (“Il tempo ti consolerà…”), privo com’è del candore epico e di personaggi all’altezza della tragedia. Il semiconiuge Gemelli, più che al sovrano Admeto, fa pensare ad Alberto Nardi, “Il vedovo” dal volto di Alberto Sordi (1959). Ma nel film di Dino Risi l’imprenditore pasticcione s’inabissa nella trappola tesa alla sua Elvira (Franca Valeri). Invece il dramma di Federica Guidi, se possibile, dimostra la superiorità femminile sul simulacro del maschio anche in fatto di possessione autodistruttiva.
Alessandro Giuli, Il Foglio 8/4/2016
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MASSIMO GRAMELLINI, LA STAMPA 6/4 –
Sulla base degli elementi forniti dalle cronache, Federica Guidi appare come la versione moderna della monaca di Monza. Una donna ricca e potente cresciuta alla scuola della freddezza con l’unica missione di prendere i voti: imprenditoriali, nel suo caso. Per l’erede designata di un impero nessun sentimento è contemplato, se non quello di compiacere l’amata e temuta figura del Padre. I duri e le dure non si innamorano. Perciò, quando succede, si innamorano delle persone sbagliate. Lo sciagurato Egidio dell’algida Federica è un accalappiatore seriale di «figlie di». Prima porta all’altare la figlia del cittadino più ricco di Siracusa, poi compie il salto di qualità e si fidanza con l’erede di uno degli uomini più ricchi d’Italia. Gianluca Gemelli non è certo un adone, ma ha il talento dei veri seduttori: fare sentire uniche e desiderate le donne che non si sono mai sentite né l’una cosa né l’altra. La Guidi è severa per educazione e ruolo, ma con lui si scioglie e impara ad amare, cioè a dare senza condizioni. Quando scoppia lo scandalo del petrolio, per un attimo sembra di assistere al ribaltamento dello schema maschilista, con una femmina di potere che elargisce favori al sottoposto. Ma poi viene diffusa l’intercettazione in cui la sventurata accusa tra le lacrime il suo Egidio: «Tu mi stai utilizzando». E il quadro vira di colpo verso uno scenario più tradizionale: la donna innamorata, succube di un furbissimo principe ereditario.
L’antipatica Guidi ha sbagliato per amore di un uomo sbagliato. Non è un’attenuante, ma in quel mondo di ego arroventati è quantomeno un attestato di umanità.
Massimo Gramellini, La Stampa 6/4/2016
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ROBERTO MANIA, LA REPUBBLICA 6/4 –
Prendere le distanze da Gianluca Gemelli. Non più «colui che considero a tutti gli effetti mio marito» – come aveva scritto domenica scorsa – ma una persona che vedo «solo ogni sette/quindici giorni», senza interessi comuni, senza conti bancari cointestati, senza la condivisione delle spese per il mantenimento del figlio avuto insieme. Alla vigilia dell’incontro con i magistrati della Procura di Potenza, l’ex ministra Federica Guida, che non è indagata e che domani verrà ascoltata come persona informata dei fatti, ha deciso di cambiare linea, almeno – e non è comunque un aspetto secondario – sulla descrizione del suo legame con Gemelli.
Rendendo pubblico ciò che era piuttosto noto almeno a una cerchia non ristrettissima di persone: Guidi e Gemelli hanno un figlio, ma non convivono e non l’hanno mai fatto. Questo è il loro legame. Il che non diminuisce affatto la gravità della telefonata intercettate dalla Procura nel corso delle quali l’allora ministro informava Gemelli sull’iter per l’approvazione dell’emendamento per sbloccare l’estrazione del petrolio in Basilicata, attività nella quale, per via di alcuni subappalti della Total, è direttamente interessato Gemelli come imprenditore. Un clamoroso e non denunciato conflitto di interessi. Per quella telefonata la Guidi si è dimessa. E indubbiamente se non fosse state intercettata sarebbe ancora al ministero. Si è rifugiata nella casa di famiglia vicino a Modena, dove oggi la raggiungeranno i suoi più stretti collaboratori in vista dell’incontro con i magistrati potentini. Dovrebbe esserci anche un avvocato per quanto all’appuntamento con la Procura la Guidi andrà da sola non essendo indagata. Si tratta di ricomporre i passaggi che portarono a confezionare quell’emendamento per Tempa Rossa (del quale il premier Matteo Renzi si è intestato la piena responsabilità) e di ricostruire, poi, gli incontri che probabilmente si tennero al ministero dello Sviluppo economico intorno a quella vicenda.
Certo è che la Guidi non ha informato né il Consiglio dei ministri (ieri lo ha detto anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi) né Renzi del suo legame (al di là della convivenza o meno) con Gianluca Gemelli e soprattutto degli interessi imprenditoriali di quest’ultimo. Un vulnus che ha contribuito a trascinare rapidamente la Guidi alle dimissioni, priva di qualsiasi copertura politica. Perché se è vero che la legge Frattini (quella sui conflitti di interessi approvata nel 2004) prende in considerazione solo i legami di parentela entro il secondo grado, sarebbe stato comunque opportuno che la Guidi informasse i suoi colleghi sul potenziale conflitto di interessi. Cosa che, tra l’altro – secondo alcune ricostruzioni – non fece nemmeno con il suo staff ministeriale.
Ora l’ex titolare dello Sviluppo economico (ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha accettato le dimissioni e affidato l’interim a Renzi) punta a marcare le distanze con Gemelli che incontrò durante la sua presidenza dei Giovani di Confindustria. «Con Gemelli – hanno fatto sapere fonti vicine alla Guidi – l’ex ministra non ha interessi comuni: non ha conti cointestati con lui, ed ha sempre provveduto lei e la sua famiglia alla necessità del figlio». Precisazioni che spiegano anche la reazione tra le lacrime della Guidi in un’altra conversazione intercettata: «Mi stai utilizzando». Argomenti che probabilmente la Guidi svilupperà pure con i magistrati per dimostrare la sua assenza di interessi nella vicenda di Tempa Rossa. Insomma, la tesi è: non avendo alcun tipo di rapporto economico o patrimoniale con Gemelli non ho operato in conflitto di interessi come ministro. Tanto più che in discussione c’è un’attività legislativa (l’emendamento al decreto “Sblocca Italia” e poi alla legge di Stabilità) e non un’attività amministrativa.
Roberto Mania, la Repubblica 6/4/2016
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DUE RITRATTI DI GIANLUCA GEMELLI, UN UOMO A TERRA –
Ritratto di un uomo a terra. «Se penso al prezzo che sta pagando Federica....se penso ai miei figli...». La parola più pronunciata in questi ultimi due giorni è «dispiacere». Un «dispiacere immenso per la situazione che si è creata in questo momento» e per «quello che devono sopportare le persone alle quali voglio bene». Giorni e ore «di tormento». Una condizione «che fa male». E «anche se so che tutto si potrà chiarire», anche se «ho fiducia nella magistratura», in questo momento «sto vivendo una grande sofferenza».
Così Gianluca Gemelli, classe 1974, nato ad Augusta (Siracusa) imprenditore sconosciuto al grande pubblico fino a due giorni fa e all’improvviso diventato, diciamo così, uomo del momento, nome catturato dai motori di ricerca e legato per sempre – da ora in poi – all’inchiesta che ha costretto alle dimissioni la ministra Federica Guidi, la donna che vive con lui e che è la madre del suo terzo figlio (altri due li ha avuti da un precedente matrimonio).
A dire il vero anche lui, Gianluca, ha dato le dimissioni, ieri, da commissario di Confindustria di Siracusa: ha preso carta e penna e ha scritto ai probiviri per togliere il disturbo da quel posto che aveva tanto caldeggiato il suo mentore, Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere e uomo simbolo delle lotte contro le infiltrazioni mafiose nelle attività produttive siciliane.
A sentire chi lo conosce è un insieme di contraddizioni, quel giovane imprenditore compagno dell’ormai ex ministra per il quale i magistrati avevano chiesto l’arresto (negato poi dal gip).
Gianluca Gemelli? Un po’ populista, un po’ d’élite, di lotta ma anche di governo, un post sulle imprese e la crisi e uno su «certe persone che sono castori, passano la vita a rosicare».
Visto da quel che ha scritto in questi anni sui suoi profili Twitter e Facebook, si direbbe che quest’uomo abbia ondeggiato parecchio fra un pensiero e il suo contrario, fra argomenti terribilmente seri e massime da adolescenti.
Salvo tornare ogni volta al punto di partenza: una frase, una considerazione, una riflessione anti-casta, quasi a far capire che alla fine lui, imprenditore illuminato, stava dalla parte giusta, quella dei «lavoratori, disoccupati, pensionati... persone perbene», le stesse alle quali augurare buon primo maggio.
Fra i suoi tweet una collezione di messaggi «ai politici». Per esempio: «Il governo ha carta bianca per tartassare i cittadini ma non può abbassare gli stipendi dei parlamentari...BUFFONI!!!», oppure «Se non adeguate i vostri stipendi a quelli europei non potete permettervi di chiederci sacrifici. La gente è stanca di voi!!!», o ancora: «Ok con i sacrifici... A quando l’eliminazione delle province e dei 50.000 posti di sottogoverno?», o anche: «In Italia le cose intelligenti che creano snellimento burocratico e concorrenza leale non vengono recepiti dai nostri politici».
Sempre quell’approccio da bar, quei «nostri politici». Possibilmente dell’intero arco parlamentare.
Fino a due giorni fa il Gemelli-pensiero sulla politica e sulla casta è una goccia invisibile nel mare del web e, per quanto importante, anche il suo ruolo da imprenditore e uomo di Confindustria non risulta di primo piano.
Poi arriva l’ordinanza della Direzione distrettuale antimafia di Potenza e nel giro di un’ora cambia tutto. Visibilità alle stelle, anche perché è chiaro fin dal primo istante che questa faccenda va ben oltre le conseguenze giudiziarie e il primo a saperlo è proprio lui, costretto a vivere in diretta il dramma e l’annuncio («Mi dimetto») della sua Federica.
E così da giovedì mattina all’orizzonte di Gianluca c’è quel «dispiacere immenso» e un solo obiettivo: parlare con i magistrati, «spiegare, fargli capire, chiarire ogni dettaglio», insiste lui con l’avvocato Paolo Carbone mentre studia le 726 pagine che gli hanno notificato, in cento delle quali compare il suo nome. «Diciamogli che voglio farmi interrogare subito» ha detto chiedendo di presentare l’istanza perché mettano a verbale quello che ha da dire già la settimana prossima.
Impaziente. Come quando ad aprile del 2013 invocava via Facebook le dimissioni dei soliti politici che «dimostrano giornalmente di non meritare la nostra fiducia»: devono «definitivamente andare a casa» scriveva.
Fra barzellette, vignette, post anti-Prodi, anti-Bersani, anti-Grillo e anti-Renzi, l’imprenditore siciliano ha sempre trovato spazio per personalissime campagne di solidarietà. Dal cane eroe che salva il bambino e poi muore, all’antimafia con la citazione di Paolo Borsellino, dall’appoggio ai Marò al sostegno per il figlio di un amico, imprenditore suicida. Se non ci fosse nome e fotografia accanto a quel che scrive si potrebbe scambiarlo per un ragazzino che vive di antipolitica e aforismi. Uno parla del voltar pagina nella vita: «Arriva il momento in cui è necessario farlo per ricominciare».
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Emanuele Lauria per la Repubblica
C’era una «strada gemellica » che univa Roma e la Sicilia. Un filo che, mutuando l’espressione del dirigente Total Giuseppe Cobianchi, conduceva dal ministero dello Sviluppo Economico ai potenti industriali della Sicilia con solidi addentellati nelle istituzioni regionali. A saldare quel rapporto c’era lui, Gianluca Gemelli, imprenditore di Augusta e compagno di Federica Guidi.
Non ha avuto remore l’ex ministro, il 21 aprile del 2015, nel firmare un decreto che prorogava sine die l’incarico di presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta ad Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia che in quel momento era già indagato in concorso esterno per associazione mafiosa. La sua nomina è stata “congelata” sino alla fusione con le Camere di Agrigento e Trapani che, un anno dopo, non è ancora avvenuta. Circostanza che, all’inizio di marzo, è finita in un’interrogazione di quattro senatori grillini (primo firmatario Luigi Gaetti) in cui si sottolineano «gli ottimi rapporti fra Montante e il ministro Guidi alimentati anche da conoscenti comuni come Gianluca Gemelli» e si afferma che questi rapporti «hanno messo in sicurezza gli assetti del potere delle nuove Camere di commercio e bloccato qualsiasi doverosa iniziativa per la destituzione o sospensione di Montante indagato per gravi reati». È vero che la Guidi ha disposto, con analoghe modalità, anche l’accorpamento delle Camere di commercio nel resto d’Italia ma perché non ha usato maggiore prudenza nei confronti di un imprenditore alle prese con gravi accuse? E perché il potere di sovrintendere alle fusione delle tre Camere è stato dato proprio al segretario generale della piccola Caltanissetta, cioé a un fedelissimo di Montante?
Sono interrogativi che portano, appunto, al ruolo di Gemelli, amico e socio in un’azienda di servizi (Sga Ambiente) anche di Ivan Lo Bello, vicepresidente di Confindustria. Pure Lo Bello è presidente di una Camera di commercio (quella di Siracusa), pure lui è stato prorogato dalla ministra senza un termine. Si aspettano elezioni che non arrivano, perché nel frattempo è esploso lo scandalo di piccole associazioni di categoria determinanti nell’urna che da un anno all’altro, in piena crisi economica, hanno visto aumentare del 70 per cento i propri iscritti. Indagano le Procure di Catania e di Palermo ma nessuno, a Roma come alla Regione guidata da Crocetta (sponsorizzato da Confindustria alle elezioni del 2012), è intervenuto. E le Camere, in Sicilia, sono una straordinaria leva di potere, con un’influente partecipazione nelle società aeroportuali.
Quel che è certo è che Gemelli, negli ultimi anni, ha avuto significativi riconoscimenti in Sicilia. Nel 2014, l’anno in cui è cominciata l’esperienza di Renzi con la Guidi ministro, Montante ha cooptato l’imprenditore siracusano nella giunta dell’associazione siciliana. E il 28 ottobre del 2014 Gemelli ha ottenuto la nomina nello Ias, Industrie acque siracusane, l’influente ente che si occupa delle depurazioni ad Augusta che ha come soci colossi del calibro di Eni e Esso. Chi designò Gemelli nel cda? L’Irsap, istituto controllato al 60% dalla Regione di Crocetta. E alla guida dell’Irsap c’era Alfonso Cicero, allora molto vicino a Montante ma oggi fra i primi accusatori del presidente. Questa vicenda è finita all’attenzione dei magistrati. Poi, nel dicembre del 2015, la nomina di Gemelli come commissario di Confindustria a Siracusa, decisa in via dell’Astronomia con il “gradimento” dei vertici siciliani.
È un grumo di interessi, quello che si è formato in questi anni attorno a Confindustria in Sicilia. Dietro i soliti noti c’era Gemelli, giovane imprenditore pronto a bacchettare la casta nei tweet ma abile a muoversi nella zona grigia fra politica e affari. Ora Gemelli si dice «assolutamente estraneo» alle accuse delle carte dell’inchiesta di Potenza e chiede di essere sentito dai magistrati. «Sono gli unici a cui devo riferire», dice. Negandosi a giornalisti ed amici. Cercando rifugio in un anonimato nel quale fino a ieri si era mosso.
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MARIA CORBI, LA STAMPA 4/4 –
La resistibile ascesa di Gianluca Gemelli, classe 1974, compagno dell’ex (grazie a lui) ministro Federica Guidi, parte da Augusta, provincia di Siracusa, in una famiglia della media borghesia (padre Paolo ufficiale della Marina, mamma Mirella casalinga), una vita tranquilla tra scuola, struscio e mare. Troppo poco per l’inquieto e ambizioso ragazzo con la frangia, piacione, che sogna un futuro a cinque stelle. E la sua occasione arriva quando fa innamorare la figlia dell’uomo più potente di Augusta. Perché l’ascesa di Gemelli è un affare di quote rosa. Iniziando da Valentina, figlia di Giuliano Felice Ricciardi, spezzino di nascita, trapiantato in Sicilia negli Anni 80 (su spinta di Mario Schimberni), l’uomo più potente e ricco del paese, uno dei principali progettisti e general contractor del gruppo Foster Wheeler, progettista della piattaforma Vega e di impianti di raffinazione nel polo petrolchimico di Siracusa. Le nozze nel 2004 fanno entrare Gianluca nei giri giusti. Il suocero gli spiana la strada, lo fa sedere accanto a se nelle società che ha fondato, ma è Ivan Lo Bello, imprenditore da tre generazioni, una potenza di Confindustria Sicilia (nel 2006 ne è stato presidente, oggi è presidente di Unioncamere) a fargli fare il salto, cooptandolo nel 2005 alla presidenza dei giovani industriali della città di Siracusa.
LA RAMPA DI LANCIO
Da quel momento Gemelli è in rampa di lancio, si muove con sempre maggiore agilità e potere negli ambienti che contano, tesse pubbliche relazioni al Rotary, stringe relazioni, ma il suo orizzonte è Roma, la politica, i grandi affari. Vuole uscire dall’ombra del suocero e nel 2006 fonda la società Industrial Tecnical Service Srl, che si occupa di servizi per la produzione di energia, costruzione, avviamento e manutenzione di impianti chimici, petrolchimici, petroliferi.
Quando nel 2008 diventa Vice Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria per Gemelli arriva un’altra svolta. Il lavoro fianco a fianco con la presidente Federica Guidi fa scoppiare l’amore. Finisce il matrimonio con Valentina Ricciardi (da cui sono nati due figli). E un altro suocero imponente entra nella sua vita: Guidalberto Guidi, Ma con lui le cose non vanno lisce come con Riccardi. Guidi è super protettivo con la sua unica erede Federica (che ha cinque anni più di lui e ha avuto un matrimonio lampo con un avvocato nel 2000) e non è disposto a una rapida accoglienza. Nei giorni scorsi ha chiarito come la pensa: «Lei corretta, la aspetto in azienda». Un «lei» in cui si concentrano amore, diffidenza, fastidio. Ma non è facile, neanche per Guidi avere influenza sui sentimenti di una figlia che tutti raccontano «innamoratissima» di Gianluca, capace di minare la fermezza del suo carattere. Lei ha chiarito, il giorno dopo le dimissioni, di considerarlo «un marito». E d’altronde è il padre di suo figlio, nato nel 2012 e che cresce coi nonni nella villa di famiglia di Federica a Montale di Castelnuovo Rangone, vicino Modena. Prima di conoscerlo diceva: «Non mi sono mai consentita distrazioni, nemmeno un figlio pensavo di potermi permettere. Con me stessa sono sempre stata inflessibile. Se una donna vuole competere, deve rinunciare a una parte di vita».
UN’ALTRA STORIA
Poi quella parte della vita si è aperta e i magistrati nelle 800 pagine dell’ordinanza scrivono un’altra storia: «...Dalle intercettazioni telefoniche emergeva come il Gemelli manifestasse il proprio compiacimento per come riusciva, per il proprio tornaconto personale e per la buona riuscita dei propri affari, a utilizzare il ruolo istituzionale ricoperto dalla propria compagna, il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi». Lei che si preoccupa per lui: «... come mai con la cassa sei sempre messo così tirato, non ti pagano i clienti? Come mai, perché tu non dovresti... non hai acquisti di materiali, non hai niente.» E Gemelli cercava di giustificarsi: «... No... ma con la cassa sono tirato, uno perché sono arrivato spompo, mi segui?» E ancora «... no, no, no... sì, ma... ma cioè io c’ho, cose che a poco a poco mi sto pagando, rateizzazioni, cose, eccetera, i mutui che mi assorbono un bordello, perché... cioè i mutui mi ass... io sono al costo con i mutui, infatti nei bilanci io sono in utile, mi segui?». E la sventurata rispose.
Maria Corbi, La Stampa 4/4/2016
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EMANUELE LAURIA, LA REPUBBLICA 1/4 –
La loro unione è nata sotto il segno dell’aquila confindustriale, in quel florido vivaio che è stato il gruppo di giovani imprenditori: da lì sono passati, tra gli altri, Luigi Abete ed Emma Marcegaglia. Federica Guidi alla fine del 2009 era presidente, Gianluca Gemelli il vice. L’attività nell’associazione ha saldato due vite lontanissime: la Guidi, modenese, esponente di una famiglia che ha la proprietà di un’azienda come la Ducati e già membro dei cda di Fiat e Ferrari. Gemelli, figlio di un ufficiale di Marina, è un imprenditore di prima generazione che si è fatto da sé ad Augusta, provincia di Siracusa, fondando due aziende di ingegneria e progettazione che occupano 60 dipendenti. Quella «relazione di convivenza», come la chiama freddamente il gip, ha generato un bambino e si è poi dipanata fra le aule della politica e le stanze di Confindustria. Fino alla svolta di ieri che ha alzato il velo su possibili vantaggi personali derivanti da quel legame.
Lui, Gemelli, 42 anni, un tecnico rampante con amicizie che contano (fra cui quella dell’ex ministro forzista Stefania Prestigiacomo), si è chiuso in un assoluto silenzio. Introvabile. «Non è a Siracusa», dice la sua addetta stampa. «Chiarirò tutto ma prima preferisco parlare con i miei avvocati», ha fatto sapere l’imprenditore ieri sera. Non ha risposto neppure alle persone più vicine. Come il siracusano Ivan Lo Bello, altro esponente di punta di Confindustria (è vicepresidente), che del compagno della Guidi è stato persino socio nella Sga Ambiente, un’azienda di cui Gemelli è stato amministratore unico fino al 4 novembre 2013, lasciando poi il posto a un parente. «Non credo che quella società sia ancora operative», dice Lo Bello.
Ma quella che è caduta ieri, se è una tegola per Confindustria che proprio ieri ha salutato la designazione del nuovo presidente Vincenzo Boccia, è l’ultima pietra della valanga che travolge l’associazione siciliana che era salita sulla ribalta per la sua azione contro il racket, per l’invito a denunciare il pizzo, per i protocolli di legalità. A dicembre Gemelli era stato nominato commissario dell’associazione di Siracusa: aveva preso il posto di un altro imprenditore, Ivo Blandina, rinviato a giudizio nell’ambito di un’inchiesta che riguarda l’utilizzo di fondi pubblici per l’acquisto di uno yacht di lusso da parte degli imprenditori messinesi Nino e Giacomo Giordano. Blandina, a sua volta, era stato scelto al posto dell’ex presidente Francesco Siracusano, dichiarato decaduto dai probiviri per «un’insanabile oggettiva distonia» con il codice etico e lo statuto sulla spending review. Non esattamente una storia virtuosa, dentro una storia ancor meno luminosa che è stata quella recente di Confindustria Sicilia, il cui presidente Antonello Montante, che proprio da Lo Bello aveva raccolto il testimone della lotta al racket, è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Poi, in un annus horribilis, erano giunti gli arresti di imprenditori che, almeno pubblicamente, hanno combattuto la loro battaglia per la legalità, dai catanesi Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Carmelo Misseri, presidente della banca fidi dei costruttori siciliani. Anche lui siracusano.
Gemelli fa parte integrante di questo pezzo di sistema confindustriale pieno di ombre: la sua designazione a Siracusa è stata voluta dai vertici nazionali ma in precedenza era stato Montante a volerlo nella giunta dell’organizzazione regionale. E nel febbraio del 2015, quando Repubblica pubblicò la notizia dell’indagine su Montante, Gemelli non esitò – con gli altri esponenti di punta di Confindustria – a esprimere immediata solidarietà al presidente: «Nessuno pensi – aveva scritto in una nota – di bloccare la squadra aggredendo l’attaccante. Perché al suo fianco c’è un intero sistema, fatto di imprese sane e di imprenditori onesti».
Emanuele Lauria, la Repubblica 1/4/2016