Danilo Taino, Sette 8/4/2016, 8 aprile 2016
LA BREXIT NON METTEREBBE IN CRISI LONDRA
Se il 23 giugno la Gran Bretagna deciderà di abbandonare l’Unione europea, al referendum detto Brexit, la Premier League inglese cesserà di essere il campionato di calcio più divertente del mondo? Improbabile. I sudditi di Sua Maestà hanno la capacità non comune, forse unica, di riuscire a valorizzare massimamente, sul breve e sul lungo periodo, quel che la storia gli ha dato. Hanno inventato il football e, nella globalizzazione del Ventunesimo secolo, continuano a dominarne la scena mondiale (al di là dei risultati della loro Nazionale). In quasi 25 anni di vita, la Premier ha conquistato fan in tutto il mondo, ha una capacità di finanziamento straordinario per le 20 squadre che ne fanno parte e, soprattutto, guarda avanti: tra il 2016 e il 2019, le venti si divideranno 11,5 miliardi di euro di diritti televisivi in un sistema che non premia solo le più forti e permette ormai di emergere anche a squadre come il Leicester City, con grande vantaggio per lo spettacolo.
Difficile che l’eventuale Brexit metta in crisi questo sistema. Allo stesso modo, difficilmente sparirebbe il vantaggio inglese dell’essere la culla della lingua dominante nel mondo, con le scuole e il turismo a esso collegato. E il Miglio Quadrato, cioè la City finanziaria, sarebbe destinato a restringersi? Alcune banche hanno suonato l’allarme: allo stesso tempo, però, Londra si è posizionata per essere uno dei maggiori centri delle operazioni in quello che sarà probabilmente uno dei business emergenti nei prossimo anni, le operazioni in renminbi, la valuta cinese; e la fusione tra la Borsa di Londra e quella di Francoforte potrebbe essere il ponte per garantire alla City una posizione preminente anche dopo la Brexit. Le università di Oxford, di Cambridge e di Londra sarebbero minacciate dall’uscita del Regno dalla Ue? Poco, se non per nulla. Così pure, si può immaginare, poco o niente ne soffrirebbe la posizione di preminenza mondiale di cui godono i media britannici. O l’industria della pubblicità. O le start up che prosperano tra università e servizi avanzati.
La voce più debole. I rischi della Brexit non mancano. Alcune industrie ne soffrirebbero. La voce di Londra non avrebbe più influenza su affari europei che invece rimarrebbero di interesse per il Paese. Potrebbe esplodere un nazionalismo, non solo scozzese, in grado di spaccare il Regno Unito che conosciamo oggi. Ma prefigurare il declino dell’Inghilterra – nel calcio e in molto altro – è una poco convincente strategia della paura.
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