Beatrice Mautino, Le Scienze 4/2016, 7 aprile 2016
CERETTA O RASOIO?
Guglielmo da Occam non era un barbiere, come molti potrebbero pensare, ma un frate francescano dalle idee rivoluzionarie. Vissuto a cavallo tra 1200 e 1300, sosteneva che la conoscenza empirica è l’unico strumento che abbiamo per comprendere il mondo, quello che oggi definiremmo un materialista. Ma lo conosciamo principalmente per una delle sue proposte più innovative, un principio metodologico, il «rasoio di Occam», che serve a «tagliare via» le ipotesi superflue. In pratica, di fronte a un fenomeno da spiegare, se le ipotesi iniziali sono sufficienti non c’è motivo di formularne di aggiuntive. È una sorta di economia del ragionamento che sta alla base del pensiero scientifico moderno, quella che provo ad applicare quando mi trovo di fronte a un grande dilemma. Per esempio, non so voi, ma io sono cresciuta con l’idea che il rasoio, nel senso dello strumento per radersi, provocasse danni irreparabili ai miei peli. Nel sentire comune, infatti, l’uso del rasoio indurrebbe i peli a crescere più velocemente, più grossi e anche più scuri. È vero? Non proprio, ma partiamo dall’inizio, cioè dalla descrizione dei nostri protagonisti, i peli.
Un pelo vive tantissimo, dai due ai sette anni, al termine dei quali cade per poi essere rimpiazzato da un pelo nuovo. Da un punto di vista anatomico, è formato da una parte esterna, il fusto, costituito da tanti sottili filamenti di cheratina e da una parte interna contenuta nel follicolo, la radice, l’unica parte davvero «viva». Provando a fare una classificazione tassonomica, parliamo di «depilazione» quando questa agisce solo sul fusto, lasciando intana la radice, mentre parliamo di «epilazione» quando ci riferiamo a quelle tecniche, come la ceretta, che strappano via tutto. Quindi, poiché la depilazione agisce solo sulla porzione morta e metabolicamente inattiva del pelo è altamente improbabile che abbia una qualche influenza sulla sua crescita. L’ipotesi più semplice, per dirla con Occam, è che quello che rimane del pelo continui a mantenere le sue caratteristiche.
Per verificare questa ipotesi, negli anni settanta due medici del Brooklyn Veterans Administration Hospital hanno contato, pesato e misurato per mesi i peli di cinque volontari ai quali era stato chiesto di rasarsi costantemente solo una delle gambe, lasciando l’altra intatta. Se la rasatura modificasse le caratteristiche dei peli, alla fine dell’esperimento si sarebbero dovute vedere differenze fra la gamba rasata e quella non rasata. I risultati pubblicati sul «Journal of Investigative Dermatology» parlano chiaro: non ci sono differenze. I peli delle gambe rasate hanno la stessa lunghezza e lo stesso spessore dei peli delle gambe non rasate e crescono entrambi con la stessa velocità.
Ma quindi, se non ci sono differenze, perché sembra che ci siano? In parte perché man mano che si invecchia, i peli tendono a ispessirsi. Lo si nota bene osservando i ragazzi che verso i 16 anni hanno i peli della barba molto sottili e soffici e poi, via via che maturano, li vedono trasformarsi. Succederebbe anche se non si radessero mai, ma visto che si radono ogni giorno è facile attribuire l’ispessimento all’uso del rasoio. In più, il rasoio crea un taglio netto nel pelo che al tatto risulta più spigoloso di un pelo che cresce da zero a partire dalla radice e che quindi ha una punta più affusolata e morbida. La sensazione che i peli crescano più lentamente dopo una ceretta, invece, deriva dal fatto che in quel caso devono fare un po’ di strada in più prima di uscire dalla pelle e ripresentarsi. Quindi, delle differenze fra le due tecniche ci sono, ma non sono differenze che modificano la struttura del pelo.
Per quanto mi riguarda continuerò a usare la ceretta perché non mi piace l’effetto «spugna abrasiva» che si prova accarezzando una parte del corpo rasata da poco, ma non mi faccio problemi a usare, di tanto in tanto, anche il rasoio. Soprattutto quello di Occam.