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 2016  aprile 02 Sabato calendario

UN’INGEGNERE PER RIPARARE IL CORRIERE POST FIAT

[Laura Cioli] –
Accentrando accentrando qualcosa resterà. Laura Cioli, cinquantaduenne signora marchigiana alla guida di Rcs, la corazzata (Potemkin) della carta stampata italiana, ha presentato insieme a un bilancio prevedibilmente disastrato anche un nuovo piano organizzativo per il gruppo con sede a Crescenzago, che prevede l’interim per l’amministratore delegato di varie cariche, in particolare la carica di group chief technology officer e la meno astrusa responsabilità della Gazzetta, che insieme al Corriere sono ormai gli unici asset in pancia all’ex colosso Rizzoli.
E chissà cosa direbbe della situazione il fondatore, ritratto in effigie bronzea nell’atrio del palazzone di Crescenzago, 38 mila metri quadri tirati su proprio da lui, Angelone Rizzoli, e poi ripristinati dall’archistar Stefano Boeri, in un compound con alte torri brutaliste tipo Belgrado. La statua è ancora lì, tipo mamma del mega direttore di Fantozzi, da omaggiare per i dipendenti (sono 3.613 secondo il bilancio depositato martedì 22 marzo, ed esclusi i 332 della divisione libri che passeranno all’altro falansterio, quello di Segrate opera dell’altra archistar Oscar Niemeyer). Chissà cosa direbbe anche Angelone della prima boss donna dell’impero o ex impero Rcs: Cioli, ad di Rcs da ottobre, nativa di Macerata, vaste esperienze manageriali precedenti ma nessuna nella carta stampata, è infatti la prima signora a dirigere l’azienda, e nel momento più arduo, nella gestione successiva a quella di Pietro Scott Jovane, e in una fase che i più brutalisti descrivono come di curatela fallimentare, che coincide con l’uscita degli Agnelli-Elkann e con la fine delle buone maniere (comunicati belluini sull’asse Milano-Torino, accuse reciproche, rancori).
Non si è presa solo gli interim, Cioli, ha anche lanciato una piccola riorganizzazione di quel che rimane di Rcs: scompare la direzione Media e nasce quella News Italia (che sta sopra al Corriere), nasce News Spagna (quella che ha in carico la madre di tutte le sòle, la Recoletos pagata 1,1 miliardi di euro nel 2007) e però non sembrano grandi novità, soprattutto mentre il mega debito continua ad aumentare: rispetto all’anno scorso infatti l’indebitamento passa da 482 a 486 milioni di euro, e un accordo con le banche pare poco probabile, e anche nei bilanci «si segnala la presenza di una significativa incertezza in relazione al mancato raggiungimento di un accordo con le banche finanziatrici». Usciti di scena i torinesi, non si sa davvero chi potrebbe mettere i soldi, le banche non ci pensano neanche (il ceo di Intesa Carlo Messina ha già precisato che Rcs «è una delle 300-400 mila aziende affidate del gruppo, quindi io non mi preoccupo più di quanto non mi preoccupi di tutte le altre» – è la fine delle buone maniere, appunto).
Intanto tutto il vendibile è stato venduto; i libri (l’operazione è stata compiuta quando Cioli non era ancora ad del gruppo), e la sede di via Solferino; certo rimane il paradosso che il core business è in attivo, e Corriere e Gazzetta continuano a produrre utili: il Corriere rimane infatti il primo giornale italiano con 434 mila copie di diffusione e la Gazzetta ne vende 237 mila, e insieme fanno 52,1 milioni di guadagni, e se fossero stati da soli, non inzeppati dalla paccottiglia spagnola, saremmo rimasti ancora nell’epoca del bon ton e forse non c’era bisogno di emigrare da Brera. Scorporare i due gioielli della corona dal resto del mammozzone di Crescenzago potrebbe essere oggi l’unica ipotesi possibile. Oppure cedere la Gazzetta, come qualcuno ha ipotizzato, e ora l’interim preso da Cioli parrebbe confermare questa ipotesi; una vendita porterebbe liquidità per 250 milioni, abbattendo di metà l’indebitamento (nota a margine: la Gazzetta non è vendibile perché appartiene ancora tecnicamente ai conti Bonacossa, che posseggono la testata dal 1929 e la affittano a Rcs). Ma a parte i risvolti araldici, soluzioni facili non se ne vedono, e nel frattempo l’ad fa il possibile: ha messo a pagamento le news del Corriere col paywall (trentamila abbonati da fine gennaio), dovrebbe vendere la tv spagnola Veo, comprata per 88 milioni nel 2008 sempre in seguito allo shopping spagnolo, ma per il resto non ci sono grandi margini di manovra. Piccolo paradosso, sedere su questo debito, per Cioli che precedentemente si occupava di credito, essendo a capo del gruppo Cartasì, quello delle carie; e prima, per tre anni e mezzo, è stata chief operating officer di Sky Italia, periodo in cui si ricordano scintille con l’Antitrust sui diritti del calcio – corsi e ricorsi, anche oggi che l’Autorità del Mercato ha chiesto a Mondazzoli di cedere Bompiani, Marsilio e Sonzogno. E pure, dei tempi di Sky, si ricorda un grande boom degli sconti sui pacchetti degli abbonamenti; grandi sconti anche in Eni dove Cioli per un po’ è stata responsabile delle attività gas e luce, con campagne pubblicitarie per portare nuovi clienti, salvo che poi – narra una leggenda aziendale – i clienti non riuscivano ad accedere alle utenze perché il sistema informatico non era stato aggiornato. Incidenti minimi di percorso, in una carriera peraltro folgorante: prima ancora era a Vodafone, e molto prima a Macerata, studi al liceo scientifico Galilei, dove è anche campionessa di atletica leggera, il padre Aimone – riferisce con orgoglio locale il Corriere Adriatico – è stato vicedirettore e poi direttore generale dell’allora Cassa di risparmio di Macerata. «Anche lui faceva i conti e amava tagliare traguardi: posati i libri contabili, aprì quelli universitari e a oltre settant’anni si laureò all’Università di Macerata». Cioli jr per fortuna si è laureata molto prima: nel 1982 va a Bologna a studiare ingegneria elettronica, e si laurea con lode; e poi di lì a Milano, sua patria d’elezione, e la Bocconi, sua patria ancor più elettiva; master in business administration, il sogno yuppie di quegli anni, e la Bocconi è la sua passione, non si perde un evento – era in prima fila a ottobre a tributare il premio di Alumnus 2015 a Giuseppe Sala, ora candidato sindaco Pd, e lei stessa è stata Alumna 2010. Di bocconiani ama circondarsi e in generale ama Milano e detesta Roma, che non frequenta; sposata, un marito che lavora nella finanza, una figlia, soprattutto ama sciare, Cioli, e correre sulle piste ogni volta che può, tornando con un’abbronzatura perenne un po’ vanziniana che contrasta con tanta milanesità. L’abbronzatura fa parte dell’uniforme cioliana, insieme al tailleur pantalone scuro (nero, grigio o al massimo blu) e al perenne foulard Hermes al collo, tra Fornero e Pivetti prima maniera. Come altre manager fondamentali italiche è riservatissima.