Fabia Fleri, pagina99 2/4/2016, 2 aprile 2016
I NUOVI AFFARI DEGLI SPIONI TRADITI DALLA FINE DELL’INFEDELT
L’infedeltà coniugale non sarà più un argomento da portare in tribunale, se il sintetico disegno di legge – una sola riga: «Togliere dall’articolo 143 del codice civile il riferimento all’obbligo reciproco di fedeltà tra i coniugi» – depositato il 25 febbraio a Palazzo Madama dai senatori del Pd verrà approvato. Se il coniuge tradito non potrà più addebitare al coniuge trasgressore la separazione, assumere un investigatore privato per ottenere le prove del tradimento diventerà inutile, e la colonna portante di questo lavoro verrà meno. O no? Negli ultimi anni il settore si è nettamente diviso, tra agenzie investigative “Corporate”, che si rivolgono sempre più a problemi aziendali – assenteismo, indagini finanziarie, frodi fiscali – e la “vecchia guardia” che è più orientata verso problematiche private come la tutela dei minori, lo stalking e, appunto, l’infedeltà. Quella frasetta che aleggia al Senato risuona nella testa di molti dei circa 4.500 investigatori privati italiani; alcuni però ritengono che, in un modo o nell’altro, dimostrare l’infedeltà potrà sempre risultare utile in tribunale.
«Il lavoro non verrà meno: un tradimento, oltre a servire per richiedere la separazione giudiziale, può essere necessario anche per richiedere il danno intrafamiliare causato dall’infedeltà: offendendo la dignità personale, si agisce incostituzionalmente, quindi si può citare per danni. Il tradimento può essere prova anche di mancanza di sussistenza del coniuge, dell’aiuto famigliare», dice Giuseppe Tiralongo dell’Atlantica Investigazioni di Roma. Giuseppe – uno dei pochi – conferma onestamente che lavora soprattutto per il privato: «molti si gonfiano, dicono: noi facciamo aziendale...». Perché l’intero settore investigativo ormai si è allargato tantissimo, includendo oltre alle indagini sull’eredità o la ricerca di persone scomparse, anche concetti come la cybersecurity o le bonifiche ambientali.
Un lavoro così complesso ed esteso che fino al 2010 poteva essere intrapreso da chiunque – poteva essere il secondo lavoro di un assicuratore –, fino a che non è stato regolamentato con il Decreto Ministeriale 269: per ottenere la licenza è stato introdotto l’obbligo di laurea e la certificazione di aver lavorato per tre anni in agenzia. Una laurea in scienze delle investigazioni non basta però per diventare detective: Rita Urzia della Argo Investigazioni di Roma, scrittrice di noir nel tempo libero, una statuetta raffigurante le tre scimmiette che fanno il gesto di non vedere non sentire non parlare appoggiata sulla scrivania, ci spiega che lo studio sui libri non serve a «montare un Gps» o a «resistere alla tentazione di fare pipì dopo dieci ore sotto la pioggia o sotto al sole». Più utile una formazione in legge, o un fotografo dotato di un buon teleobiettivo, di un esperto in criminologia «che non serve, mentre saper usare una reflex sì», dice Tiralongo. «È dura oggi per chi vuole fare il detective privato, perché sono in pochi ad assumere futuri rivali, da formare a proprie spese», continua. Un lavoro difficile, dove le leggi per la privacy ostacolano le indagini: «Per controllare se uno fa o no gli scontrini, non posso semplicemente comprare un caffè e vedere se quello alla cassa me lo fa, questo è vietato. Devo appostarmi fuori e osservare dal vetro, o chiedere ai clienti», spiega Tiralongo.
Una delle poche normative agevolanti per i detective è stata l’approvazione nel 2010 dei localizzatori Gps, da installare sotto le macchine per il pedinamento elettronico. Dice l’investigatore Mauro Delmarco, dell’omonima agenzia di Trento: «Con l’utilizzo dei Gps i rischi di perdere di vista la persona attenzionata diminuiscono, il lavoro diventa mirato e spesso si riduce l’intervento a un solo operatore». Spesso però si finisce pure alla sbarra: non sono pochi i casi in cui chi è pedinato si avvale dell’art. 615 bis del codice penale secondo cui è proibito l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora per procurarsi informazioni attinenti alla vita privata di qualcuno, nella sua personale dimora. Per quanto il tribunale di Udine abbia di recente decretato che il Gps in sé non capta informazioni e la macchina non sia un’abitazione privata, a volte avvengono ancora interpretazioni differenti della legge.
Persino il Gps però non può nulla nei casi in cui il cliente richiede indagini di tipo finanziario, come il recupero crediti. L’home banking ha azzerato il bisogno di recarsi in banca per effettuare operazioni sul proprio conto, quindi come si fa a scoprire un patrimonio nascosto? A questa domanda molte agenzie rispondono di malavoglia, oppure dichiarano apertamente che non se ne occupano. «Quando mi chiedono di definire il profilo finanziario di qualcuno, io mi rifiuto, oppure sparo un prezzo altissimo, in modo da far desistere il cliente. Le richieste di indagini illegali sono frequentissime, se le avessi accettate a quest’ora sarei ricco», dice Tiralongo. Le indagini patrimoniali però per altre agenzie sono solo una questione di efficienza e organizzazione: la Axerta Investigation Consulting di Milano conta 55 dipendenti interni, un gigante rispetto alla media delle agenzie formate da 7-8 persone; costituita da persone specializzate ciascuna in un diverso campo dell’investigazione aziendale, assume soprattutto laureati in legge con il praticantato alle spalle. È questo che fa la differenza secondo il suo amministratore delegato, Vincenzo Francese, che definisce “residuale” il mercato delle indagini per privati. La clientela dell’Axerta è composta da grandi società che richiedono indagini per assenteismo, rilascio di informazioni riservate a terzi, profili patrimoniali. Innovatori? No, «pionieri», dice Francese, recintando la sua posizione rispetto al resto del campo semantico che comprende la parola detective in Italia. «Il settore privato non scomparirà mai, immagino anzi un rafforzamento ed allargamento della domanda. Solo, è un settore di cui non ci occupiamo», prosegue. Resta il fatto che i colleghi di dimensioni più modeste non riescono a capire quale sia il modus operandi per ottenere certe informazioni restando nei limiti della legalità. Un ex dipendente di una celebre agenzia racconta in forma anonima che in questo settore è diffuso l’utilizzo di trader anonimi che forniscono dati e che spariscono al momento giusto. Una volta ottenuta velocemente la certezza dell’esistenza di conti correnti si procede a un’indagine legale, più lenta ma dal risultato certo. I tempi di risoluzione di un caso in cui si richiedono informazioni più facilmente reperibili come eventuali tradimenti – possono variare: due-tre giorni per un caso di infedeltà coniugale, anche un mese per verificare l’assenteismo di un dipendente. E di conseguenza variano anche i costi: tariffe orarie da 70/80 euro per i casi che si pensa di poter risolvere in poco tempo, forfait per le indagini più lunghe di una settimana. Le agenzie di medie dimensioni accettano 50/150 casi l’anno, ma le più grandi, come la Axerta, arrivano anche a mille l’anno. Tutte però si dotano di consulenza legale di fiducia, perché il rischio di incappare in qualche cavillo legale è costante, anche se involontario. Racconta Tiralongo: «Fai firmare il mandato a uno che afferma di essere sposato, pedini la moglie per poi scoprire che se prosegui il lavoro diventi complice di un reato, di stalkeraggio, perché quello farneticava, non era affatto sposato. Sta a me poi dimostrare che non lo sapevo, ed è molto difficile». Bisogna quindi essere anche un po’ psicologi ed essere dotati di un buon avvocato alle spalle, da consultare prima, dopo e durante il caso. «Basta un attimo e uno si ritrova a dirsi: oddio che ho fatto», come rivela Urzia. «Un anno fa, facciamo un servizio impeccabile per questa ginecologa che ci chiede di seguire il marito che dormiva in un B&B vicino casa. Scopriamo che viveva in un appartamento intestato al fratello, con un’altra donna, e che si giocava ogni giorno al Billionaire 500 euro. Il marito, scoperto clamorosamente, firma i documenti per la separazione, tutto a posto. Come compenso riceviamo una denuncia». E poi, è necessario un po’ di pelo sullo stomaco: c’è chi racconta di essersi licenziato perché non riusciva a sopportare il carico emotivo che gli veniva rovesciato addosso dai clienti. Persone che, destinando due mesi di pensione a un’indagine, pretendevano la conferma dei tradimenti, come nel caso di un anziano senza un braccio convinto che la sua amante-badante avesse un altro, e alle prove dimostrate che invece arrotondava un po’ il salario lavorando anche da altri, aveva pagato malvolentieri la parcella, dichiarandosi insoddisfatto del servizio. Un tipo di clientela che potrebbe rivolgersi con altrettanta fiducia a finti stregoni e ciarlatani vari, di cui purtroppo il settore è pieno. «Sono anni che noi membri della Federpol – Federazione Italiana Investigatori Privati – ci battiamo per istituire l’albo professionale degli investigatori privati. Sarebbe opportuno per tutelarci deontologicamente», dice Urzia. Il settore conta 3.000 agenzie, che generano un business da 350 milioni l’anno (2015), cresciuto notevolmente dal 2003 (quando produceva 90 milioni). Senza infedeltà ci sarà un arresto della crescita? Secondo alcuni no, il tradimento – confermato nel 90% dei casi – viene indagato prima di tutto per un bisogno di sapere slegato dai successivi procedimenti giudiziari. Delmarco afferma: «Di solito questi accertamenti vengono richiesti per curiosità personale, dubbi, emozioni contrastanti, sospetti e voglia di sapere e non perché una legge ritiene l’infedeltà una condizione rilevante o meno all’interno di una coppia. Le relazioni e i sentimenti non credo subiranno l’influenza di questi cambiamenti legislativi».