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 2016  aprile 06 Mercoledì calendario

IL BENE DEL MONDO SI CHIAMA PAOLA REGENI

Sono la mamma di Giulio, e volevo dirvi delle cose di lui. Non era un giornalista, non era una spia, era un ragazzo del futuro». E poi aggiunge: «Una cosa così cambia la vita a tutti».
La «cosa così» ha cambiato la vita anche a noi, come Paese. La «cosa così» è il modo in cui un ragazzo di ventotto anni appena compiuti è stato strappato alla sua vita, il modo in cui è stato rapito e torturato, la consapevolezza che esistono questi metodi, che altri ne sono vittime, che è successo e succederà ancora. Se «una cosa così» cambia la vita a noi che non conoscevamo Giulio perché ci fa toccare il male del mondo, come sarà per Paola, la madre che all’obitorio lo ha riconosciuto dalla punta del naso?
Paola Regeni è una signora bruna di cinquantasette anni, con gli occhiali, il viso stanco, lo sguardo determinato. Parla con un dolce accento friulano e la cadenza di chi ha insegnato per tanti anni a scuola. Alla conferenza stampa in Senato in cui ha raccontato di Giulio portava una sciarpa gialla come lo striscione «Verità per Giulio Regeni». Una donna piena di dignità, la madre che ci si aspetta da un ragazzo speciale come Giulio, ragazzo del futuro, ma anche di più. Una persona capace di chiedere la verità a schiena dritta e di ricordare a tutti il senso di quel che è successo al figlio. Una donna a cui vorremmo stringere la mano.
L’Egitto ci ha restituito un volto completamente diverso. Al posto di quel viso solare e aperto c’è un viso piccolo piccolo piccolo, non vi dico cosa gli hanno fatto. Su quel viso ho visto tutto il male del mondo, e mi sono chiesta perché tutto il male del mondo si è riversato su di lui».
La madre di Giulio non riesce a piangere. «Io che piango sentendo le canzoni romantiche, i funerali e pure per i disegni dei bambini, finora ho pianto pochissimo. Per Giulio non riesco a piangere, ho un blocco totale, e forse riuscirò a sbloccarmi solo quando riuscirò a capire cosa gli è successo… Poi mi capita di vedere i suoi occhi, quei suoi occhi felici, che dicono “ma cosa sta succedendo, non può accadere a me”. E ancora, lo immagino quando, alla fine, capisce che quella porta non si aprirà più, perché lui aveva tutte le chiavi cognitive, linguistiche, e storiche per capire cosa stava accadendo».
Anche Paola ha tutte le chiavi. Sa cosa hanno fatto al figlio nei dettagli. Lo ha visto. Lo ha riconosciuto dalla punta del naso.
La sua risolutezza, e la calma con la quale chiede la verità, ci fanno sentire il bene del mondo.