5 aprile 2016
Si è impiccato il direttore del museo Keats-Shelley di Piazza di Spagna Il Messaggero, martedì 5 aprile 2016 «Tutte le volte che mi affaccio sulla scalinata penso a quanto deve essere stato triste per John Keats essere venuto a Roma con tanta passione, nel 1820, e aver potuto vivere la città quasi solo guardandola da qui, dalle due piccole finestre della sua camera qui accanto a Trinità dei Monti»
Si è impiccato il direttore del museo Keats-Shelley di Piazza di Spagna Il Messaggero, martedì 5 aprile 2016 «Tutte le volte che mi affaccio sulla scalinata penso a quanto deve essere stato triste per John Keats essere venuto a Roma con tanta passione, nel 1820, e aver potuto vivere la città quasi solo guardandola da qui, dalle due piccole finestre della sua camera qui accanto a Trinità dei Monti». Giuseppe Albano, 39 anni scozzese di padre italiano, nel 2012 è stato nominato curatore della “Keats-Shelley House” in piazza di Spagna ai piedi della scalinata. Ieri, nella sua abitazione piccola “porzione” del museo, si è tolto la vita impiccandosi. Nella casa che fu del poeta romantico inglese Keats venuto a Roma per curare la sua tubercolosi. Ma, proprio qui, la malattia si aggravò e un anno dopo il suo arrivo morì. Nella casa in piazza di Spagna. Era un gran privilegio per Giuseppe Albano essere stato nominato curatore di questo piccolo museo aperto nel 1909 nel cuore di quel quartiere che, dai primi dell’Ottocento, era diventato il “ghetto degli inglesi”. Letterati, artisti ed esuli come Shelley o Byron. «Ho un nome italiano, mio padre era originario della Basilicata e so di parlare male la lingua ma scusatemi», si raccontava ridendo. Un uomo timido ed introverso Albano che, alla carriera accademica all’università ha preferito l’incarico di docente di Letteratura inglese nel carcere di massima sicurezza Addiewell tra Glasgow ed Edimburgo. «Non avevo mai pensato di lavorare in una prigione – diceva – ma la sfida mi piaceva. Tutti mi dicevano che ero matto. Gli studenti sono poco interessati a leggere un poema. I detenuti, invece, adoravano Keats, opere cupe che, mi confessavano, sapevano di onestà». Per Albano anche Roma era una sfida. Voleva che quella casa (raccoglie quadri, ritratti, busti, miniature, libri e lettere dei due poeti) diventasse una piccola oasi di cultura. Ospitando mostre e incontri tenendo sempre aperta la porta agli studenti. Progetti che vogliono fondi, ripeteva, «ma come museo britannico all’estero non riceviamo alcun sostegno dal Regno Unito». Un mese fa, con la sala da tè Babingtons (aperta a piazza di Spagna quando in Italia, a fine ’800, continuavano ad arrivare intellettuali dall’Inghilterra) ha organizzato un seminario sui “suoi” poeti e la bevanda inglese. Liriche e miscele adorate dai romantici. Ad Albano piaceva ricordare le parole che Keats, sepolto al cimitero acattolico alla Piramide, volle sulla sua lapide: «Qui giace uno il cui nome fu scritto sull’acqua». Carla Massi Carla Massi