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 2016  aprile 05 Martedì calendario

DELITTI USCITI SUL FOGLIO DEI FOGLI DEL 4 APRILE 2016


Sabina Iuliana Chis, 29 anni, e suo figlio Sebastiano Alessio Barbu, due mesi. La Chis, romena, prostituta nell’entroterra del salernitano, aveva avuto il pupo dal marito Costantin Barbu, 29 anni, disoccupato. I due, a detta dei vicini, litigavano di continuo. L’altro giorno il Barbu, come sempre ubriaco, al culmine dell’ennesima discussione prese un coltello e con quello segò la gola della donna, poi le conficcò un cacciavite nel cranio, quindi la cosparse di benzina, cosparse di benzina pure il bimbo, e diede fuoco a entrambi. Infine andò in bagno e si impiccò.
Giovedì 31 marzo in una piccola casa prefabbricata in via della Giungaia a Capaccio, entroterra salernitano.

Federico De Santo, 73 anni. Originario di Carinola in provincia di Caserta, storico preside della scuola Campo Falerno, l’altro giorno a bordo della sua auto andò a prendere a Messina il figlio Girolamo, 43 anni, sottufficiale dei carabinieri in servizio alla compagnia di Catania. D’un tratto in autostrada tra i due chissà perché scoppiò una violenta lite e il De Santo Girolamo, mentre guidava, tirata fuori la pistola d’ordinanza sparò un colpo nel collo del padre. Quindi scaraventò in strada il cadavere e camminò a piedi fino a un bar nelle campagne di Roccapiemonte. Lì un paio d’ore dopo, tutto confuso, si lasciò ammanettare dai colleghi.
Verso mezzanotte e mezza di giovedì 31 marzo nei pressi del casello autostradale di Mercato San Severino, nel salernitano.

Laura Germignani, 69 anni. Di Novara, insegnante di Lettere in pensione, sposata con Maurizio Calderini, 71 anni, noto avvocato civilista e membro del collegio sindacale del Banco Popolare. I due, da quando nel 2013 il loro unico figlio era morto a 30 anni di leucemia, non s’erano mai ripresi. Così qualche giorno fa si misero d’accordo per farla finita. Lui imbracciò il suo fucile, le sparò un colpo alla testa, e subito dopo si puntò l’arma al petto e fece fuoco. I cadaveri, trovati sabato 19 marzo da una parente che non riusciva a contattarli da giorni.
Prima di sabato 19 marzo in una palazzina al civico 18d di baluardo Partigiani a Novara.

Rosa Landi, 59 anni. Originaria di Reggio Calabria ma residente a Sestri Ponente (Genova), sposata con Ciro Vitiello, 64 anni, becchino in pensione. Qualche tempo fa aveva comunicato al marito che s’era stufata dei suoi tradimenti e intendeva lasciarlo. L’altra sera tra i due ci fu una lite, poi si calmarono e lei telefonò al figlio Andrea, 37 anni, per sfogarsi. Mente chiacchierava il consorte prese una delle sue cinque pistole e le sparò cinque colpi nella schiena. Quindi, la voce tranquilla, chiamò la polizia: «Venite in via Toscanelli 92 interno 4, ho appena ucciso mia moglie».
Verso le 22 di sabato 19 marzo a Sestri Ponente (Genova).

Mauro Sorboli, 40 anni. Residente a Milano, un paio di lontani precedenti, uno per droga, l’altro per resistenza a pubblico ufficiale, non aveva mai lavorato ma aveva la rendita di qualche appartamento in affitto. Solito trascorrere le giornate al bar, quando tornava a casa ubriaco maltrattava la convivente Valentina Aguzzi, anni 44, web designer per una casa discografica di Milano, donna «fragile ma con la testa sulle spalle, molto tranquilla». L’altro pomeriggio, dopo pranzo, l’uomo, di nuovo sbronzo, prese a insultarla. Lei, sdraiata sul letto accanto a lui, afferrò dalla parete una katana da trenta centimetri di lama e gli urlò: «Se non la smetti di bere mi uccido, mi conficco la spada al petto». Lui la fissò, la sfidò con lo sguardo, le disse «fammi vedere se sei capace, di te non mi importa nulla, ammazzati, chissenefrega». Lei fuori di testa per la rabbia lo colpì appena sopra il ginocchio, recidendogli l’arteria femorale. Lui estrasse la spada, il sangue cominciò a sgorgare, poi svenne. Lei provò a tamponare la ferita con gli asciugamani e chiamò l’ambulanza ma in un quarto d’ora il Sorboli era morto dissanguato.
Poco dopo le 15 di sabato 26 marzo in un monolocale in via Filippo Carcano, vicino alla vecchia Fiera di Milano.

Un albanese di 37 anni. Pregiudicato, viveva a Villa Literno, nel casertano. L’altra notte, mentre due complici l’aspettavano su una Bmw, s’intrufolò nella casa di Carlo Diana, 54 anni, meccanico. Costui, che in passato aveva subito sette rapine, dormiva, come la moglie e due dei figli. L’albanese arraffò un portafogli con dentro mille euro, prese le chiavi dell’Audi parcheggiata davanti casa ed era già montato a bordo quando un’altra figlia del Diana, rientrando proprio in quel momento da una festa, capì tutto e telefonò al padre che presa la sua pistola calibro 7.65 s’affacciò dal balcone e sparò sette colpi. Ferito, l’albanese scese dall’Audi per rifugiarsi nella vettura dei complici e voltandosi verso il Diana gridò: «Perché mi spari?». L’altro continuò a sparare, un proiettile raggiunse al collo il ladro che fu poi abbandonato dagli altri due, già cadavere, davanti all’ospedale di Aversa.
Notte di domenica 20 marzo in una villetta a Villa Literno, nel casertano.