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 2016  aprile 04 Lunedì calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 84

(La rivoluzione del 1848. La nascita della Patria)

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23-3-1848: «VIVA IL RE, VIVA L’ITALIA» –
Guerra . «L’ora suprema per la monarchia sarda è suonata, l’ora delle forti deliberazioni, l’ora dalla quale dipendono i fati degl’imperii, le sorti dei popoli [...]. Una sola via è aperta per la nazione, pel governo, per il Re. La guerra! La guerra immediata senza indugi!» (il conte Cavour, il 23 marzo 1848, su «Il Risorgimento»).
Indipendenza. Quando dichiarò guerra all’Austria, Carlo Alberto volle egli stesso dare l’annunzio ai torinesi: «A mezzanotte del 23 marzo il popolo muto, severo, stava aspettando davanti alla reggia. A un tratto, il balcone della galleria d’armi si spalanca, e un torrente di luce si spande su quella folla raccolta. Migliaia e migliaia di facce si volgono all’insù, migliaia e migliaia di sguardi si fissano attenti a quel punto. Non si respira più; il cuore del Piemonte, per l’ansia, ha sospeso per un istante il suo battito. Compare pallida, ma illuminata da un sorriso novello l’alta figura del re; ai fianchi gli stanno i figli, nei quali il giovane sgiardo brilla di una fiamma più viva. Carlo Alberto tiene in mano una fascia con i tre colori italiani, proprio quei tre colori condannati non molto tempo fa e temuti come simbolo di ribellione; questa fascia il Re l’agita sopra il popolo. Un immenso applauso, un tuono, un uragano d’applausi scoppia da quella moltitudine: «Viva il Re, Viva l’Italia». È la guerra d’indipendenza, che dal trono di Casa Savoia si proclama all’Italia e al mondo».
Fanteria. La formazione di base della fanteria era quella tradizionale su tre file, vale a dire che il tiro veniva effettuato su tre file: la prima in ginocchio, la terza passava il fucile carico alla seconda, e caricava quello che riceveva in cambio. I soldati erano in generale poco avvezzi al tiro al bersaglio, pertanto molti di loro sprecavano il colpo tirando in aria.
Analfabeti. Percentuale di analfabeti tra i fanti di leva: 60 per cento.
Ignoranza. «Quei pochissimi che andavano studiando l’arte della guerra erano astretti a celare ai compagni il loro sapere per sfuggire i dileggi; la propria ignoranza è allegramente confessata da molti giovani, e purtroppo nei fatti da molti vecchi» (la Commissione d’Inchiesta sulle cause dell’esito della guerra del 1848).
Radetzky. Il feldmaresciallo Radetzky, comandante supremo dell’armata austriaca in Alta Italia, quando scoppiò la rivoluzione delle “Cinque giornate di Milano” aveva 82 anni.
Debiti. Secondo il noto storico austriaco Helfert, Radetzky, generoso e con il vizio del gioco, accettò nel 1831 di essere messo a capo dell’armata d’Italia solo a patto che l’imperatore pagasse i suoi debiti.
Mantova. Il generale Bava, che con la sua truppa si apprestava a conquistare Mantova, il 5 aprile aveva fatto accampare una quarantina di fanti nel piccolo borgo di Marcarìa, dove passava lo stradone per Mantova. Il resto delle truppe rimase a San Martino dell’Argine. Durante la notte sorsero alcuni tafferugli, per via di una colonna di ricognizione nemica, che, avendo trovato i soldati regi a Marcarìa, s’era messa a sparare, e tutti avevano creduto di trovarsi di fronte a forze ingenti, tanto che le truppe stanziate a San Martino inviarono a Marcarìa delle pattuglie. Il giorno seguente Bava in persona andò a Mantova. Al rientro Bava riuscì a fatica a trattenere un intero battaglione in fuga, il quale asseriva di essere stato attaccato da forze nemiche. In realtà si trattava di innocui mugnani vestiti di bianco, scambiati per fanti austriaci i quali portavano delle giubbe bianche.
Goito. Bilancio della battaglia di Goito (30 maggio 1848). Austriaci: 67 morti, 330 feriti, 186 dispersi, 2 prigionieri. Sabaudi: 43 morti, 253 feriti. Fu ferito in modo non grave all’inguine il duca di Savoia. Il re ebbe una leggera ferita di striscio a una guancia. Trovò la morte in questa battaglia il giovanissimo nipote di Cavour, il marchese Augusto.
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 3/4/2016