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 2016  aprile 01 Venerdì calendario

IL GOLFO PARADISO DEI CAMPIONI


SORI (GENOVA). Non ce partita, ma c’è storia nel Golfo Paradiso, quella porzione di Levante ligure più vicino a Genova. Rivalità da campanile e condivisione di spazi: destino comune per una mezza dozzina di comuni, da Bogliasco a Camogli. E al centro, a fare da ombelico, fra Sori e Recco, una palla. Non un pallone. Perché è una palla, quella di pallanuoto, tonda, a spicchi colorati come un arcobaleno che rimbalza e vola sull’acqua. E perché è una palla anche quella ovale del rugby, che regala al gioco imprevedibili scatti e scarti.
Sori e Recco, dunque. A Sori hanno inventato le trofie, a Recco la focaccia al formaggio. Quattromilaquattrocento abitanti contro diecimila. In comune condividono una fatica e un’ostinazione che si sfoga in uno sport. A far da confine fra i due paesi, oltre al Fontanin do boia – il luogo sull’Aurelia dove nei secoli passati i briganti depredavano i viaggiatori –, c’è una piscina. Loro la chiamano l’acqua: il campo da gioco di pallanuoto, trentatré metri per venti con due porte al fondo.
Essendo un confine, la piscina è un luogo che unisce e costringe insieme. Si trova a Sori, lungo il torrente, accanto alle scuole, alla Società operaia di mutuo soccorso e al cinema – teatro che ha riaperto da un anno. È la casa della Rari Nantes Sori e della Pro Recco. Ovvero, dell’ultima e della prima squadra di serie A. Ovvero, la società dei giovani di buona volontà e quella dei padroni della pallanuoto europea. A febbraio Sori e Recco si sono ritrovate di fronte nella prima giornata del girone di ritorno, che terminerà a maggio. Una lotta impari: 13 a 3 per Recco, davanti a 200 spettatori. In mille si presentano solo per gli incontri di Champions del Recco: esauriscono le tribune e occupano tutti gli sgabelli del bar. Meglio del derby di andata, finito 23 a 3.
Dal giorno in cui l’ha presa Gabriele Volpi, imprenditore italiano naturalizzato nigeriano, ex pallanuotista, la Pro Recco è diventata nella pallanuoto quello che il Bayern, il Barcellona e il Real Madrid messi insieme sono nel calcio. Schiera tutti nazionali, quelli in vasca, sette, più quelli in panchina, sei: serbi, croati, montenegrini e italiani. Senza contare altri tre stranieri utilizzabili solamente nelle competizioni europee. Il Palmarès dice: 29 scudetti, 10 Coppe Italia, 8 Coppe dei Campioni, 6 Supercoppe europee. Dal 2007 ha messo a segno quattro Triplete (cioè scudetto, Coppa Italia e Coppa Campioni), l’ultimo, la passata stagione. Ora punta al quinto e poi al sesto Triplete, questo il programma minimo annunciato dalla società. Non una squadra, una potenza assoluta.
Ma per trovare l’acqua giusta, la Pro Recco deve venire dai cugini a Sori, dove fra l’altro patron Volpi ha la residenza e dove abitano parecchi giocatori della squadra più forte del mondo. Qui c’è la piscina regina. Con Brescia, è forse la migliore struttura in Italia. Funziona come richiamo. Una specie di piazza del paese. Anzi, una piazza per due paesi. «La nostra ricchezza è l’impianto» riconosce Guido Polipodio, 48 anni, imprenditore, ex pallanuotista, da dieci presidente della Rari Nantes, «averlo al giorno d’oggi è fondamentale. L’abbiamo inaugurato nel 2008 ed è un vero gioiello. Lo teniamo sempre aperto. Ci lavorano dodici persone. Abbiamo 210 iscritti alla scuola nuoto, dai 2 ai 13 anni, e 50 ragazzi nelle nostre squadre giovanili di pallanuoto».
I bambini escono da scuola e vengono a fare i compiti sulle gradinate. Questo ha più valore dell’intero budget per la prima squadra, che è di 250 mila euro circa. Per dire, un solo campione della Pro Recco, il croato Sandro Sukno, per esempio, o il ventiduenne serbo Dusan Mandic, il braccio sinistro di Dio, guadagna più di tutti e tredici i pallanuotisti del Sori, allenatore compreso. E però la Rari Nantes Sori è l’unico club che vanta un tifo organizzato. Si chiama Nuova Guardia Sori, veste di granata, il colore ufficiale della società, ed è un gruppetto giovane, scalmanato e sportivo. Lo stemma è una rosa stilizzata. «L’abbiamo presa da una squadra di rugby inglese» spiega il presidente.
Mino Marsili, 70 anni, icona della pallanuoto nazionale, direttore sportivo a Recco l’anno scorso e quest’anno a Sori, accosta il rugby alla pallanuoto: «Sono due discipline che formano il carattere. Ti permettono di affrontare la vita con uno spirito forte. Di sicuro, un pallanuotista e un rugbista non si fermano alle prime difficoltà: sono troppo ben allenati». Due sport che passano attraverso l’educazione. E l’educazione passa attraverso di loro. È un coltivare corpi e menti al sacrificio, alla pazienza, alla fatica, alla resistenza e, possibilmente, al risultato. Ma quello viene dopo. Così è stato, qui, nel Golfo Paradiso, per più di mezzo secolo.
Si racconta che, in questo lembo di terra, i bambini venissero buttati in acqua subito. E giù a far bracciate, perché galleggiare non basta, e nuotare nemmeno, bisogna vedersela con la palla. Quando cominciano le elementari, comincia anche la pallanuoto. Poi, se ti stufi, c’è il rugby. Studi e vita vanno di pari passo agli allenamenti.
«Si inizia con la pallanuoto. È un rito di appartenenza, se vuoi essere considerato sorese», conferma Paolo Pezzana, 42 anni, eletto sindaco nel 2014 in una lista civica di centro sinistra, uno che crede nella coesione di gruppo imparata dallo sport. Una bella figura di sportivo e operatore sociale prestato all’amministrazione. Come pallanuotista, era un ruvido pugnace difensore. Poi è passato al rugby, con la Pro Recco rugby: arcigno pilone della mischia.
Esattamente un anno fa, a ogni angolo del paese è comparsa un’ordinanza che aboliva sul territorio comunale qualunque tipo di palla rotonda: 1), perché la palla rotonda rotola e non si ferma; 2), perché è prevedibile e, come certifica il calcio, provoca liti, dissidi e frustrazione. Per questi motivi il Comune stabiliva che avrebbe ritirato tutti i palloni e li avrebbe sostituiti con palle ovali, capaci di creare instabilità e precarietà nel giocatore, favorendo in questo modo un miglior rapporto con l’avversario, con l’arbitro e perfino con se stesso. Inoltre, tutti i campi da calcio sarebbero stati riconvertiti in campi da rugby. Era il primo di aprile, un gruppo di amici aveva giocato uno scherzo al sindaco e al paese. Per un attimo ci sono cascati tutti. «In verità, la penso proprio così» Pezzana sorride ancora adesso.
Riassume: «Rugby e pallanuoto sono sport in cui hai bisogno di sentirti accolto. Solo così riesci a dare il meglio di te alla squadra. Sono assimilabili per la fatica e il sacrificio che richiedono, ma soprattutto per la necessità di curare lo spirito di gruppo, se si vuole essere competitivi». In fondo, è questo il motivo per cui si rimane rugbisti e pallanuotisti a vita. È un modo di essere. Non ti dimetti da questa condizione. Come gli astronauti: non è che uno smette di essere astronauta solo perché non va più sulla Luna.
Quest’anno il sindaco di Sori allena i ragazzini del Cus Genova rugby. Ma il cuore è rimasto a Recco, al campo Carlo Androne, ritagliato fra le case popolari e lo svincolo dell’autostrada, dove gioca la sua vecchia squadra, che si conferma sempre ai primissimi posti della serie A. È in vetta nella sua poule promozione. Nel 2013 e nel 2015 ha perso la finale per venire promossa in Eccellenza, la massima serie, dove giocano il Calvisano, L’Aquila, Petrarca, il Rovigo, il Viadana.
«Il benvenuto a Recco lo dà il campo da rugby. Appena esci dall’autostrada, vedi i pali delle nostre porte» dice Lisandro Villagra, argentino di Cordoba, mediano di mischia, 40 anni, da cinque a Recco come allenatore-giocatore. «Ogni campo da rugby è una casa e la Club House è una famiglia, il posto ideale in cui crescere» aggiunge Andrea Venturelli, 34 anni, direttore sportivo del Recco, ingegnere navale ed ex pilone sinistro. «Qui abbiamo 150 tesserati nelle sette squadre giovanili, più altri cento atleti nelle due squadre senior e in quella over 35, con un giro d’affari di 300 mila euro».
Più che il giro d’affari, però, conta il giro d’affetti. Quello che nella pallanuoto di oggi un po’ rimpiange Carlo Casaleggio, 66 anni, fondatore e anima di Sori Jazz, una vita nel porto di Genova e nella pallanuoto. Si allena ancora due volte la settimana e partecipa agli Europei over 65. «Una volta il paese era tutt’uno con la Rari Nantes, e viceversa!».
«Questo vivere allenamenti, fatica, compagni, questo fare casa e famiglia è un modo di essere città» osserva Simone Mina, 33 anni, il Colosso di Sori, l’Atleta Perfetto, come lo hanno ribattezzato. È stato portiere di pallanuoto, oggi gioca seconda linea nel rugby Recco. Nel 2012 praticava le due cose contemporaneamente. In più fa il velista ad alto livello. Di professione, fabbro. È la purezza sportiva fatta montagna umana. Incarna lo spirito dello sport, che sia pallanuoto o rugby: fatica come gioia e dedizione assoluta. Soprattutto, individualità a servizio della collettività. Fra Sori e Recco è questa la vera città in cui vivere.
Gian Luca Favetto