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 2016  aprile 01 Venerdì calendario

TORNA KIKI, LA MODELLA DI TUTTI

Modella o puttana, puttana o modella? Si arrovellano da sempre, gli appassionati di Parigi anni Venti, sulla figura di Kiki de Montparnasse, la ragazza che Hemingway definì «il monumento» di un’epoca. Kiki...Kiki...Kiki... Quel nome risuonava ovunque, tra gli atelier dei pittori d’avanguardia, al Dôme, alla Rotonde, alla Coupole, al Bal Russe. Per la storia dell’arte, Kiki è anzitutto la schiena nuda con incise le "effe" del violino nella celebre fotografia surrealista "Le violon d’Ingres" scattata dal suo amante Man Ray. E oggi vive una nuova fiammata d’interesse, che però non dissipa il dubbio iniziale. Perché a Montparnasse il confine tra modelle e cocottes fu spesso confuso. Diciamo che Kiki, nata Alice Prin nel 1901 e morta povera e sola nel 1953, fu una formidabile mantenuta.
Le "Memorie di una modella", ristampate ora da Castelvecchi da "Memoirs of Kiki", vecchia edizione americana che era già stata tradotta negli anni Sessanta (negli Usa il primo testo del 1929 era stato proibito per indecenza), non fanno che confermare questa interpretazione: una formidabile mantenuta. Lo si coglieva già nei "Souvenirs retrouvés" incensurati (in Italia tradotti nel 2007 da Excelsior 1881, rintracciabili su Amazon o eBay). I fatti parlano chiaro. Figlia illegittima cresciuta dalla nonna in Borgogna, Alice-Kiki ebbe una libido precoce e prepotente. Scoprì la propria sessualità spiando una coppia di amanti su una panchina. A 13 anni aveva già lasciato la scuola. Lavorò al mercato del pesce, in filanda, in panetteria. Giunta a Parigi ragazzina, andò avanti a spiccioli e minestre, e decise di perdere la verginità rimorchiando sul boulevard un attore di varietà cinquantenne. A 16 anni aveva già provato la cocaina, posato nuda, la madre l’aveva ripudiata («puttana!», appunto), e negli atelier dei pittori, avendo il ciuffetto del pube un poco rado, si premurava di infoltirlo al carboncino. Moïse Kisling, l’amico ebreo di Modigliani, la chiamava ridendo «la nuova sgualdrinella» e «la mia bagascia», e a Kiki un po’ piaceva. Lo racconta lei.
Dai "Souvenirs retrouvés", sempre ristampati, è stato tratto al teatro Le Lucernaire di Parigi, con gran successo per tutto l’inverno, la pièce di testi e canzoni "Kiki de Montparnasse", regia di Jean-Jacques Beineix. Protagonista la adorabile Héloïse Wagner, con impeccabile caschetto à la garçonne, che fa rivivere le follie di Montparnasse ma anche le ferite di figlia mai amata, di ragazza sfruttata e donna tradita. Da tempo su Kiki circola anche una popolare biografia a fumetti di Bocquet e Muller. Ma da rimarcare ora è la linea di lingerie e bellezza Kiki de Montparnasse, che ha base a Tribeca, Manhattan: per i veri cultori è un giardino di delizie.
Tra il 1920 e il ’30 l’agitata fanciulla fu ritratta da Ray, Kisling, Foujita, Kees van Dongen, Luigi Corbellini. Apparve nel film "Entr’acte" di René Clair. Litigava con Modigliani, vestiva sgargiante («ho gusti da negra»), seduceva riccastri. Nei night club si ubriacava, prendeva droghe, ballava sui tavoli senza mutande, a Villefranche-sur-Mer si spartiva i marinai americani con Jean Cocteau, finì in prigione per oltraggio. Provò ad andare a New York, dove fu ignorata. Ingrassò, fatalmente imbruttì. Assai tristi e penosi, nel finale delle "Memorie" di Castelvecchi, l’incontro, cinquantenne e sciupata, con l’amico di gioventù Hemingway al Waldorf Astoria, e gli ultimi dollari spillati all’editore americano Samuel Roth.
Kiki finì malissimo, a fare le carte nei bar, vivendo in soffitte, gonfia di sostanze strane. Morì a 52 anni, ignorata da tutti. Dei suoi amici artisti, al funerale, il solo Foujita, il giapponese.