Leonardo Martinelli, pagina99 26/3/2016, 26 marzo 2016
L’ASTRO MACRON SCUOTE LA FRANCIA E PRENOTA L’ELISEO
Non ha niente del ribelle. Anzi, Emmanuel Macron, 38 anni, ministro dell’Economia (il più giovane della storia di Francia), ha la faccia dell’eterno bravo ragazzo, sorriso ammiccante, modi da buona borghesia di provincia. Eppure, in una Francia asfittica, all’apparenza bloccata, tra una sinistra che non si rinnova e una destra che propone sempre gli stessi volti, il giovane Macron è la vera, praticamente unica novità della stagione. È pure il solo rappresentante del governo di Manuel Valls davvero alto nei sondaggi: gli ultimi indicano a sorpresa che sarebbe l’unico tra gli uomini della gauche a poter battere al secondo turno delle presidenziali del 2017 qualsiasi altro rivale, a parte il vecchio e rassicurante Alain Juppé, rivalutato in questi tempi d’incertezza.
Chi è Emmanuel?
Per tanti, soprattutto i suoi detrattori, è solo l’ex banchiere di Rothschild. Lo è stato dal 2008 al 2012, prima che François Hollande lo volesse come consigliere. «Avrei anche potuto continuare a fare il banchiere d’affari e avrei così guadagnato molto più che come ministro», ama ripetere. Si dimenticano, comunque, altri elementi del passato di Emmanuel dalle mille vite. È stato anche uno degli assistenti preferiti del filosofo Paul Ricoeur. Macron è uno strano (stranissimo per i francesi, che non ci sono abituati) miscuglio di umanesimo ed economia.
Ma facciamo un passo indietro. È nato ad Amiens, profondo Nord, da due medici. La nonna materna, racconta Emmanuel, è stata fondamentale nel suo impegno politico a sinistra: era figlia di due analfabeti, diventata direttrice di una scuola media. Lui non è stato da giovane malato di politica, ed è uno dei rimproveri che gli muove la sinistra, soprattutto socialista. Fra l’altro non ha mai partecipato da candidato a un’elezione. È stato soprattutto un brillante studente, passato dal prestigioso liceo pubblico parigino Henry IV su fino all’Ena, da dove venne catapultato all’ispettorato delle Finanze, prima di passare al privato (i Rothschild). È anche un appassionato di musica classica (dieci anni di piano al conservatorio) e di boxe. Si è sposato con Brigitte Trogneux, che era sua professoressa di francese ai tempi del liceo. E con la quale condivide ancora la propria esistenza.
Pensiero fluido
Diventato ministro dell’Economia nell’agosto 2014, si è subito imposto come iconoclasta: immagine della sinistra moderna per alcuni, deriva populista e thatcheriana per altri. Viene definito socialista-liberale, ma non è facile classificarlo. Richard Ferrand è suo amico. Lo sta accompagnando in questa fase, forse anche a “scendere in campo”, a fondare un movimento o addirittura verso una candidatura alle presidenziali del 2017. Ferrand non vuole confermare tutto questo. Ma spiega il fenomeno a modo suo: «A differenza degli altri leader della sinistra francese, Emmanuel è in sintonia con il suo tempo. Capisce la propria epoca e sa spiegarla con empatia, senza dare lezioni. Sa ascoltare e ispirare fiducia in una fase dove tutto è odio». Ma è davvero di sinistra? «Lo è eccome, sulle tematiche sociali molto più di Manuel Valls. Sull’economia, invece, i due si ritrovano. Ma c’è una fondamentale differenza d’approccio: il primo ministro ha una chiara angolosità. Macron è fluido». In certi campi, riaffiorano nell’uomo gli studi letterari e filosofici: sull’Europa e la politica dei rifugiati, Emmanuel ha detto cose decisamente di sinistra, criticando, in maniera più o meno velata, il pugno duro del duo Hollande-Valls. Sulla decadenza della nazionalità per chi si macchia di un crimine di terrorismo, uno dei cavalli di battaglia del presidente e del primo ministro nella loro stretta securitaria (una misura che, comunque, non riescono a far passare in parlamento), Macron è apertamente critico, allineandosi addirittura alla sinistra della sinistra.
È sull’economia che il nostro provoca più polemiche. È contrario al regime delle 35 ore lavorative settimanali che Martine Aubry, allora ministro del Lavoro (e che odia Macron), introdusse alla fine degli anni Novanta.
Contro le 35 ore
Quella novità, legata a un’interessante concezione, con più tempo libero per vivere pienamente la propria vita, si è rivelata una zavorra per la competitività del made in France: il manifatturiero ha perso ormai irrimediabilmente colpi rispetto alla Germania e anche all’Italia (dove viene fabbricato il grosso del lusso francese).
Anche Valls o altri esponenti della sinistra avanzano qualche riserva riguardo alle 35 ore ma Macron, con il suo beato sorriso e le buone maniere, va giù duro e chiaro. Poi dice: «Vorrei che più giovani francesi diventassero miliardari», sperando nella nascita di un Bill Gates nostrano (alle startup, anche sotto il suo stimolo, vengono dati generosi contributi in Francia). Oppure: «Credo che un giovane dovrebbe accettare qualsiasi lavoro pur di non essere disoccupato». Apriti cielo. Rispetto ai giovani figli di immigrati, che nella periferia parigina non riescono a decollare professionalmente, il ministro punta molto alla piccola impresa, al fatto che lancino attività proprie, «perché per loro sarà più facile trovare dei clienti che dei datori di lavoro», facendo allusione (esplicitamente) alla discriminazione di cui sono oggetto.
Una delle ultime “chicche”: «Credo che di questi tempi in Francia la vita di un imprenditore sia più dura di quella di un dipendente». Pragmatico? Illuso? Ingiusto? Ci è o ci fa? «Mette la libertà al centro del suo modello economico, ma anche l’uguaglianza. Soprattutto quella data a tutti per riuscire». Pierre Person, 27 anni, consulente parigino, ha creato con un pugno di amici nell’estate 2015 l’associazione Jeunes avec Macron. Sono i giovani di Emmanuel, ormai più di 3.500 (33 anni di età media), che pochi giorni fa hanno dato anche vita a un think tank, “la Gauche libre”. Secondo Person, «l’apertura del mercato è pure una chance per i francesi, va solo gestita. Lo stesso per l’economia digitale. E preferiamo che sia uno come Macron a farlo che non altri, soprattutto di destra». «Macron, a differenza dei suoi colleghi, rimette l’individuo al centro della collettività: ti dà speranza. E poi parla di altro che solo di leggi e norme». Vola alto.
Verso un movimento?
È la voce che corre per tutta Parigi: sulla scia dell’entusiasmo di questi giovani, Macron starebbe per scendere in campo, forse creando un movimento politico proprio. I Jeunes avec Macron assicurano di averlo incontrato una sola volta. Ma al ministero dell’Economia, di tanto in tanto, si riunirebbe un team di aficionados, compresi alcuni deputati socialisti e la moglie Brigitte, che ha 18 anni più di lui e un’influenza fortissima sul marito. Stanno organizzando il futuro politico di Emmanuel.
Si potrebbe anche andare oltre, la candidatura al 2017? Per il momento non è chiaro se Hollande vuole ripresentarsi o no. Sarebbe un vero suicidio. In caso negativo, forse ci saranno delle primarie che, invece, sono già fissate a novembre per il centrodestra, il partito dei Repubblicani. «Se Hollande si presenta, Macron lo sosterrà: nutre per lui una fedeltà totale, nonostante tutto», sottolinea il grande amico di Emmanuel, Richard Ferrand. «Ma se l’attuale presidente rinuncia, tutto è possibile». Tanto più che, dopo averlo messo avanti sulla legge che porta il suo nome, il ministro dell’Economia è stato un po’ marginalizzato dal duo Hollande-Valls, anche nel quadro del nuovo provvedimento sul lavoro, ora alla sua fase ultima di preparazione. Doveva essere una sorta di Jobs Act alla francese, ma il premier e il presidente, che hanno preso in mano la situazione, hanno già rinunciato ad alcune normative che avrebbero dovuto rendere più flessibile il mercato del lavoro, dopo che il movimento studentesco e i sindacati sono scesi (una volta) in piazza. Macron dice sempre che la flessibilità, in un Paese dove solo poco più del 10% dei nuovi contratti è a tempo indeterminato (il resto è a limite o precariato puro), esiste già e va soprattutto gestita.
Se Hollande dicesse no per il 2017, l’altro candidato sicuro è proprio Valls. Chissà se un giorno si affronteranno lui e Macron. L’angolo contro la linea curva.