Massimo Calandri, il venerdì 25/3/2016, 25 marzo 2016
PICCOLI VALENTINO CRESCONO
TAVULLIA (Pesaro-Urbino). Sul cancello d’ingresso della scuola ci sono due pistole a tamburo, stile vecchio West. Niente paura: il «collegio», nascosto nella campagna a mezz’ora dal mare, lo chiamano Ranch. Bandiere gialle col numero 46, o a scacchi bianconeri. Cartelli ironici, strampalati; una freccia indica «alla dritta» da un lato, e «alla rovescia» dall’altro. Due case coloniche dai muri screpolati, il cortile di ghiaia. Inutile cercare le aule o i banchi, niente lavagne. Però i ragazzi anche oggi faranno lezione fino al tramonto: sono laggiù con quel matto del Professore, oltre la collina. Tra poco spunteranno dietro la curva, il rombo è sempre più vicino. Eccoli. Si rincorrono felici lungo uno sterrato bianco, lo stivale che a ogni tornante striscia per terra mentre la mano destra apre il gas. Nuvole di fumo e polvere. Si superano, si sfidano per un centimetro d’orgoglio in più e quasi ti sembra di sentirli ridere, sotto i caschi. Intanto i bidelli, devono essere qualcosa del genere, preparano un infinito tavolone stretto e lavorano allegri alla griglia. La mensa degli studenti. Musica di motori, profumo di salsicce. Di libertà, di amicizia.
Benvenuti alla Vr46 Riders Academy, scuola spericolata e spensierata, dove alcuni tra i migliori giovani piloti italiani studiano – gratis – per diventare come il loro Professore matto: Valentino Rossi, nove volte campione del mondo, da 20 anni il numero uno. «Questo sport mi ha dato tanto: ho cominciato che ero un bambino, e non è ancora finita. Mi piacerebbe restituire qualcosa, regalare una opportunità agli altri». Quella di diventare come lui, o almeno provarci. Da adolescente s’allenava alla Cava, fango e detriti edilizi vicino a casa. Faceva cross da mattina a sera, Valentino. Irrobustiva muscoli e carattere, imparava a domare la moto. Molto tempo dopo, nel 2011, ha rilevato qualche ettaro di terra migliore alla Biscia, salendo verso il paesino dalla frazione di Borgo Santa Maria: col papà Graziano ha tracciato una pista di quasi due chilometri, tra saliscendi e sterzate imprevedibili. Anche un fuoriclasse americano, Kenny Roberts senior, s’era costruito un circuito tutto per sé. E allora, il Ranch. Subito ci correva con gli amici più stretti e basta, poi ha cominciato a invitare altri piloti famosi per qualche esibizione. Ma un giorno si è portato dietro un paio di ragazzini della zona: e ha ritrovato nei loro occhi la sua stessa felicità di tante stagioni prima. È così che la storia è iniziata. Due anni fa.
Alessio “Uccio” Salucci è uno degli amici cresciuti a Tavullia con Valentino, segreto e forza del campione. “Uccio”, Alessio Tebaldi e Vale. Inseparabili in pista, nella vita. Sono loro, i docenti dell’Academy, gli altri danno una mano. «Da queste parti anche i neonati respirano motori. All’inizio aiutavamo i più giovani con quel che c’era: un paio di guanti, un casco, una tuta di seconda mano. Poi abbiamo capito che si poteva fare molto di più». Oggi gli allievi del Ranch sono undici, tra i 15 e i 22 anni. Piccoli Valentino crescono. Tre di loro – Romano Fenati, Andrea Migno, Nicolò Bulega – partecipano al mondiale Moto3 con lo Sky RacingTeam Vr46, la squadra allestita dalla pay tv insieme a Rossi.
Andrea viene da Saludecio, tremila abitanti a 10 chilometri da qui. «Ci vediamo al Ranch tutti i sabati dopo pranzo». Le moto li attendono sotto una tettoia. «Corriamo fino a che c’è luce». Col freddo, la pioggia, persino la neve. O nei pomeriggi d’estate, sotto il sole, fa un caldo terribile ma è meglio, perché si va avanti anche fino alle otto». Uno, due, mille giri di pista. Gare a eliminazione, spallate e sorpassi. Quando fa buio si va a cena: carne alla brace, frutta, torte fatte in casa, niente vino però scherzi, risate. E l’analisi video del lavoro fatto durante la giornata, perché c’è sempre qualcuno che li filma. «Lavori dal punto di vista fisico e tecnico. Impari ad affrontare nuove linee, traiettorie».
Romano è il più forte del gruppo, 5 gran premi vinti in due anni e il quarto posto in classifica nell’ultimo mondiale. Viene da Ascoli, s’è trasferito a Tavullia. È severo, il Prof? «Valentino non parla molto. Qualche consiglio ogni tanto. Soprattutto dà l’esempio. Lo osservi: cerchi di capire, di imparare». Durante la settimana i ragazzi vanno in palestra a Tavullia con Carlo Casabianca, il preparatore atletico di Rossi. Sono seguiti anche dal punto di vista psicologico: perché c’è un metodo anche per crescere mentalmente, dal punto di vista della concentrazione.
Dicono che Nicolò gli assomigli da morire. Ha 16 anni, è alto e magro come Vale – anche lui in sella deve rannicchiarsi tutto: «Alzo il sedere, incastro bene le braccia: speriamo di non crescere più» –, i capelli lunghi e biondi, aria stralunata e sorridente. Ha talento, ha appena vinto il campionato europeo. Guarda ipnotizzato il suo mito: «Ti insegna coi gesti. Sorridendo sempre, anche nei momenti difficili. Lavora più di tutti, a 37 anni, con un entusiasmo incredibile. Stargli vicino mi sembra un sogno».
Il papà di Nicolò, Davide Bulega, è stato un buon pilota professionista. Una volta diede un passaggio sul suo camper a un ragazzo che aveva l’età del figlio oggi: era il ’96, Valentino Rossi doveva andare a correre il gran premio di Brno, in Repubblica Ceca. Vale aveva con sé il quaderno coi compiti di matematica: da una parte gli esercizi da fare, dall’altra i rapporti del cambio e i dati tecnici della pista. Quella volta vinse la sua prima gara in un mondiale. Quando si dice il destino. «È passata una vita. Un giorno mi chiama Graziano Rossi: “Perché non porti il tuo bambino a giocare un po’ al Ranch?”. Quasi non ci credevo». La famiglia Bulega, emiliana, si era già trasferita da quelle parti, a San Clemente, «perché da Rimini a Pesaro c’è una pista ogni mezzo chilometro». Nicolò corre da quando ha sette anni. «Ma io ho dovuto indebitarmi di brutto: la moto, le gomme, il meccanico, le trasferte. All’inizio mi costava 10 mila euro a stagione. Negli ultimi tre anni avrò speso 200 mila euro. È una follia, lo so, ma una volta che entri nel tunnel – la passione, la speranza che lui diventi un grande – è difficile uscirne». Adesso ci sono l’Academy, lo stipendio dello Sky team. C’è Valentino.
La chiamano scuola, però quella vera? Romano ha lasciato alla vigilia del diploma da meccanico: «Non avevo alternative, con tutte quelle assenze. Ogni gran premio ti impegna dal giovedì al lunedì». Anche Nicolò ha smesso: «Mi vergogno un po’, vorrei riprendere, ma quando?». E pure Andrea. «Luca Marini (il fratello di Rossi) invece tiene duro, è bravissimo. Studia al liceo scientifico, ultimo anno». Ahia, ha paura di non farcela. «Perché gli esami cadranno a fine giugno: proprio nei giorni del gran premio di Assen, in Olanda. La cattedrale della velocità. E chi ci rinuncia?».
Chissà che un giorno alla scuola di Valentino non si cominci a studiare anche sui libri. Forse basterebbe un quaderno di matematica scritto da una parte e dall’altra, per cominciare. Intanto con la Yamaha, storico partner del 9 volte campione del mondo, si è appena chiuso un accordo triennale: l’azienda giapponese metterà a disposizione del Ranch le proprie moto, e per due settimane all’anno a Tavullia verranno organizzati workshop per i migliori giovani piloti asiatici.
Nessun italiano ha mai vinto tanto come Rossi. Infinito. Però c’è stato un momento, quello sciagurato matrimonio con la Ducati, in cui le cose andavano proprio male. È tornato alla Yamaha che quasi non gli credeva più nessuno. Invece. Per due volte secondo nel mondiale di MotoGp, e l’ultima meritava il titolo. Ci riprova oggi, che comincia la nuova stagione con la prima sessione di prove libere in Qatar. Sì, la svolta è arrivata due anni fa. Nuovi allenamenti, un’energia ritrovata. «Il segreto? Il Ranch». L’Academy, il Professore matto che corre con tutti quei ragazzini. Che insegna, si diverte. «Loro mi osservano, mi copiano. Ma non lo sanno, che io faccio lo stesso. Perché c’è sempre da imparare. La scuola non finisce mai».
Massimo Calandri