Stefano Pistolini, il venerdì 25/3/2016, 25 marzo 2016
UN FARAONE A MANHATTAN: LA PROSPETTIVA È MOLTO INTERESSANTE
New York non è una città amica degli architetti, col suo aspro reticolato di regolamentazioni e coi costi proibitivi che fanno di un nuovo edificio, un duello all’ultimo dollaro tra investitori e progettisti. Sintesi di questo scenario di desideri e frustrazioni è l’inaugurazione in questi giorni di uno di quei progetti capaci di modificare lo skyline di Manhattan e dunque oggetto di feroce dibattito. Il VIA 57 West è stato disegnato dal 41enne architetto danese Bjarke Ingels e la commissione gli è arrivata dall’immobiliarista Douglas Durst – lo stesso che ha investito 100 milioni di dollari nella OneWorldTradeCenter. Susanne, moglie di Durst, anche lei danese, ha presentato l’archistar al consorte e nel 2010 la commissione è stata formalizzata, spingendo Ingels a trasferirsi in città perseguire i lavori. «Mi ha colpito perché ogni suo edificio è diverso dagli altri» dice il 71enne Durst «e perché Bjarke lavora con in mente le specificità del luogo in cui costruirà».
Ingels, nel 2011 nominato dal Wall Street Journal «innovatore dell’anno» per l’architettura, è un professionista calato nel ruolo di «creatore di meraviglia». Conosce l’importanza del colpo d’occhio, ma agisce con attenzione alla funzione del progetto e all’equilibrio tra estetica, sostenibilità e impatto sociale. Il VIA sale a un’altezza di 142 metri nel punto in cui la West Side Highway penetra nel centro di Manhattan, nel quartiere di Hell’s Kitchen e sulle sponde dell’Hudson. I suoi 80 mila metri quadri, suddivisi in 700 unità abitative, assumono una forma diversa a seconda del punto d’osservazione: visto dal fiume l’edificio è una piramide distorta ma, se si cambia angolazione, la sua struttura triangolare ricorda un’onda, evocando il padiglione Philips di Le Corbusier per l’Esposizione di Bruxelles del ’58.
Le curvature virtuosistiche e le illusioni geometriche sono il cuore dell’idea di Ingels. Ma l’edificio si presenta poi dotato dei migliori servizi contemporanei, inclusi cinema, piscina e campo da basket. L’artista Stephen Glassman ha realizzato la scultura verticale annessa all’edificio che, con largo uso d’alluminio e acciaio colorato, evoca le vicine acque del fiume. I critici osservano che il VIA non è bello in tutti i suoi scorci, ricorda un albergo aeroportuale e molti spazi abitativi sono soffocanti.
Ma costruire a New York senza deludere e inventando centinaia di balconi che guardino l’Hudson, è una missione quasi impossibile. La piramide di Ingels fa la sua parte: «È la porta di Manhattan. La vedi e dici: ci siamo» dice Durst. Difficile dargli torto: tirar su qualcosa che faccia pensare ai faraoni, è un modo efficace per suggerire al visitatore che diavolo di città ti si sta per schiudere davanti agli occhi.