di Luca De Carolis, il Fatto Quotidiano 27/3/2016, 27 marzo 2016
“ROMA È UN PIATTO DA SPOLPARE. COSÌ L’ABUSO È DIVENTATO LEGGE”
[Intervista a Paolo Berdini] –
Roma è stata spolpata, ma c’è ancora un piatto succulento per i costruttori. È stata cancellata ogni regola, quindi chiunque possieda un po’ di terreno può sperare di sedersi al tavolo”. Paolo Berdini, romano, tra i più noti urbanisti italiani, conosce ragioni e cifre dell’oceano di cemento calato negli ultimi decenni sulla Capitale, con il benestare delle giunte di ogni colore. E invoca una risposta istituzionale: “Il 30 marzo, assieme ai rappresentanti del comitato Salviamo il paesaggio, andrò dal commissario al Campidoglio, Tronca, per chiedere una commissione d’inchiesta sull’urbanistica a Roma. Serve un’indagine pubblica per fare chiarezza su quanto successo almeno negli ultimi 15 anni”.
La Capitale è la città dei costruttori, che spesso sono anche editori: come Francesco Gaetano Caltagirone, proprietario del Messaggero, e Domenico Bonifaci, che controlla Il Tempo. Quanto contano nella Roma del 2016?
Tantissimo. La politica li ritiene interlocutori obbligati, mettiamola così. Hanno risorse e voce.
Ha visto il caso Raggi? La candidata del M5s vuole cambiare il management di Acea, municipalizzata di cui è socio Caltagirone: Messaggero e Pd l’hanno massacrata.
Un candidato, di qualunque orientamento, ha pieno diritto di dire ciò che ha detto la Raggi. È la democrazia.
C’è la crisi, tanta gente non può neppure pagare un affitto. Eppure a Roma continuano a tirare su palazzi. Perché?
È la domanda centrale. In città attualmente ci sono tra i 160 mila e i 180 mila alloggi invenduti. Un’enormità, a fronte di una popolazione che non cresce di numero.
Non servono nuove case per nuovi abitanti.
Assolutamente no.
E allora?
E allora ciò che spinge a costruire senza sosta possono essere due motivi. Il primo è il sempre più forte interesse dei fondi stranieri per i nostri immobili, a Roma come a Milano. Comprano, molto. E quindi i costruttori italiani potrebbero anche sperare di rivendere loro immobili.
E la seconda ragione?
A Roma ci sono tra i 40 mila e i 50 mila cittadini che vivono in case occupate e baracche. Il Comune potrebbe pensare di sistemarli negli appartamenti costruiti dai privati, comprandoli.
È solo un’ipotesi.
Sì. Ma in queste settimane se ne sente parlare. In vari ambienti.
Come mai è così facile costruire?
La chiave si chiama accordo di programma. Comune e privati si mettono d’accordo, e salta quasi ogni vincolo, compresi i parametri del piano regolatore. A Roma se ne è fatto un incredibile abuso. E il piano regolatore, peraltro fatto male, risale appena al 2008.
Come si arriva a questa porta per il cemento?
L’accordo di programma era previsto da una legge del 1990, e contemplava un’intesa tra vari enti per realizzare opere di rilievo. Ma certi vincoli, come il no della Soprintendenza, rimanevano.
E invece poi?
Ha preso piede una variante: il privato va dall’amministrazione e chiede di poter costruire in una determinata area. In cambio si impegna a dotarla a proprie spese di servizi, dalle vie di accesso all’illuminazione, e offre i soldi degli oneri di urbanizzazione.
Nessun ente può dire nulla?
Ha provveduto il governo Renzi a eliminare ogni ostacolo con la legge Madia del 2015 che prevede, quindi legittima nero su bianco, l’accordo di programma tra privati e Comune. Soprattutto, ha introdotto il silenzio assenso da parte degli enti interessati. Se entro 45 giorni non dicono nulla sull’intesa, vale come un sì.
E se un altro ente si mette di traverso?
Si vota a maggioranza, di fatto. Ma la pratica può essere mandata alla presidenza del Consiglio, come una sorta di giudice di ultima istanza. Immagini cosa può rispondere, dopo una legge come questa.
I Comuni vanno lisci.
Basta una votazione, con cui il Consiglio attesta che un determinato progetto edilizio è di interesse pubblico. Le giunte di centro-sinistra, come quella Alemanno, ne hanno fatte in abbondanza.
Facciamo esempi?
Le posso citare un complesso nel quartiere popolare di Acilia. Un imprenditore incassa la trasformazione di immobili da non residenziali a residenziali. In cambio, si impegna a realizzare un sottopasso per la via Cristoforo Colombo. Le case sono state quasi tutte vendute. Ma del sottopasso nessuna traccia.
Vada avanti.
Sempre con accordo di programma, quattro palazzi nel quartiere Bufalotta, edificati da un grandissimo costruttore. Le case sono tutte abitate, ma per le strade manca ancora l’illuminazione.
C’è lo scandalo piani di zona.
Secondo una legge degli anni 60, si possono costruire case da vendere a prezzi controllati, stabiliti dalla legge. Ma a Roma i costruttori le vendono a tariffe molto superiori. Il trucco è che hanno adoperato materiali di qualità leggermente superiore ai parametri. In cambio reclamano prezzi più alti.
Quali sono i nuovi affari?
Ci si sta spostando verso aree più sensibili dal punto di vista ambientale. Ma tra i nuovi affari, anche questo con accordo di programma, c’è lo stadio della Roma a Tor di Valle. In ballo ci sono Unicredit e due suoi debitori, il costruttore Parnasi e il presidente della Roma Pallotta. Vogliono costruire uffici per un milione di metri cubi.
di Luca De Carolis, il Fatto Quotidiano 27/3/2016