di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 27/3/2016, 27 marzo 2016
GLI IMPIEGATI DELL’ANNO
La buona notizia è che i partiti hanno scoperto il web. Mentre B., che fino a poco fa confondeva Google con Gogol, assicura che “ho deciso finalmente di studiare Internet”, il Corriere annuncia che il Pd ha schierato addirittura una “task force dai toni duri”, una poderosa “community”, un “pacchetto di mischia” di grandi twittatori: un trust di cervelli formato da Andrea Romano, Ernesto Carbone, Stefano Esposito e altre comparse da talk, capitanato da tale Alessia Rotta, “responsabile comunicazione”, ora “in giro per l’Italia ad alfabetizzare le strutture locali sull’uso politico dei social” e a “fornire a chi sta sul territorio materiale utile – testi, video, infografiche – per controbattere agli oppositori, in particolare del M5S”.
La brutta notizia è che tutto questo agitarsi sui social non è finalizzato a una maggiore trasparenza della Casta. A nessuno, per dire, viene in mente di mettere online gli scontrini di Renzi sindaco di Firenze (le opposizioni a Palazzo Vecchio li aspettano da un anno, dopo quattro o cinque accessi agli atti respinti dalla giunta Nardella), i rendiconti dei cosiddetti rimborsi ai gruppi parlamentari (più segreti della verità su Giulio Regeni), i finanziatori delle campagne elettorali, delle finte fondazioni e delle cene di autoforaggiamento del Pd con Buzzi & C. (più top secret del sequestro Abu Omar). Nessuno si sogna di usare la Rete per comunicare i programmi dettagliati dei candidati sindaci alle prossime amministrative (più fumosi di una supercazzola del conte Lello Mascetti). No, l’improvvisa fregola socialara porterà solo qualche insulto in più con le opposizioni (come se non bastassero i talk show), qualche balla in più sui miracoli del governo (come se non bastassero i tg) e soprattutto qualche difesa d’ufficio in più dei padroni del vapore che sponsorizzano ventre a terra i vecchi partiti per il terrore di perdere le vecchie greppie.
Ne hanno fatto le spese, negli ultimi giorni, due rari politici che osano opporsi ai poteri forti: Virginia Raggi dei 5Stelle, linciata dal Pd per conto dell’ottavo re di Roma, Francesco Gaetano Caltagirone; e Michele Emiliano, governatore della Puglia e pidino anomalo, l’unico dei 9 presidenti di Regione che, avendo innescato il referendum No Triv, osa continuare la campagna per il Sì dopo che il diktat di Palazzo Chigi ha ammutolito gli altri 8 suoi colleghi. Lunedì, appena Renzi ha diffuso le sue panzane sulle trivelle al servizio dei petrolieri, Emiliano gli ha dato del “venditore di pentole”.
E l’ha sfidato a un confronto sui contenuti alla Direzione Pd fissata per quel giorno. Allora Renzi l’ha annullata con la scusa dell’incidente in Spagna costato la vita a 7 studentesse italiane. Ma il lutto non gli ha impedito di sciogliere i dobermann su Twitter contro il putribondo dissenziente. Lorenza Bonaccorsi: “Passi M5S, ma Emiliano che attacca Renzi ogni giorno è lo stesso che non vedeva la situazione vergognosa delle Ferrovie Sud? Smemorati”. Ernesto Carbone: “Ma Emiliano, nel giorno in cui il Pd sposta la Direzione per lutto, preferisce insultare Renzi invece di rispondere su Ferrovie Sud e liste d’attesa sanitarie nella sua regione? #passavoli’percaso”. Alessia Morani: “Emiliano si concentra sulle trivelle altrimenti dovrebbe parlare di Ferrovie Sud e sanità. Vuoi mettere insultare il premier? #triveggole”. A parte la finezza dell’umorismo, gli argomenti del trio ricordano quelli dei Vitogasparrischifani che, ai tempi di B., andavano in tv e, chiunque incontrassero della sinistra, qualunque fosse il tema, tiravano fuori Stalin, Pol Pot, Cuba e le foibe.
Purtroppo i tre analfabeti, che vorrebbero alfabetizzare non si sa bene chi, non sanno letteralmente di che parlano. Lo scandalo delle Ferrovie Sud-Est non riguarda la Regione Puglia, che anzi ne è vittima, ma il governo Renzi, proprietario della società al 100% col ministero dei Trasporti e responsabile unico del controllo sul management (finalmente commissariato dal ministro Delrio, proprio su richiesta – peraltro non dovuta – di Emiliano). Quanto ai tagli alla Sanità, è stato il governo a imporli alla Puglia. Così il twitter bombing sganciato dalla mitica task force per conto dei petrolieri è esploso nelle mani di chi l’aveva confezionato.
Ma intanto i bombaroli del cinguettio erano già passati a cannoneggiare la Raggi, rea di aver annunciato la tabula rasa all’Acea, eterna mangiatoia di politicanti e caltagirini, con gran disdoro di don Francesco Gaetano e del suo Messaggero.
L’altroieri, non contenti di ritwittare paro paro le panzane del Messaggero sui “71 milioni persi dai romani”, gl’impavidi pidini hanno addirittura presentato un’interrogazione al loro governo (a firma Ranucci, Astorre, Cirinnà e Sposetti) invocando “un intervento di Consob per valutare i danni causati dalla candidata M5S all’Acea, ai cittadini romani e al tessuto produttivo della Capitale”. Cioè al compagno Caltagirone. Par di sognare: questi impuniti, che ogni giorno salvano dall’arresto qualche deputato o senatore ladro, abusando dell’immunità/insindacabilità parlamentare, vorrebbero usare la Consob (svegliandola fra l’altro dal dolce sonno sui crac bancari) per tappare la bocca a un’esponente dell’opposizione che fa il suo mestiere: cioè dice la sua sul futuro di una società partecipata dal Comune che si candida a governare senza chiedere il permesso a Caltagirone, cosa che i nostri eroi fanno anche quando gli scappa la pipì.
È il loro modo di intendere il famoso “primato della politica”. Ora, come direbbe Luttazzi, sono tutti in corsa per il premio Impiegato dell’Anno.
di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 27/3/2016