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 2016  marzo 27 Domenica calendario

SIAMO MAGLIA NERA IN EUROPA PER RISORSE IN SCUOLA E CULTURA

Lui, Giulio Tremonti, smentì di averla mai pronunciata la fatidica frase. Era l’ottobre del 2010, e fu l’allora ministro della Cultura Sandro Bondi - che cercava (senza successo) di salvare il bilancio del suo ministero dalla scure dei tagli alla spesa - ad attribuire al suo collega dell’Economia Tremonti un terribile motto: «Con la cultura non si mangia». Poco importa se la frase fu detta o no: quel che conta è che in quella stagione i finanziamenti alla cultura (ma anche all’educazione, se si ricorda la riforma Gelmini e il taglio degli insegnanti) furono drasticamente ridotti. Una politica che è proseguita, forse in modo peggiore, con il governo di Mario Monti. E che né Enrico Letta né Matteo Renzi (entrato in carica nel febbraio del 2014) sono riusciti a modificare. Risultato, come ieri ha comunicato Eurostat esaminando i dati del 2014, siamo gli ultimi in Europa per la percentuale di risorse investite in istruzione. E i penultimi per la spesa in cultura.
I dati del 2014 sono gli ultimi disponibili, e come ieri si sono affrettati a comunicare dai ministeri interessati nonostante la giornata festiva, è possibile che nel 2015 la situazione sia un po’ migliorata. Bisogna infatti considerare gli stanziamenti legati alla riforma scolastica e le assunzioni di insegnanti, così come le diverse misure varate dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, che se non altro hanno invertito la tendenza: per il 2016 gli stanziamenti sono aumentati del 27%, sono state sbloccate 500 assunzioni, varato un due per mille per le istituzioni culturali, rafforzato il credito d’imposta e l’«art bonus». Dovremo aspettare però due anni per sapere se questi interventi - pure accolti favorevolmente da un esausto mondo della cultura - sono serviti per farci conquistare qualche posizione in classifica. Non è detto che bastino.
Vale la pena comunque sottolineare che è molto difficile fare comparazioni e valutazioni su voci statistiche molto ampie e generali: basti pensare che nella voce «cultura» Eurostat considera anche lo sport in senso lato, il mondo dell’informazione e gli stanziamenti per l’attività religiosa. In ogni caso nel 2014, rileva lo studio Eurostat, l’Italia ha destinato all’istruzione solo il 7,9% della propria spesa (in calo dall’8% del 2013) a fronte del 10,2% medio europeo. Per quanto riguarda la spesa per la cultura siamo invece penultimi, con una quota sulla spesa pubblica complessiva dell’1,4% a fronte del 2,1% europeo. Ma mentre è più alta la spesa per la religione e «altri servizi per la comunità» (lo 0,2% della spesa a fronte dello 0,1% medio Ue) la spesa per i servizi culturali (cioè il funzionamento o il sostegno a biblioteche, musei, gallerie d’arte, teatri e così via) è ferma allo 0,6% della spesa pubblica, a fronte dell’1% medio in Europa.
Al contrario, spendiamo in proporzione più fondi pubblici degli altri per la voce «servizi generali», area nella quale sono compresi gli interessi sul debito oltre alle spese per gli organi elettivi e molte di quelle per il funzionamento della pubblica amministrazione. Per queste voci va via il 17,4% della spesa pubblica rispetto alla media Ue del 13,9%. Per quanto riguarda la spesa per la protezione sociale e il welfare siamo sui livelli medi (41,8 contro il 40,4% Ue), anche se spendiamo in proporzione di più per le pensioni e di meno per disoccupazione, disabilità e famiglia. Se si guarda alle percentuali in rapporto al Pil, la spesa per l’istruzione in Italia è del 4,1% contro il 4,9% della media Ue: rispetto ai partner europei siamo in linea nell’educazione primaria, lievemente più in basso per quella secondaria, mentre siamo lontanissimi dalla media per l’educazione universitaria, post-universitaria e nella ricerca (0,3% del Pil contro lo 0,8% medio). Così non andremo molto lontano.
Roberto Giovannini, La Stampa 27/3/2016