Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 27/3/2016, 27 marzo 2016
CRESCITA E INFLAZIONE IPOTECHE SUL DEBITO
Come garantire la discesa, sia pur minima, del debito con un Pil in frenata nei dintorni dell’1,3% quest’anno (ma il risultato finale potrebbe essere ancor più ridotto) e un’inflazione di poco superiore allo zero?
Ruota attorno a questi nodi l’assetto delle principali variabili macroeconomiche, che il Governo si accinge a inserire nel Documento di economia e finanza il cui varo è atteso attorno al 10 aprile. Si tratta di stime, certo, ma il passaggio non è solo formale, poiché è anche sulla base dei nuovi dati che la Commissione Ue calibrerà il suo giudizio sui conti pubblici italiani, previsto per metà maggio. L’impressione è che quest’anno, in misura ancor più marcata rispetto al 2015, il vero punto di riferimento sarà la Nota di aggiornamento di metà settembre, su cui si baserà la prossima manovra di bilancio. Sono infatti diverse e concomitanti le variabili esogene in campo, il cui andamento può ribaltare l’intero quadro previsionale: dal rallentamento delle economie emergenti all’incerto impatto sull’inflazione della manovra espansiva della Bce, per finire con le conseguenze dell’offensiva terroristica e dell’emergenza migranti sull’economia dell’intera eurozona. La partita più impegnativa è sul versante del debito, come più volte ha ribadito la stessa Commissione europea e da ultimo la Bce. L’obiettivo minimo è centrare quota 132,4%, in linea con le previsioni invernali di Bruxelles, così da garantire quel margine di riduzione dello 0,2% rispetto al 132,6% del 2015 su cui calibrare la strategia di politica economica per il 2017. Potrà soccorrere la cessione dell’ulteriore quota di Poste italiane, che porterebbe la partecipazione del Tesoro dal 65% al 35%, per un incasso di circa 2,6 miliardi. Non saremmo tuttavia nemmeno in questo caso in linea con il timing previsto dalla regola del debito. Anche per le incognite che permangono sul fronte della riduzione del deficit strutturale, stante il peggioramento dello 0,7% certificato dalla Ue per l’anno in corso. La trattativa è in corso e si concentra sull’entità del possibile scostamento sul versante del deficit nominale. Il Governo punta a concordare un nuovo target per il 2017 di circa un punto di Pil superiore all’1,1% previsto dalla Nota di aggiornamento dello scorso settembre. Maggior deficit che negli intendimenti programmatici, di cui si darà conto nel prossimo Def, servirà a neutralizzare gli oltre 15 miliardi di aumento dell’Iva e delle accise, che altrimenti scatterebbero dal prossimo anno. Si potrà provare ad elevare ancor più l’asticella per finanziare parte delle misure fiscali in cantiere (l’anticipo di una prima tranche di taglio dell’Irpef resta tra gli obiettivi). Ma evidentemente non basterà. Ecco perché, nonostante le reiterate frenate delle scorse settimane, dovrà rientrare in campo la spending review, attraverso il simultaneo intervento sia sulle partecipate che sulle agevolazioni fiscali.
Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 27/3/2016