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 2016  marzo 27 Domenica calendario

IL COMPLICE IL FERITO ALLA FERMATA DEL TRAM GIÀ CONDANNATO PER L’OMICIDIO DI MASSOUD NEL SETTEMBRE 2001

BRUXELLES.
In un cerchio che si chiude, simbolicamente e materialmente, quindici anni dopo l’anno che cambiò la storia del mondo, il 2001 delle Torri Gemelle e del Pentagono, si ritorna lì dove tutto è cominciato — Molenbeek e Schaerbeek — per inciampare in un nome che fece prendere una traiettoria irreversibile alla parabola del Terrore islamista. L’uomo ferito ad una gamba venerdì pomeriggio alla fermata Meiser della linea T del tram, nel quartiere di Schaerbeek, ripreso mentre si contorce su una banchina prima di essere trascinato via dalle teste di cuoio dell’antiterrorismo belga, è un algerino di 38 anni. Si chiama Abderahmane Ameroud e ha contribuito a scrivere un capitolo cruciale del jihadismo in Europa. Quello che aprì la stagione di Al Qaeda.
Correva l’anno 2007 e Abderahmane Ameroud veniva infatti condannato a sette anni di reclusione da una corte francese quale membro di una filiera di falsari e reclutatori (con Ameroud, ne facevano parte Adel Tebourski, cittadino francese di origini tunisine, Youssef el-Aouni, francese di origini marocchine, Merhez Azouz, franco-algerino) che, a partire dal 2000, avevano avviato volontari francesi di origine magrebina verso il fronte afghano e pachistano.
Si facevano chiamare “i campeggiatori”, ma la cosa più importante — come documentato dal corposo dossier di quel processo celebrato in Francia — era che almeno uno di loro, Ameroud, aveva partecipato alla pianificazione dell’omicidio di Ahmad Shah Massoud, “il Leone del Panshir”, il celebrato comandante afgano già eroe della resistenza contro l’occupazione sovietica e quindi a capo dell’Alleanza del Nord, la cui forza militare aveva impedito, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, la caduta dell’Afghanistan nelle mani dei Taliban e dunque di Al Qaeda. E la cui morte avrebbe contemporaneamente segnato il destino dell’Afghanistan e garantito, con l’eliminazione dell’ultimo ostacolo, il radicamento di Bin Laden e di legioni di qaedisti nel paese del mullah Omar.
Massoud era stato assassinato il 9 settembre del 2001, due giorni prima dell’11 Settembre, a Khvajeh Bahaod-Din, nel nord dell’Afghanistan, dilaniato dall’esplosione di una bomba nascosta nella telecamera di due tunisini che si erano spacciati per giornalisti di una televisione marocchina. All’attentato non erano sopravvissuti né Massoud, né i suoi due assassini (il primo morto al momento dell’esplosione, il secondo ucciso durante un tentativo di fuga). Ma l’identità di quei due finti reporter aveva portato al quartiere/città di Bruxelles in cui erano stati reclutati per la loro missione suicida — Molenbeek — e all’uomo che li aveva indottrinati: Sayf Allah Ben Hassine, detto “l’Emiro”, fondatore di Ansar Al Sharia, costola di Al Qaeda.
Ebbene, nell’orbita dell’Emiro si muoveva anche Ameroud e alla sua cellula francese dei “campeggiatori” erano appunto legati i due “martiri” di Molenbeek. «La dimostrazione — osserva una qualificata fonte di intelligence italiana — della profondità delle radici dello jihadismo franco-belga e del suo radicamento sull’asse Parigi-Bruxelles. Quindici anni fa le filiere franco-belghe erano la piattaforma logistica di Al Qaeda in Europa. Ora, una generazione dopo, sono diventate il braccio armato dell’Is che ha soppiantato Al Qaeda per essere riuscito lì dove Bin Laden e Al Zawahiri fallirono: la nascita del Califfato. Sono cambiati gli uomini e le sigle. I luoghi e i percorsi dell’indottrinamento all’odio sono al contrario rimasti gli stessi».
Come del resto conferma anche l’accusa per la quale Ameroud è stato arrestato venerdì a Schaerbeek. A lui si è arrivati dopo che giovedì scorso, ad Argenteuil, in Val d’Oise, Francia, l’antiterrorismo francese aveva catturato l’uomo con cui era in collegamento: Reda Kriket, condannato in contumacia nel 2015 dalla giustizia belga a 10 anni di reclusione per associazione terroristica nello stesso processo in cui era stato condannato per lo stesso reato Abdelhamid Abaaoud, il ring leader della cellula delle stragi di Parigi.
Da Al Qaeda all’Is, dunque. Stessa rotta e, per una volta, uno stesso uomo.
CARLO BONINI, la Repubblica 27/3/2016