Pier Andrea Canei, Style, Corriere della Sera 4/2016, 29 marzo 2016
MARIA PIA E L’ARTE DELLA FELICIT
[Maria Pia Calzone]
Donna Imma è morta. Viva Donna Imma: perché il personaggio (moglie del capoclan Pietro Savastano nella serie Sky tratta da Gomorra), diventato un piccolo grande cult televisivo, ha rivelato ai più il fascino e la bravura della sua interprete, l’attrice Maria Pia Calzone. Che Style ha intercettato durante la tournée del pezzo teatrale ricavato dalle prove per la fortunata cine-commedia in cui recita con Sergio Rubini (anche regista), Fabrizio Bentivoglio e Isabella Ragonese: (Provando) Dobbiamo parlare.
Prima di Gomorra stava meditando seriamente di lasciar perdere. Che è successo dopo?
«Ci avevo pure pagato la psicologa. Mi diceva: quando desideriamo tanto una cosa investiamo l’interlocutore del nostro desiderio, gli viene buttata addosso la responsabilità del tuo benessere, e quello si prende paura. E io prima forse comunicavo: “Vi prego, prendetemi”. Quando ho superato la paura del giudizio, sono andata ai provini spavalda: “Ve la faccio così, vedete voi”».
Adesso con Sergio Rubini a teatro. E poi?
«Presterò la voce a un film d’animazione: L’arte della felicità. Bellissimo: un omaggio iperfuturista a La Gatta Cenerentola di Roberto De Simone, ma anche alla favola di Giambattista Basile da cui quel pezzo discende. Io faccio la matrigna cattiva: la mamma di sei figli assurdi, in un panfilo alla deriva. E devo pure cantare. Ansia totale».
Sparigliamo i ruoli...
«...Come a fare le foto per Style: queste cose da modella non è che facciano per me. Il fotografo (Toni Thorimbert, ndr) mi faceva “oh yeah oh yeah”, e pensavo: no, io e la panza mia con le varie Giselle e compagnia, non c’entriamo nulla».
«Io e la panza mia»? Un modo di dire curioso...
«Eh. Noi donne, se non ci fustighiamo da sole...».
Lei dà più l’idea di quella che fustiga gli altri.
«Io? Le persone a conoscermi rimangono male: “Vabbé, ma dov’è la cattiveria? dov’è l’arroganza?” E io: scusatemi tanto, scusate...».
Prima di diventare nota a tutti come dark lady gomorriana, già aveva fatto molte cose. Ad esempio: recitare con Christan Bale.
«In Equilibrium, un film di fantascienza del 2002, girato tra Roma e Berlino. La casting director americana in Italia mi costrinse a fare pure una cena per ringraziare per il ruolo: fai una bella cena per la produzione! Andai perfino a comprare i piatti, che non avevo: saranno stati in 25... E lei: “Puoi fare quel piatto di pesce, curry verde e pannocchine che mi piace tanto”?».
Maria Pia e la cucina etnica...
«Sono una cialtrona appassionata, alla Nigella Lawson. E il mio mito: butta in pentola un poco di questo, un po’ di quello. Caccia piatti incredibili. Vabbé, anche Benedetta Parodi fa così... Ha la mia stessa simpatia per il cibo. Ma è al mio livello, non mi stuzzica. Nigella sì, è una zozzona adorabile. A me piace il piatto etnico, lo Street food, la cucina della tradizione».
Quale tradizione segue? Parli delle sue radici.
«Da piccolina stavo a Brescia. A Napoli ho vissuto gli anni di scuola... lì ritrovo l’odore di casa, ma non la casa. Se sogno le radici, sogno il paese dei nonni, nel beneventano. Il tempo della spensieratezza: stavo lì d’estate, senza i miei, senza orari, né limiti, né regole... Ho memorie alimentari: i peperoni, la pasta, era tutto “di Maria Pia”. Mio nonno che mi trova una sera al bar mentre gioco a flipper con i maschi, e la nonna che fa scattare la massima punizione: “Ti avevo fatto i peperoni imbottiti, ma non te li do”».
Di recente, in Dobbiamo parlare, l’abbiamo vista nei panni di una dermatologa della high society romana. Dopo Scampia, location di Gomorra, i Parioli: un bel derby.
«A Roma ci vivo da 23 anni, ho assimilato certi toni. Ma ultimamente è quasi invivibile. Penso anche solo alle amiche con le caviglie slogate perché son finite in una buca. È una situazione borderline. Quasi collasso. Scampia? Sfatiamo questo mito: è un posto, ordinato e abitato da persone perbene».
Ma come è stato girare Gomorra?
«La cosa più assurda: girare una scena all’obitorio vero, su una barella vera, nella stanza con le celle frigorifere. Intorno alle maniglie di una cella vedevo tutti questi schizzi di sangue. E ho chiesto: ma perché? E uno degli addetti mi dice che era un contenitore di pezzi di resti umani. Quando sono tornata in albergo mi sono lavata tutta, con l’ovatta e l’acqua ossigenata».
Dopo la serie ha fatto tutt’altro. Perfino girare il video di Non ho che te di Ligabue...
«Un bel tema: la storia di un uomo che ha perso il lavoro, e la donna che gli rimane accanto e cerca di non farlo soccombere sotto il peso della depressione. In un video musicale il racconto non passa per le parole, è come cinema muto».
Cosa consiglia di recuperare della sua filmografia precedente? Non era conosciutissima...
«Mater Natura (del 2005, regia di Massimo Andrei, ndr) pur apprezzato, avrebbe meritato distribuzione e promozione più ampia: una storia sul tema dei transessuali, in forma di commedia ma affrontato con intelligenza, ironia. Un film che insegna un sacco di cose, e che fa bene in una società spesso ancora razzista e omofoba».
Temi di attualità...
«Come il terrorismo: io sono il target perfetto di Isis. Fanno breccia su di me, me la faccio sotto. Vivo male questo periodo; mio figlio fa una scuola internazionale e davanti abbiamo la camionetta dei militari, il mitra spianato. A me tocca spiegargli perché, e lui dice: “Ma non potrebbero solo fare il loro terrore senza uccidere?”».
Inquietudini globali, ormai nelle vite di tutti.
«Il Capodanno di Colonia è una storia che mi ha sconvolto. Le verità stanno sempre nel mezzo; certo è una situazione difficile. Cerco di studiare, essere al corrente, ma saranno tempi difficili. Anni fa, un episodio l’ho anche vissuto sulla mia pelle. Un attacco d’ira, un’offesa al fatto di essere donna, brutte parole sulla mia femminilità. Come dire, “tu non sei niente” – mi è rimasta l’idea che lo scontro di civiltà passerà per le donne».
E i complimenti pesanti? Come reagisce quando le danno della «Milf» (acronimo inglese, in uso per definire donne mature e desiderabili)?
«(ride) Hai voglia se me l’hanno data della Milf! Quando giravamo Gomorra, mi facevo tutti questi
pipponi sul personaggio, e il regista Stefano Sollima (un genio!) mi faceva parlare e poi zittiva così: “Te devi solo ricordà che sei una gran fi..”. Poi magari mancavo dal set cinque settimane e quando tornavo, al primo ciak diceva: “A cì, te lo ricordi chi sei?” e io: “Una gran fi..”. Poi, uscita la serie, sono nati sul web interi forum su Donna Imma e la sua carica “milf”. E Sollima: ma non è che avremo esagerato con sta storia? Vabbé, ma anche basta. Ho l’età che ho, sono madre...».
L’età e la bellezza: dobbiamo parlarne?
«Quando ti guardi allo specchio la tua idea di te stessa è come dire ferma alla tua giovinezza: tu dentro ti senti giovane. Io ho un animo così. La chirurgia plastica? Capisco le donne che sentono il bisogno di togliere la stanchezza dal viso. Io però faccio l’attrice: sarebbe un errore. Devo portare con me i segni del tempo. Nemmeno il botox mi sta bene, mi viene lo sguardo da micia strana. Semmai meglio le radiofrequenze, o anche le vitamine. Certo, a 48 anni penso che oltre all’aiuto della natura ci voglia un po’ di accortezza».
Peraltro, ha l’aria di viversela bene...
«Ma certo. Di questa specie di successo sono eternamente grata. Anche se dovesse finire qua. Sto vivendo un sacco di prime volte. La prima sfilata da Giorgio Armani. La prima volta nella suite di Russell Crowe a bere un drink! (con Isabella Ragonese)... La prima volta che uno stilista mi regala dei vestiti, la prima volta che arrivano scarpe tutte smeraldate in una scatola... La prima volta che sono andata da Fabio Fazio... E la prima volta che ho fatto un servizio fotografico per una grande rivista internazionale: mi è arrivata la stylist da Parigi; io ho detto: “Mi sono portata un reggiseno color carne e uno nero”, e lei per tutta risposta ha aperto un armadio: aveva preparato cinque cassetti solo di reggiseni».
Tutta una festa glamour.
«Cose che potrebbero finire domani, e va bene così. Chi raggiunge la notorietà da molto giovane magari lo dà per scontato, non ne coglie l’aspetto ludico giocoso. Mentre io sono estremamente grata a tutti, anche ai super professionisti impegnati a farmi venire bene in una foto. È una cosa di rispetto. Tutti mi dicono: come sei gentile, educata. E io: perché, la gente com’è? Ma che razza di truzzi ci stanno in giro?».
Il sogno da attrice?
«Mi piacerebbe fare una delle serie tipo Trono di spade, con tutti quei personaggi pazzeschi che parlano lingue inventate... Una regina di quelle, più del deserto che dei ghiacci. Uno sfogo fantasy con costumi, corna, cavalli... Oppure una cosa per misurarmi con me stessa: un film alla Juliette Binoche, Julianne Moore. Una storia difficile. Come certe di Ferzan Özpetek o Michele Placido...».
Avrà pile di proposte e soggetti...
«La cosa più bella è poter scegliere. Questi ragazzi di Mad Entertainment, quelli del cartone animato, mi hanno detto che mi considerano un valore aggiunto. E Marco d’Amore è venuto a parlarmi di un progetto bellissimo di web-serie. Ecco: ti vengono a cercare. È uno scambio osmotico di benessere, senti che il tuo lavoro (intendiamoci: da saltimbanco, mica opero al cuore) ha toccato le corde di qualcuno, tanto che prova affetto. Di questo sarò sempre grata a Donna Imma».