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 2016  marzo 28 Lunedì calendario

GRAFFITI PER SETTE

Pompei, colma di graffiti: pubblicità elettorale (c’è un’iscrizione elettorale che compare sulla facciata della casa di un Giulio Polibio che dice: «C. Iulium Polibium / aed(ilem) o(ro) v(os) f(aciatis), panem fert», vi prego di eleggere Caio Giulio Polibio edile, sa fare il pane), informazioni per i viandanti («Viator Pompeis pane gustas Nuceriae bibes», gusta il pane a Pompei, vai a Nocera per il vino), divieti («Otiosis locus / hic non est discede / morator», questo luogo non è per gli oziosi, vattene bighellone; «Hospes ad hunc tumulum ni meias ossa precantur / tecta hominis set si gratus homo es miser bibe da mi», passante, non orinare presso questo tumulo chiedono le ossa sepolte di un uomo, ma se sei una persona di buoni sentimenti, bevi (vino) e offrimene; «Cacator sic valeas / ut tu hoc locum trasias», cacatore, possa tu stare così bene da passare oltre questo luogo), ecc (Beccaria, Sta).

Graffito ritrovato in una locanda di Pompei: Ta lia te fallant utinam medacia co po tu vede s acuam et bibes ipse merum (Simili balle, oste, possono costarti caro. Vendi l’acqua e ti bevi il vino puro).

Qualche graffito lasciato da donne pompeiane: Pithia prima cum sparitundio lo hac modo (Pizia Prima lo ha fatto proprio qui ora con Sparitundiolo); Piramo cotidie linguo (A Piramo lo succhio ogni giorno): Iucudus male cala (Giocondo scopa male); Vitalio bene futues (Vitalio, sei un gran scopatore); Fututa sum hic (Sono stata chiavata qui) Euplia hic cum ho minibus bellis MM (Qui Euplia lo ha fatto con duemila uomini belli).

Graffito lasciato da un uomo nella Casa degli Eruditi: Hic ego nunc futui formosa(m) forma puella(m) laudata (m) a multis set lutus intus erat (Qui ho fatto sesso con una bella donna lodata da molti, ma dentro era fango). Si tratta probabilmente della più antica prova dell’uso di un anticoncezionale da parte di una donna (una crema interna che l’amante ha scambiato per fango).

Sui muri si scriveva così tanto che un pompeiano ha lasciato questo graffito: Admiror te paries non cecidisse qui tot scripto rum taedia sustineas (Mi meraviglio di te, parete, che non sei ancora crollata, perché devi sostenere le cretinate scritte da tutti).

Graffiti di insulti a Pompei. Regulus fellat (Regolo fa pompini); Imanis metula es (Sei un minchione di proporzioni colossali); M titinius cinaedus LX (Marco Titinio checca sessanta volte); Aegrota aegrota aegrota (Che ti venga un accidente!!!) (I romani non conoscevano il punto esclamativo. Al suo posto ripetevano più volte le parole: in questo caso, l’equivalente di tre punti esclamativi).

Un graffito sulla parete della latrina della Casa della Gemma ad Ercolano: «Apollinaris medicus Titi imperatoris hic cacavit bene» (Apollinare, medico personale dell’imperatore Tito, qua defecò gradevolmente).

I graffiti più antichi mai ritrovati sono in Francia, nel Perigord nero: risalgono a 37.000 anni fa e ritraggono soprattutto genitali femminili e atti sessuali.

I micropaleontologi dell’Imperial College di Londra, guidati da Randall Perry, attraverso metodi di indagine come il microscopio elettronico e la spettroscopia molecolare hanno scoperto che l’ingrediente principale della "vernice" con cui gli uomini preistorici dipingevano i graffiti nelle caverne è uno strato vetroso che si trova nelle rocce e nelle pareti dei canyon. La vernice preistorica è composta per la maggior parte da silicati, provenienti dall’atmosfera o dalla roccia stessa, che con il tempo si stratificano formando il pigmento.

Gian Luigi Beccaria, sulla Stampa, contro chi oggi sparge sui muri una «colatura di vernice che non sa più esprimersi a parole, ma soltanto imbratta. La protesta si esterna sul muro pulito in quanto luogo istituzionalmente vietato. Come fare la pipì nei giardinetti, in un aiuola pubblica. I muri erano sino a ieri imbrattati almeno con parole. Oggi il mondo-spray evita nella maggior parte dei casi ogni verbalizzazione. Un informe coro di sgorbi di bomboletta sporca senza senso gli spazi appena ripuliti, fungendo da segno cifrato di riconoscimento inespresso. Schizzi analfabeti per segnare il territorio [...] Oggi, è un’imbratto di rabbie. Confesso di sentirmi sollevato quando sbuca qualche brandello di ironia, appena leggo su un muro “fin qui / tutto bene”, “con affetto / e / sentimento / meno te vedo / e meglio me sento!”, o spiritose correzioni, o aggiunte e glosse: in una compare in rosso “l orgoglio / non serve” e accanto, in bianco, di altra mano “(ma l’apostrofo sì)”; oppure, “grazie per / avermi fato / romanista” con aggiunta d’altra mano “e analfabeta”».

«Comunque è uno che si era perso» (graffito comparso sulla statua di Cristoforo Colombo a New York).

«Meno immortalità, più posti nei cimiteri» (graffito nel cimitero di Staglieno, Genova, 1981).

Su un masso di granito che indica la direzione «costa smeralda», qualcuno ha cassato «smeralda», e sottoscritto «troppo». Su un muro di Roma un cartello proponeva la vendita di una «Duna», vecchio tipo di auto Fiat esteticamente poco riuscita: sull’annuncio «Vendo “Duna” amaranto, ottimo stato, 200 km, sedili leopardati, tel. Francesco, ora dei pasti, 02… ecc.» una seconda mano ha aggiunto: «A France’, magna tranquillo».

Nel 2010 Trenitalia ha speso 556.000 euro, solo in Toscana, per ripulire i convogli ferroviari dai graffiti. La superficie imbrattata era di 119 mila metri quadrati, pari a sedici campi da calcio.

Nel primo semestre 2012, Trenitalia ha rimosso nel Lazio 56mila metri quadrati di graffiti a fronte dei 38 mila del 2011. Il costo della rimozione ammontava nel 2012 a circa 350mila euro (237 mila nel 2011).

Nel giugno 2015 il comune di Milano ha messo a totale disposizione dei writer più di cento muri «liberi» per essere decorati. Nessuna restrizione, sanzione o interventi di pulitura da parte di palazzo Marino per questi muri, salvo che per scritte offensive. Resta il divieto di tracciare graffiti altrove (multe di 450 euro).

L’Associazione nazionale antigraffiti, nata nel 2006 col marchio di Forza Italia (primo presidente l’ex senatore Vittorio Pessina). Tuta bianca, pennello e solventi, i volontari dell’associazione, su segnalazione dei cittadini e con l’atorizzazione dei Comuni, rimuovono tag, scarabocchi e invettive, da muri, portoni e saracinesche.

Nel maggio 2015 alcuni dei 1300 volontari che parteciparono all’iniziativa “Bella Milano” tinteggiarono un muretto in piazza Santissima Trinità, non lontano dal parco Sempione. Sul muro però non c’erano solo scritte incomprensibili, ma anche un murales - con api, fiori e altri soggetti infantili - realizzato nel 2001 da due writer, Pao e Linda, con la collaborazione dei residenti della zona. Un modo, all’epoca, per animare una piazzetta poco curata, tanto che all’iniziativa (senza autorizzazioni ufficiali) avevano partecipato anche i negozianti della piazza (un colorificio aveva fornito i materiali) e i bambini, che si erano divertiti ad aiutare i due artisti. Proteste dei residenti e scuse dall’assessore Maran, che chiese agli artisti di ripristinare il murales.

Nel 1971 il New York Times si accorse che nel Bronx le “tag” (firme) che ricoprivano muri e portoni stavano diventando innumerevoli, si moltiplicano ed evolvevano graficamente. Il primo a diventare “un writer” fu un diciassettenne di origine greca che si firmava “Taki 183”. Taki si chiama Demetrius, abbreviato in Demetaki, da cui Taki. Oggi ha una sessantina d’anni, fa il meccanico e abita ancora nel suo Bronx.

I graffiti sul muro di Berlino sono finiti scalpellati a pezzettini nelle case dei turisti.

Un intero pannello del muro di Berlino coperto da graffiti, venduto all’asta, nel 2008, per circa 10 mila dollari.

Nel 2000 gli addetti alle pulizie del Comune di Roma hanno cancellato un graffito di Keith Haring, l’artista morto di Aids nel 1990 a 31 anni: aveva decorato una parte (sei metri per due) della copertura di plexiglas del ponte pedonale della linea A della metropolitana, all’altezza di Via Lepanto. L’opera risaliva al 1984-1985 ed era stata realizzata con una vernice acrilica bianca e trasparente. Rappresentava la tipica sequenza di omini che lo ha reso famoso.

Blu, artista italiano inserito dal Guardian nella lista dei dieci migliori writer di sempre, insieme a Banksy e a Keith Haring.

Quando il Moca di Los Angeles ha chiamato Blu a dipingere una parete con un’opera contro la guerra non si è posto il problema di soddisfare la committenza. Ha disegnato bare di soldati con al posto della bandiera americana un dollaro. Il giorno dopo quel murales è stato imbiancato perché “inappropriato”.

Blu che si è autofinanziato per cancellare due delle sue più celebri opere: Brothers e Chain a Berlino. Rischiavano di essere travolte da un progetto di riqualificazione urbana e commerciale: «Dopo aver vissuto i cambiamenti avvenuti in quest’area negli ultimi anni – ha scritto nel suo blog – abbiamo deciso che era arrivato il momento di cancellarli entrambi».

Ben Eine, artista londinese diventato una star quando David Cameron ha donato uno dei suoi dipinti a Barack Obama. Dopo avere passato vent’anni a dipingere i muri di Londra e avere collezionato tra i quindici e i venti arresti, Eine ha dato una svolta commerciale alla sua arte e oggi collabora con Louis Vuitton. In una intervista all’Independent che gli chiedeva come fosse possibile fare coesistere un’arte nata come illegale con l’alta moda, ha detto che la strada, all’inizio, è stata la sua unica possibilità: «Quando ho cominciato pensavo che stava per cambiare il mondo. Ma quando, 20 anni più tardi, il mondo non era ancora cambiato, mi sono stufato di regole autoimposte».

Una sofisticata tecnica usata per identificare criminali e terroristi avrebbe di recente smascherato Banksy, il misterioso artista britannico che da anni lascia i suoi graffiti sui muri di Londra e di mezzo mondo. Secondo gli studiosi della Queen Mary University di Londra, Bansky sarebbe Robin Gunningham, come aveva ipotizzato nel 2008 il Daily Mail, che aveva condotto una lunga e approfondita inchiesta per "smascherare" la sua identità. In questo caso però ci sarebbe la prova "scientifica". È stata infatti impiegata una tecnologia di localizzazione geografica, mutuata dalla lotta al crimine, che ha permesso di trovare una serie di corrispondenze fra i luoghi a Londra e Bristol dove sono apparse le opere attribuite al "writer" e una serie di indirizzi associati a Gunningham. Lo studio, pubblicato sulla rivista Journal of Spatial Science, è partito dall’analisi di oltre 140 luoghi in cui il graffitaro ha lasciato le sue opere. Gli studiosi hanno creato così una mappa con i cosiddetti "punti caldi", cioè i luoghi in cui Banksy si muove di frequente. Paragonando i dati ottenuti da questo "profilo geografico" con le informazioni pubbliche disponibili, hanno trovato che c’erano diverse compatibilità con gli spostamenti di Gunningham. Bansky, che oggi avrebbe circa 42 anni, è cresciuto a Bristol in una famiglia middle class.

In passato erano state fatte molte ipotesi sull’identità di Bansky, si era detto che poteva essere una donna, o un collettivo formato da diversi writer riuniti sotto lo stesso nome. O ancora che si trattasse di un Robin Banks, di professione macellaio.


I Graffiti di Bansky, spesso anti-capitalisti e pacifisti sono ormai ovunque, da Bristol a New Orleans, dal Muro in Cisgiordania alle collezioni di Angelina Jolie e Christina Aguilera (al costo di decine di migliaia di euro).

Bansky famoso soprattutto dal 2005, quando realizzò nove graffiti sul lato palestinese del muro che divide Israele e Cisgiordania: disegnò bambini che perquisiscono poliziotti e che scavano attorno alle fondamenta del muro, e ragazzi che lanciano fiori anziché pietre.

La celebre faida tra Banksy e un altro noto writer inglese, Robbo. Iniziò quando nel 2009 Banksy ricoprì con un suo lavoro un graffito del 1985 dell’altro, il Camden Robbo, su un muro del Canale di Camden a Londra. Andarono avanti anni a ricoprirseli l’un l’altro. Finché, quando nel 2011 Robbo finì in coma per un incidente, Banksy restituì al rivale il suo spazio riproducendo un Camden Robbo molto simile all’originale.

Un murales di Bansky, Kissing Coppers, che mostra due vigili maschi che si baciano, rimosso da un muro di Brighton e venduto all’asta per 575 mila dollari. Un altro murales a Cheltenham, Spy Booth (ritrae un gruppo di spioni che cercano di intercettare le comunicazioni di una cabina del telefono), rimosso dal proprietario dell’edificio e venduto al collezionista Sky Grimes per un milione di sterline.


Secondo Collier International Italia alcune proprietà a Bristol e a Londra firmate Banksy hanno aumentato il loro valore di decine di migliaia di sterline.


Ormai in tutto il mondo, ci si è accorti che la Street Art fa lievitare i prezzi degli immobili. Il Centro per lo Studio della Moda e della Produzione culturale dell’Università Cattolica di Milano stima che la riqualificazione dei quartieri con opere di arte urbana faccia aumentare i prezzi almeno del 20 per cento. E su alcuni annunci immobiliari comincia a spuntare la scritta “Con vista Street Art”.


L’artista che ha disegnato la celebre immagine bicromatica di Obama durante la campagna elettorale è Shepard Fairey, in arte Obey, grande firma della street art Usa.


Qualche settimana fa il tribunale di Bologna ha condannato per il reato di “imbrattamento” la street artist AliCè, al secolo Alice Pasquini, nota anche all’estero. Ma nel frattempo, il locale museo Genus Bononiae ha deciso di strappare alcuni suoi graffiti e trasferirli per poi esporli.


Le autorità di Pechino, impotenti a sorvegliare oltre 21mila chilometri di muraglia, hanno deciso di riservarne alcune zone alla libera creatività dei visitatori, i quali già prima, eludendo le intimidazioni di cartelli, la sorveglianza di guardie e gli inviti a fotografare i trasgressori, lasciavano le loro firme sui venerabili mattoni della Muraglia. Con le zone dedicate, il governo spera di concentrare così i graffiti in una piccola parte della Muraglia, precisamente l’area della valle di Mutianyu, a settanta chilometri da Pechino, lasciando integro il resto. Il riconoscimento della libertà di graffito a Mutianyu è più un condono, per così dire, che la concessione di uno spazio nuovo per i writers, infatti a causa della sua relativa vicinanza dalla capitale era già il punto più coperto di disegni, firme, scarabocchi.

La tecnica del Reverse graffiti, definita anche clean advertising, clean tagging o green graffiti. Si tratta di un metodo utilizzato per creare immagini e messaggi temporanei su muri, edifici e marciapiedi, che punta a rimuovere lo sporco dalla superficie e crea un’immagine grazie al contrasto sporco e pulito. Un po’ come avviene, ancora oggi, con le scritte “lavami” sulle polverose automobili. E’ sufficiente usare dell’acqua piovana, senza alcuna aggiunta di additivi chimici, e una sorta di stencil in ferro o alluminio per dare la forma all’opera. Il template viene posizionato sulla superficie e il getto d’acqua a forte pressione permette di pulire la pavimentazione solamente nelle parti bucate del disegno, creando l’opera.
La prima realizzazione di un reverse graffito di grandi dimensioni è opera di Alexandre Orion, un writer brasiliano che in una notte del 2007 ha disegnato oltre 1000 teschi in un sottopassaggio della città di San Paolo.

In Corea del Sud hanno ideato una tecnica per trasformare i grigi giorni di pioggia della stagione monsonica in un’esplosione di colori per le strade di Seoul. Nato dalla collaborazione tra l’azienda statunitense Pantone e la School of the Art Institute di Chicago, il Project Monsoon prevede l’applicazione sull’asfalto di una speciale vernice idrocromatica che rimane invisibile fino a quando non viene a contatto con l’acqua, rivelando così la presenza di variopinti murales ispirati alla cultura coreana.