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 2016  marzo 28 Lunedì calendario

MUMMIE PER SETTE

Nello stomaco della mummia di Oetzi è stato trovato l’Helicobacter pylori, un batterio presente ancora oggi in circa una persona su due, e che può essere all’origine di ulcera e gastrite (Sta).

Oetzi, mummia del Similaun trovata sulle Oentzal Alp nel settembre del 1991, riemersa dal ghiacciaio dell’alta Val Senales, a 3.200 metri, dopo 5 mila 300 anni. Indosso un berretto di pelle d’orso, la mantellina di erbe intrecciate, una giacca di pellicce cucite, pantaloni e scarpe di pelle. Un lungo arco, una faretra con 14 frecce, un’ascia di rame, un pugnale di selce. Due recipienti in corteccia di betulla, una specie di zaino, una borsetta di cuoio. Numerosi tatuaggi, due palline di funghi essiccati.

Prima di trovare Ötzi si facevano solo congetture su come si vestissero gli uomini dell’età della Pietra.

Gli archeologi dell’università di Camerino hanno compiuto un’analisi genetica degli intestini di Oetzi. Risultato: prima di morire, l’uomo ha mangiato due volte cereali, carni di cervo rosso e carne di capra.


Tatuaggio sull’avambraccio sinistro di Brad Pitt: la sagoma della mummia di Oetzi.

La mummia di Lenin, imbalsamata nel 1924, da allora, ogni due anni, è sottoposta allo stesso trattamento da parte degli scienziati, che la immergono in una vasca rigenerante riempita di una sostanza segreta. Si vocifera che in realtà si tratti solo di una bambola di cera, o che la salma indossi una tuta di caucciù, per trattenere il corpo ridotto a gelatina. Altri testimoni riferiscono che il corpo è impagliato e di originale sono rimasti solo la testa e le mani, mentre il resto fu mangiato da topi e muffa durante la guerra, quando la salma fu trasferita in Siberia.

Da tempo immemorabile i medici pontifici tentano di imbalsamare i cadaveri dei papi - con alterne fortune. Per un errore dell’archiatra Galeazzi Lisi, il corpo di Papa Pacelli andò in putrefazione: appariva color verde smeraldo e lanciava effluvi che fecero svenire le guardie nobili durante la veglia.

I principali agenti della decomposizione sono gli enzimi, sostanze chimiche presenti nelle cellule che al momento della morte fuoriescono, dissolvono tutto ciò che incontrano e producono un gas che ha un odore nauseante a causa dell’acido butirrico; dopo qualche giorno i bulbi oculari si liquefanno, l’epidermide si sfoglia e, se il cadavere è all’aperto, le mosche della carne, dette Sarcophagide, depositano uova da cui si dischiudono migliaia di larve brulicanti che divorano ciò che è rimasto, ossa e capelli a parte.

Uno dei più illustri paleopatolici, l’americano Aurt Aufderheide, autore di molte autopsie su mummie di tutto il mondo, sostiene ironicamente che la gente l’accusa di avere scelto quella specializzazione perché manca quasi del tutto d’olfatto.


I greci pensavano che la decomposizione fosse opera delle urne in pietra e le chiamavano sarcofagi, ovvero mangiatori di carne.

La tecnica di mummificazione nasce circa 5.000 anni fa in Egitto e Sudamerica da quella di conservazione alimentare della selvaggina.

Tecnica di mummificazione egizia. S’introduceva un tubo metallico in una narice perforando l’etmoide, osso poroso situato tra gli occhi, per estrarre il cervello; con un coltello di ossidiana veniva inciso il lato sinistro dell’addome per estrarre le viscere, di solito si lasciava il cuore; la cavità del petto e dell’addome veniva poi riempita con sacchetti di tela contenenti natron, miscela di carbonato di sodio e bicarbonato, eccellente disseccante; quindi si richiudeva e si versava altro natron sul cadavere, si strofinava la pelle con spezie, la si spennellava con resina e si fasciava infine il tutto nel lino.

Per i cadaveri più poveri ci si limitava a iniettare succo di rafano nelle viscere, poi si immergeva il cadavere nel natron.


Una delle prime clienti degli imbalsamatori fu la regina Heteferes, madre del faraone Cheope, ma pian piano l’usanza si diffuse ai nobili e infine alle classi inferiori.

Gli imbalsamatori egizi si trasmettevano i segreti di padre in figlio, mentre lavoravano recitavano formule magiche, erano considerati alla stregua di sacerdoti e disponevano di laboratori nella zona industriale della città.



A Babilonia gli imbalsamatori conservavano i morti immergendoli nel miele, cosa che fu fatta anche con Alessandro il Grande, la cui mummia melliflua, andata perduta nel viaggio verso la Macedonia, dovrebbe trovarsi, secondo alcuni, ad Alessandria. Le autorità egizie, però, non hanno mai permesso scavi in quanto pericolosi per una moschea.

L’ammiraglio inglese Horatio Nelson, ucciso nella battaglia di Trafalgar, fu conservato, fino al ritorno in patria, in una botte di rum, unica soluzione disponibile a bordo, e si favoleggia che i marinai, non potendo resistere senza bere, spillarono quasi tutto il liquore, tanto che ancora oggi "spillare l’ammiraglio" è espressione gergale che significa "versare un sorso di rum".

Tecnica Inca per la mummificazione dei defunti: i morti erano esposti al calore del sole durante il giorno e poi al freddo della notte, in base a una tecnica naturale ancor oggi praticata per la conservazione di alcuni alimenti, ad esempio le patate. Per i corpi dei sovrani si utilizzavano invece dei sistemi più sofisticati. Venivano trattati con sostanze naturali, che ne facilitavano la conservazione, e poi gli si riempivano le orbite e gli zigomi con scorze di zucca o di zucchine, per tendere la pelle, e lamine metalliche, specialmente rame. Anche gli organi interni venivano mummificati. Il cuore, in particolare, veniva tolto dal corpo, ridotto in poltiglia e amalgamato con polvere d’oro, prima di essere conservato nel punchao, una sorta di disco d’oro posto nella ”casa del Sole” a Cuzco.


Difficile stabilire il sesso di una mummia, se l’imbalsamazione non era buona i genitali non erano più presenti.


L’anatomista australiano Grafton Elliot Smith, autore di migliaia di autopsie sulle mummie, aveva raccolto una vasta collezione personale di genitali mummificati, ma, quando morì, la famiglia, imbarazzata, li distrusse quasi tutti.


L’interesse per le mummie nacque intorno al ’500: la polvere ottenuta dalle salme ("Aegyptiacus") divenne richiestissima come medicina per i reumatismi e si moltiplicarono i furti alle tombe. Il saccheggio continuò almeno fino ai secoli XVII e XVIII, quando si cominciò a portar le mummie in Europa come souvenir. Nell’Inghilterra vittoriana la curiosità diventò così morbosa che qualcuno ebbe l’idea di presentare al pubblico le salme spogliate delle bende.

Gli sbendamenti di mummie furono spettacoli molto popolari in Europa e America nell’Ottocento, con pubblico pagante e parterre di eccentrici.

Quella volta che, durante uno sbendamento pubblico avvenuto a Boston, un voluminoso pene emerse dalle bende di quella che era stata spacciata per la mummia della figlia di un sacerdote.


A partire dal Rinascimento si sviluppò la credenza che la polvere di mummia, farmaco ricavato triturando le mummie, fosse un toccasana, tanto che Luigi XVI, re di Francia, ne portava un sacchetto appeso al collo per ogni evenienza.

Altro uso della polvere di mummia era quello per il cosiddetto "bruno egizio", colore ricercato dai pittori di tutt’Europa.

Tra le polveri, la più ricercata dell’epoca era quella della mummia di gatto, usata in Belgio e in Francia come concime per le rose.

Tra le reliquie conservate da Flaubert, due piedi di mummia lucidati di nero dal lustrascarpe.


Dopo aver sottoposto la mummia a innumerevoli scansioni e analisi, gli scienziati hanno concluso che Tutankhamon, salito al trono a 10 anni e morto a 18, aveva labbra effeminate, denti grandi ed evidenti, il piede sinistro deforme. Ciò spiegherebbe, forse, anche i circa 130 bastoni trovati nella sua tomba. Era in cattiva salute soprattutto perché figlio di due fratelli.

Sul capo della mummia del faraone Tutankhamon, un diadema d’oro e pietre preziose adorno di teste di serpente.


Howard Carter, lo scopritore della tomba di Tutankhamon, morì nel suo letto per cause naturali, ma lord Carnarvon, che finanziò la spedizione, fu colpito da un’infezione improvvisa che lo portò alla morte qualche giorno dopo, al Cairo. Secondo la leggenda, nel momento in cui morì, si verificò una diminuzione della tensione elettrica in tutta la città; sembra anche che il suo cane, rimasto in Inghilterra, spirasse nello stesso momento. Caddero morte anche molte persone implicate in qualche modo nella scoperta: ventidue vittime fino al 1935. Qualche anno fa si è ipotizzata l’esistenza di un fungo, presente nella camera sepolcrale di alcune tombe egizie e in grado di intossicare gli scopritori. Nel 1999 Gottard Kramer, microbiologo di Lipsia, individuò in diverse mummie circa quaranta muffe potenzialmente pericolose, capaci di sopravvivere per anni nel buio dei sepolcri.


L’Italia è uno dei paesi con la più alta concentrazione di mummie ben conservate, oltre un centinaio tra l’Umbria e l’Italia del sud. La più famosa è quella di Santa Zita, nella cattedrale di San Frediano a Lucca. Dopo la sua morte, a 60 anni, alla fine del 1200, venne seppellita in una cripta a San Frediano; 300 anni dopo le autorità ecclesiastiche decisero di farla santa e riportarono alla luce i suoi resti. Si scoprì allora che il corpo di Santa Zita era rimasto intatto, una "mummia naturale" (il corpo non presenta nessun segno di imbalsamazione), e tale è rimasta fino ad oggi. Si racconta che il giorno dell’esumazione alcuni ciechi abbiano riavuto la vista e una donna sterile sia rimasta incinta. Il professor Fornaciari dell’Università di Pisa ha studiato a lungo la mummia, inserendole una sonda nell’addome e nella cavità toracica: Zita era nata con una dislocazione congenita della tibia che probabilmente la faceva zoppicare e soffriva di tubercolosi e avvelenamento da piombo (probabilmente dovuto alle pentole in uso in quel periodo).

Massimo Signoracci, tecnico dell’Obitorio comunale del Verano, erede di una dinastia di imbalsamatori di papi, re, aristocratici, artisti e attori: «Da solo o con mio cugino Cesare ho imbalsamato circa 1500 salme». «La nostra famiglia iniziò a lavorare nella morgue dal 1870 - racconta Massimo -. Iniziò tutto con Giovanni Signoracci. Lo chiamavano Er Vetrinone, perché faceva vedere i morti ai parenti solo dietro una vetrina, un po’ quello che succede ancora oggi con i riconoscimenti». La massima notorietà, la famiglia, la conobbe negli anni Sessanta e Settanta con il padre di Massimo, Renato, e con gli altri due zii, Arnaldo e Ernesto, divenuti celebri come imbalsamatori di tre papi: Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I.

L’imbalsamatore romano Cesare Signoracci: «Una delle mie prime mummificazioni fu quella di re Faruk, sovrano d’Egitto e del Sudan, nel 1965. Era morto in un hotel. Mio padre Arnaldo mi guidò». Tra gli altri, i Signoracci mummificarono Antonio Segni («dovemmo adattarci a lavorare su una porta messa in piano»), Pietro Nenni, Romolo Valli, Paolo Stoppa e Martin Balsam, l’attore che in "Psycho" impersona l’investigatore privato ucciso da Norman Bates. «Quest’arte ce la tramandiamo di padre in figlio. Quando ero bambino scappavo da mio padre all’obitorio a vedere i morti».

A Salt Lake City (Utah, Stati Uniti) la Summum Mummification Services offre un servizio di mummificazione moderna. Per prima cosa viene drenato il sangue dal corpo e vengono rimossi gli organi per essere puliti. Successivamente il corpo viene idratato per oltre 70 giorni in una vasca piena di sostanze chimiche che il fondatore Claude Nowell chiama la sua “formula segreta”. Dopo questo ammollo il corpo viene cosparso di lanolina e cera e poi ricoperto da vari strati di garza e cotone; successivamente vengono aggiunti una dozzina di strati di gomma poliuretana per asciugare e indurire il corpo come un pneumatico. Infine vengono applicati alcuni strati di bende in fibra di vetro che daranno al corpo la posizione desiderata, pronta per essere racchiuso in una bara in bronzo o in acciaio: «Le mummie antiche sembravano molto secche perché si credeva che il modo migliore per preservarle fosse disidratarle. Noi facciamo il contrario e crediamo che la completa idratazione del corpo sia il modo migliore per preservarlo. È per questo che i corpi sembreranno uguali al giorno in cui sono morti, anche dopo migliaia di anni». Prezzo base: 40 mila dollari. La Summum ha molti clienti: le richieste superano le 25.000 e in circa 1.500 hanno firmato (e quindi già pagato) il servizio.
La Summum mummifica anche animali domestici: cani, gatti, fringuelli, pavoni, persino ratti. Mummificare un gatto costa 9mila dollari, per i cani si passa a 20mila.

«Gli archeologi hanno rinvenuto i resti mummificati di una donna di 1.300 anni fa, indossa degli splendidi gioielli e presenta dei tatuaggi ed è tutto il giorno che cerco una battuta che non faccia riferimento a Cher» (David Letterman).