varie, 28 marzo 2016
CINGHIALE PER SETTE
In Toscana la Coldiretti ha dichiarato guerra al cinghiale (sus scrofa) perché divora grano, orzo, avena, eccetera. Tulio Marcelli, presidente regionale dell’associazione: «In Toscana c’è un ungulato (quasi sempre cinghiale) ogni sei abitanti. Su almeno un milione di cinghiali in Italia, la metà sono nei nostri boschi e campagne. Ci privano del nostro reddito e anche della nostra libertà di imprenditori. Pensi di seminare i girasoli perché il prezzo è buono e poi dici no, i cinghiali lo mangerebbero tutto. Ci dicono di costruire recinti. Ma perché dobbiamo spendere soldi nostri per chiuderci in casa e mettere reti alte due metri fra i filari del Chianti e del Montalcino? Se i cinghiali sono ritenuti specie nociva, vanno eliminati e basta» (Meletti, Rep).
La Regione Toscana sta discutendo una legge obiettivo per gli ungulati che in realtà è una legge di emergenza. Per tre anni si prevedono selezioni e abbattimenti anche nelle aree protette e maggiore protezione delle aree agricole. Ma i coltivatori chiedono di più. «In Toscana — racconta Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti di Pisa — ci sono 250mila cinghiali di troppo. Bisogna ammazzarli, anche nei parchi e aree naturali dove oggi la caccia è vietata. È da lì che partono per devastare i campi» (ibidem).
Stefano Masini, responsabile ambiente e territorio della Coldiretti nazionale: «In Toscana ci sono 442.788 pecore e capre che producono latte e formaggi e almeno 500mila cinghiali che distruggono e basta. Nelle aree agricole i contadini, involontariamente, forniscono il 70% del cibo ai cinghiali: il 41% di erba medica, il 17% del grano, l’8% di mais, il 7% di frutta, il 4% di girasole. Insomma, dieta mediterranea di lusso» (ibidem).
Carlo Bartolomeo, allevatore di 500 pecore sarde a Mazzolla di Volterra: «Di notte i cinghiali dormono nella riserva naturale Berignone, che confina con la mia azienda. Di giorno vengono a pranzare da me: quest’anno mi hanno mangiato grano, avena, orzo e favino. Vede quei pezzi di prato non arati e con un po’ d’erba? Lì arriveranno i daini a pranzo e cena. Ci sono poi i lupi che vengono a cercare i cinghiali e quando non li prendono attaccano le pecore anche nei serragli. L’altro giorno ne hanno ferite sette e le ho portate al macello. Ho preso 70 euro, per tutte. Con 220 ettari di terra non riesco a fare pascolare le mie pecore da latte: devo mantenerle a fieno e mangime e chiuse in stalla e recinti. Sono cinque anni che non faccio reddito» (ibidem).
Cento milioni di euro l’anno. Secondo le stime delle associazioni di categoria a tanto ammontano i danni provocati alle imprese agricole dagli animali selvatici: cinghiali in primis, ma anche caprioli, daini, lepri, fagiani, lupi.
Cinghiale, dal latino “porcus singularis”, cioè il porco che se ne sta da solo (i maschi adulti tendono a stare isolati dal branco).
Porcus singularis è il nome con il quale dal Medioevo si prese a designare l’animale che i Romani avevano sino ad allora chiamato aper.
L’Ispra (l’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale) ha stimato che in Italia i cinghiali possano aver superato il milione di esemplari, diffusi in tutte le venti regioni e nel 95% delle province.
I cinghiali fanno due o tre figliate per anno, persino con dieci cuccioli.
I cinghiali razzolano non solo nelle campagne, monti e colline, ma anche alle porte delle città. Accade in Italia e non solo. Ne sono stati abbattuti a Berlino, altri fotografati a New York
Il caso del cinghiale che si aggirava sui tetti di una casa a Sillano in provincia di Lucca.
In assenza di predatori, un aumento della popolazione del 200 per cento l’anno è possibile, un aumento del 120 per cento sicuro. I predatori sarebbero i lupi. Ma in tutta Italia di lupi ce ne sono un migliaio.
Passione della giornalista Cesara Buonamici per la caccia al cinghiale, di cui non si perde nemmeno una battuta nella tenuta del Borro di Ferruccio Ferragamo. La Buonamici però non spara, «guarda soltanto»: «Chi è nato in campagna come me sa quanti danni causano i cinghiali alle coltivazioni. Fin da bambina ho sempre subito il fascino della caccia, c’è l’obbligo di fare silenzio ma dopo ci si può scatenare, quando si va a tavola tutti insieme».
La caccia è regolare tre mesi all’anno. Senonché, per avere esemplari da cacciare, gli uomini li allevano, i cinghiali. E alla fine sono più quelli che nascono che quelli che muoiono. I cinghiali, quasi spariti subito dopo la guerra, si sono salvati proprio per il gusto umano di sparargli: siccome ce n’erano pochi, li facemmo venire dall’Ungheria, esemplari oltre tutto anche più grossi dei nostri, che possono arrivare a pesare oltre duecento chili. Giulia Maria Crespi, animalista, ha chiamato questi suini ungheresi «porcastri importati dall’Est». Ha anche detto: «Io non ucciderei un ragno, ma i cinghiali sono una catastrofe. Sono dei distruttori del paesaggio e una tragedia per gli agricoltori. In Sardegna tante aziende hanno dovuto chiudere. Al Nord si deve fare la guardia perché dopo la semina invadono i campi e distruggono tutto. E i politici non fanno niente perché hanno paura di perdere voti. Invece dovrebbero fare una legge in barba agli animalisti. È inutile dire “facciamo la selezione”, bisognerebbe permettere la caccia al cinghiale per sette o otto mesi all’anno, ma questo fa insorgere gli ambientalisti e anche i cacciatori sportivi. Inoltre si devono impedire gli allevamenti».
Sul problema dell’abbattimento gli ambientalisti si dividono. Mentre Legambiente e Wwf non sono contrari a priori, gli animalisti della Lav denunciano catture cruentissime con i cani e soprattutto inutili perché provocherebbero l’aumento della popolazione di ungulati. «Si chiama effetto rimbalzo – spiega Giacomo Bottinelli della Lav —. È provato scientificamente che spesso dopo la loro eliminazione i cinghiali si riproducono più velocemente di prima. Serve invece prevenzione (togliendo le fonti di cibo a questi animali) e l’inizio di campagne di sterilizzazione usando nuovi vaccini in via di perfezionamento».
La notte dello scorso 22 maggio il pensionato Severo Zatti, 72 anni, di Iseo, stanco di vedere il proprio campo devastato dai cinghiali, uscì imbracciando un fucile da caccia. Lo trovarono alcune ore dopo morto dissanguato, accanto alla carcassa dell’animale che era comunque riuscito a uccidere.
L’8 agosto sulle colline sopra Cefalù Salvatore Rinaudo, 77 anni, uscito coi suoi cani e con la moglie Rosa, 73 anni, si è trovato di fronte un branco di cinghiali. La moglie: «Ho visto che mio marito si è bloccato, poi si è messo in mezzo per salvare le sue bestie. A questo punto i cinghiali gli sono saltati addosso». Rinaudo è stato sopraffatto, non ha avuto scampo, è morto dilaniato dai morsi degli animali. La signora Rosa: «Mentre provavo a prendere Salvatore e portarlo via sono stata aggredita anche io. Non ci sono parole per descrivere quello che ho visto. Sono distrutta». L’hanno portata al pronto soccorso con ferite alle gambe e all’addome. Un’altra vittima (dopo quella di maggio nel Bresciano) che ha riaperto le polemiche sulla proliferazione incontrollata dei cinghiali, nonostante un etologo come Enrico Alleva puntualizzi che l’animale «si è sentito attaccato ed ha avuto un naturale comportamento di difesa probabilmente anche per la presenza dei suoi cuccioli».
Che cosa bisogna fare se ci si trova di fronte a un animale selvatico?
«Lasciargli sempre una via di fuga. Il cinghiale attacca per difesa, perché si sente in trappola. Se si irrigidisce, sta fermo, e quando ci spostiamo ci segue con l’asse del corpo, vuol dire che si sente minacciato. Allora diventa pericoloso».
In che modo si difende?
«Infila il muso sotto al corpo e lo scaglia verso l’alto: così con quelle zanne che sono quasi scimitarre, può sventrare chi ha davanti, animale o uomo che sia». (l’etologo Enrico Alleva a Cristiana Salvagli, Rep)
L’accoppiamento fra cinghiale e scrofa è più semplice dell’incrocio fra asino e cavalla. Lo diceva Aristotele.
Il cinghiale godeva dell’ammirazione dei romani.
Ai Romani il cinghiale era tanto gradito, che ne presero in prestito il nome aper e lo usano per se stessi: Aprianus, Apricius, Apronius, Apronianus ecc sono i cognomi a cui ha dato vita il porco.
La sua caccia, celebrata da Omero, è un tema classico delle letteratura greca e latina: si pratica a piedi, con l’aiuto di mute appositamente addestrate che spingono la bestia verso le reti in cui gli uomini l’attaccano corpo a corpo. Armati solo di asta appuntita.
Nel De Bello Gallico di Cesare il cinghiale simboleggia il coraggio assoluto.
Nel II a.C. le carni di cinghiale erano considerate pregiate: «Un pezzo forte della gastronomia romana».
Come il cervo e l’orso, il cinghiale è sacro a Diana.
Alla fine dell’Odissea, Ulisse viene riconosciuto dalla sua nutrice Euriclea la quale, pulendogli le gambe, scorge sul suo ginocchio una vecchia cicatrice provocata da una zanna di cinghiale che l’eroe aveva affrontato in gioventù.
L’Ursa maior era in origine la Costellazione del Cinghiale.
I cinghiali sono presenti in tutto il mondo, a eccezione degli ambienti desertici e con neve perenne. Essendo molto sensibili alle forti variazioni di temperatura, fanno lunghi bagni nelle pozze per termoregolarsi e si ricoprono di fango per proteggersi dalle scottature e dalle punture d’insetto.
La pelliccia è costituita da dure setole e il colore varia dal grigio scuro al marrone, mentre nei primi 4 mesi di vita presenta delle striature longitudinali marroni su fondo crema che permettono ai piccoli di mimetizzarsi nella vegetazione.
La lunghezza del corpo è di 90-180 cm e l’altezza al garrese è di 55-110 cm. Il peso varia da 50 a 350 kg, anche se alcune razze domestiche possono raggiungere i 450 kg, con i maschi che sono generalmente più grandi delle femmine. In entrambi i sessi i canini sono sviluppati, particolarmente nel maschio, e hanno uno scopo difensivo.
Dal cinghiale discende il maiale domestico (Sus scrofa domesticus) che l’uomo cominciò ad addomesticare circa 9.000 anni fa.
Durante la stagione degli amori i maschi competono con violenza per conquistare le femmine. La specie è prolifera e nello stesso anno si susseguono più cucciolate, ciascuna mediamente di 4-8 piccoli che raggiungono l’indipendenza circa a 7 mesi. Le madri sono molto protettive nei confronti dei figli.
In Europa i cinghiali formano branchi mediamente di 20 individui, costituiti dalle femmine e dai loro piccoli. Generalmente attivi al crepuscolo, all’alba e di notte, sono onnivori e possono nutrirsi di qualsiasi tipo di alimento, comprese le carogne. Vivono circa 10 anni.
Caratteristica del cinghiale: il grugno che si muove in modo circolare quando mangia.
«Io sono come un cinghiale: per fermarmi bisogna abbattermi» (Simona Ventura).