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 2016  marzo 28 Lunedì calendario

PIOGGIA PER SETTE

Cynthia Barnett ha scritto un libro dal titolo Rain. A natural and cultural history in cui racconta come la pioggia, e la sua mancanza, plasma la cultura oltre che la natura ( Meldolesi, Cds).

«Nubi e pioggia», espressione cinese per indicare l’atto sessuale.


In Giappone ogni tipo di pioggia ha un nome: harusame è la pioggia leggera di primavera; tsuyu la pioggia che cade a giugno e abbraccia il periodo della maturazione delle prugne; ryokuu, a inizio estate, quando il verde della natura è più squillante; jigure, a fine autunno; eccetera.

La pioggia è maschile o femminile a secondo dei popoli e delle situazioni. Per la tradizione ebraica, ad esempio, mentre cade è di un sesso e quando scorre nei fiumi di un altro.


L’antica Roma aveva Giove Pluvio. Gli Aztechi cercavano di ingraziarsi il dio della pioggia Tlaloc con sacrifici umani. Sono celebri le danze con i campanellini tintinnanti dei Nativi Americani. Nell’Europa del Cinquecento le streghe sono state accusate di provocare la piovosità estrema della piccola età glaciale.

Nell’Ottocento ci si convinse che cannoneggiando il cielo sarebbe piovuto.
Ancora oggi in America, ma soprattutto in Cina, sono attivi programmi di inseminazione delle nuvole, che secondo i ricercatori del Nevada Desert
Research Institute riuscirebbero ad incrementare le precipitazioni del 10%.


I ciarlatani che nel Novecento se ne andavano in giro vendendo pioggia di paese in paese. Il più famoso, un americano di nome Charles Hatfield, sosteneva di usare una tecnica di «sottile attrazione» dell’atmosfera (in realtà aveva dalla sua parte il fenomeno di El Niño e un’abilità da azzeccagarbugli). Nel 1922 venne persino in Italia ed è lui ad aver ispirato il film Il mago della pioggia con Burt Lancaster. La sua fortuna cessò per colpa di un’alluvione che non poteva certo aver provocato.


I musulmani invocano la pioggia con una preghiera collettiva di 16 minuti prescritta negli hadith, testi sacri dell’Islam. Nel Qatar se non comincia a piovere 40 giorni dopo la fine dell’estate, l’emiro si unisce a una preghiera collettiva sotto il cielo stellato prima del sorgere del sole. Nel 1988 il ministero degli Affari Religiosi del Bangladesh ha disperso i raduni di massa per invocare le piogge dopo che un diluvio aveva ucciso quasi cento persone.

Per propiziare la pioggia i pescatori di Licata, Agrigento, portano su una barca la statua del patrono Sant’Arcangelo e poi gridano: «Sant’Angilu ò cchiovi ò coddi» («Sant’Angelo, o fai piovere o ti affoghiamo»). Gli abitanti di Orgosolo, Nuoro, urlano al cielo: «Dàdenos abba, Segnore, in custa nezessidade. Si abba no nos das oe, mira chi ti occhimus. Est abba chi ti pedimus, e no crocas de boe» («Date acqua, o Signore, in questa necessità. Se acqua non ci dai, bada che ti uccidiamo. E’ acqua che chiediamo, e non quarti di bue»).

Incantesimo usato in Russia per provocare la pioggia: una giovane betulla viene vestita da donna, addobbata di nastri colorati e messa in una casa del villaggio dove tutti gli abitanti la visitano fino alla domenica di Pentecoste. Dopo un banchetto viene portata al fiume e gettata in acqua.


Quella volta che nella Stazione Spaziale Internazionale, per volontà dell’equipaggio russo alla ricerca di un’esperienza sensoriale tipicamente terrestre, decine di computer fecero risuonare il rumore della pioggia per un intero weekend.


Ricercatori dell’Università di Washington hanno osservato in due diverse occasioni le gocce di pioggia più grandi mai viste. Grazie a un lettore al laser montato su un aereo, gli studiosi sono riusciti a misurare in tempo reale le dimensioni di alcune gocce cadute sulla foresta amazzonica e sulle isole Marshall: il diametro era di circa un centimetro.

Quando sta per piovere le rane, percependo le variazioni di pressione, cambiano comportamento. In Inghilterra, fino all’Ottocento, chi non voleva acquistare un barometro costoso utilizzava un acquario con una rana che, all’arrivo della pioggia, gracidava a pelo d’acqua.

Il cielo a pecorelle è dovuto a nubi chiamate «altocumuli» che solitamente, provenendo da ovest, precedono il passaggio di un fronte caldo e la possibilità di pioggia. Ma sono nubi molto alte, e come tali possono anche non portare nemmeno una goccia di pioggia.

Sembra che il picchio verde, chiamato dagli inglesi "uccello della pioggia", faccia un verso lamentevole che, se ripetuto cinque o sei volte, segnali a tutti gli abitanti del bosco temporali in arrivo entro poche ore.

Abitudine dei contadini, considerare le galline "carte del tempo": se si disputano il becchime, vuol dire che nelle successive ventiquattr’ore non ci saranno cambiamenti; qualora si "spollinino" nella polvere (cioè si tolgono i parassiti), bisogna aspettarsi pioggia. Acqua in arrivo anche quando il gallo allarga le ali, le sbatacchia ripetutamente e lancia insistenti chicchirichì.


La goccia di pioggia non ha la forma di una lacrima, come la disegnano i bambini. Né esiste una goccia di pioggia davvero identica alla sua vicina. Dal momento in cui inizia a precipitare dalla nuvola e prima ancora che raggiunga il terreno, la goccia scende, si deforma, esplode e poi si disperde in mille pezzi simili alle schegge dei proiettili. La curiosità di partenza - che ha portato allo studio pubblicato da Nature Physics - è come mai le gocce di pioggia abbiano dimensioni tanto diverse tra loro (da meno di uno a 5 millimetri) anche all’interno di uno stesso acquazzone. Al dilemma si è dedicato Emmanuel Villermaux, ricercatore dell’università di Marsiglia: «La teoria in vigore fino a ieri era che le gocce d’acqua che si staccano dalle nuvole si fondano con quelle vicine raggiungendo dimensioni molto variegate fra loro». Si pensava anche che cadendo verso terra le gocce si scontrassero fra loro, spezzandosi in mille frammenti. Ma la loro concentrazione è troppo ridotta, e le collisioni piuttosto rare. Le “schegge di pioggia” invece si formano autonomamente lungo il tragitto. La goccia che in maniera del tutto autonoma, per effetto della gravità e della resistenza dell’aria, si appiattisce, si deforma, assume la forma di una borsa rovesciata e poi si spacca in mille pezzi. Villermaux e il suo collega Benjamin Bossa lo hanno dimostrato in laboratorio, scomponendo in fotogrammi il tragitto di sei millisecondi compiuto da una goccia d’acqua e osservando la sua “esplosione” a un certo punto del tragitto, con i frammenti più piccoli assai più numerosi di quelli di grandi dimensioni.

Gli scienziati si sono dedicati a studiare il profumo che si sprigiona dai terreni asciutti quando piove. Questa fragranza si chiama “petricor”, dalle parole greche che indicano pietra e linfa. Young Soo Joung e Cullen Buie del Massachusetts Institute of Technology hanno condotto 600 esperimenti osservando le gocce cadere su 28 tipi di superfici. La loro videocamera ad alta velocità ha mostrato che quando una goccia colpisce un materiale poroso si schiaccia e intrappola bollicine d’aria. Queste risalgono lungo la goccia e poi scoppiettano, formando una nebbiolina di aerosol. In una frazione di secondo vengono disperse centinaia di microgoccioline, che sono più numerose quando la pioggia non è intensa. In natura questi aerosol si caricano di molecole aromatiche rilasciate da piante e microrganismi.


Una goccia di pioggia scende a una velocità compresa tra 8 e 32 Km/h circa. La velocità dipende dal diametro e dal peso della goccia: più è grande, più è veloce.

Record di pioggia, recentemente confermato, a Cherrapunjii in India: nel giugno del 1995 sono caduti 2493 millimetri in 48 ore.

La cittadina italiana dove piove di più è Uccea, in provincia di Udine. Qui ogni anno cadono più di tre metri d’acqua.

La quantità di pioggia caduta viene espressa in millimetri e ogni singolo millimetro equivale a un litro di acqua piovana su un metro quadrato di terreno. Tuttavia, una stessa quantità di pioggia può cadere con modalità molto diverse fra loro: una pioggerellina debole ma continua può lasciare al suolo lo stesso quantitativo di acqua di uno scroscio di pioggia breve ma intenso. I millimetri di acqua caduta sono difatti il risultato dell’intensità della pioggia per la durata della stessa. L’intensità della pioggia si misura in millimetri d’acqua per ora: fino a 2 mm/h si parla di pioggia debole; tra 2 e 6 mm/h la pioggia è moderata; oltre i 6 mm/h si definisce forte, e se si passano i 10 mm/h si parla di rovescio; se poi si superano i 30 mm/h l’evento prende il nome di nubifragio.

Gli aerei, attraversando le nuvole, a volte causano pioggia e neve. Motivo: i motori del velivolo fanno espandere e raffreddare l’aria, portando alla formazione di cristalli di ghiaccio. Questi cristalli attirano altre particelle d’acqua che poi precipitano sotto forma di pioggia o neve. Il fenomeno, studiato dai ricercatori del National center for atmospheric research americano, non influenza il clima globale


Una ricerca pubblicata sulla rivista Emotion ci divide in summer lover, summer hater e rain hater.

La tristezza delle gocce messa in musica da Chopin (Preludio Op.29 N°15), la loro energia cantata dai Doors (Riders on the storm) e Jimi Hendrix (Rainy day, dream away).

«Amo la pioggia perché sono cresciuta in un posto dove non veniva mai e le rare volte che accadeva significava che potevamo smettere di allenarci». (Venus Williams)

Woody Allen ha dichiarato di non amare affatto il bel tempo italiano. Molto meglio una giornata nuvolosa, possibilmente con un po’ di pioggia.

Negli Stati Uniti la presidenza più corta fu quella di William Harrison. Eletto nel 1840, restò in carica solo trenta giorni, a partire dal 4 marzo 1841. Motivo: volle pronunciare il discorso di insediamento a capo scoperto sotto un diluvio. Morì di polmonite un mese dopo.


Il giorno che andò a trovare l’amica Antonina Valentin, al momento di andarsene Einstein rifiutò l’offerta di un cappello per ripararsi dalla pioggia: «Ho visto che il cielo era coperto e non l’ho preso apposta: un cappello si asciuga più lentamente dei capelli».


Paul Cézanne, colpito da una sincope mentre immobile sotto la pioggia continuava a dipingere la montagna Sainte-Victoire, in Provenza.