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 2016  marzo 28 Lunedì calendario

PUBBLICITà PER SETTE

La società Nielsen calcola che Rai e Mediaset, nel 2008, hanno venduto 18 milioni e 730 mila secondi di pubblicità. Pochi anni dopo, nel 2014, i secondi di pubblicità hanno superato quota 64 milioni. E quando il calcolo si allarga a Sky, i secondi di reclame diventano 155 milioni, per oltre 7 milioni 377 mila spot all’anno (Fontanarosa, Rep).

Gli spot si moltiplicano non solo con il passaggio dalla televisione analogica tradizionale al digitale terrestre, che propone ormai molti più canali (sono 46 soltanto i nazionali) ma anche perché le emittenti televisive - in questi anni di gelo e crisi economica vendono spot anche al supermercato sotto casa. Fontanarosa su Rep: «Il 27 febbraio - tanto per fare un esempio - si gioca una partita che certo non entrerà nella storia del calcio. Latina contro Trapani, nell’angusto stadio “Domenico Francioni”. Bene, nell’intervallo della gara Sky non si fa certo scrupolo di mandare la pubblicità di una piccola ditta di ristrutturazioni edili (di Trapani) e di un bar con autolavaggio di Latina, che sta lì, dimenticato lungo la Via Pontina. Tutto fa brodo».

I clienti pubblicitari della Rai erano 538 (nel 2012) e sono diventati 669 l’anno scorso (con una crescita di 131 unità). Fontanarosa: «Per riuscire in questo miracolo della moltiplicazione dei pani, dei pesci e degli spot, la televisione di Stato va a pescare inserzionisti medi, piccoli e piccolissimi. Clienti che- per consuetudine, negli anni precedenti - finivano di diritto ad altri mezzi di comunicazione, come i giornali, il cinema, i cartelloni di strada, le radio, Internet».

Nel 2008, la redditività di uno spot sfiorava i 340 euro al secondo, nel 2014 il valore si è prosciugato fino a una cinquantina di euro.

Lo spazio da trenta secondi del Tg1 delle 19.55 prezza 80 mila euro, meno del 45 per cento rispetto a sei anni fa.


Secondo le previsioni di eMarketer nel 2016 gli inserzionisti spenderanno una cifra di 101,37 milioni di dollari per piazzare i propri annunci pubblicitari su telefoni cellulari e tablet. Un incremento pari al 430% dal 2013.

Boom in Usa, nel 2014, per la pubblicità su Internet: 49,5 miliardi di dollari, il 16% in più rispetto al 2013 (42,8 miliardi). Si tratta del quinto anno consecutivo di crescita (dal rapporto "IAB Internet Advertising Revenue" pubblicato dall’Interactive Advertising Bureau ed elaborato da PwC US).

In Italia tra il 2012 e il 2013 il mobile advertising, ovvero la pubblicità veicolata tramite i telefonini, ha registrato una crescita del 130% passando da 89 a circa 200 milioni di euro. Anche l’advertising sui social network nel corso del 2013 ha fatto un salto avanti: più 75%, arrivando a sfiorare i 100 milioni di euro, trascinata in particolare dalla crescita di Facebook. (dati dell’Osservatorio New Media & New Internet della School of Management del Politecnico di Milano).

Secondo una ricerca realizzata da Nielsen su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi, il passaparola - un consiglio di un conoscente o un post sui social - è la pubblicità più efficace. Il 74% dei consumatori nel nostro paese considera credibili i consigli di conoscenti diretti, il 64% i commenti postati sui social network. Al terzo posto si posizionano i contenuti editoriali di quotidiani e periodici. La credibilità dei siti aziendali si colloca allo stesso livello di quella della televisione (45%).

Il comandante Eugene F. McDonald Junior, fondatore della Zenith, industria americana di radio e tv, odiava la pubblicità in televisione. Così, poco prima del Natale 1950, inventò il primo telecomando. Si chiamava Lazy Bones, era di bachelite, con un pulsante in alto per cambiare canale. Si collegava al televisore con un cavo lungo sei metri (la versione senza fili arrivò nel 1955).


Lavérune, paesino di nemmeno 3mila abitanti vicino a Montpellier, sta diventando il simbolo delle battaglie contro l’inquinamento visivo che molte organizzazioni ecologiste stanno combattendo in tutta la Francia. Il sindaco ha emanato un decreto che vieta qualunque affissione pubblicitaria nel centro storico del suo comune. La scelta di Lavérune è considerata un esempio, perché ha il merito di aver sollevato il problema della normativa francese che riguarda le affissioni pubblicitarie: farraginosa, complessa, piena di lacune. Ed è per questo che a Lavérune stanno arrivando felicitazioni da tutto il Paese.


LG ha costruito a Riyadh (capitale dell’Arabia Saudita), vicino all’aeroporto internazionale King Khalid, il cartellone pubblicitario più grande del mondo. Largo 240 metri, alto 12, misura 3000 metri quadrati. Per crearlo sono state utilizzate 1800 tonnellate di acciaio. L’annuncio, che sarà visto da circa 20 milioni di persone che viaggiano ogni anno verso l’aeroporto. secondo LG sostiene porterà un extra di 25 milioni di dollari all’anno di fatturato.

Da un’indagine su un campione di 1200 studenti italiani delle scuole medie inferiori, emerge che il 46 per cento degli intervistati ammette di desiderare ciò che vede nella pubblicità in tivù. E 12 su 100 confessano di «desiderarlo spesso». Non c’è differenza fra maschi e femmine. Il 70 per cento degli stessi 1200 ragazzi ammette persino di acquistare - o farsi acquistare dai genitori - proprio lo snack, la bibita o il gelato visto nella réclame (indagine del 2004).


Tra le prime testimonianze di pubblicità, un papiro egizio della fine del II° millennio a.C. in cui si invitano i cittadini della città ad aiutare il tessitore Hapù a rintracciare uno schiavo fuggito. Dopo la descrizione del fuggitivo e l’offerta di una ricompensa, si legge: «Il negozio del tessitore Hapù, dove si tessono le più belle tele di tutta Tebe, secondo il gusto di ciascuno».

Nell’antica Pompei (I sec. d.C.) sono state ritrovate numerose insegne con semplici simboli che rappresentavano l’attività della bottega o col ritratto dei gestori.

Graffito di una prostituta ritrovato a Pompei: «A Nocera, presso Porta Romana, nel quartiere di Venere, chiedi di Novella Primigenia».

Nel Medioevo, in tutta Europa, pubblicità orale. Insieme agli avvisi pubblici i banditori divulgano, a pagamento, anche messaggi commerciali di privati.

Il primo annuncio a mezzo stampa risale al 1479: lo fece l’editore inglese W. Caxton per pubblicizzare un suo calendario delle festività.

Tra il XVI e XVII secolo in Italia e in tutta Europa, nascita dei primi giornali o gazzette, e con esse le prime pubblicità (réclame = richiamo).

In Francia, nel 1631, sulla Gazette, annuncio per un’acqua minerale. Appare la figura del testimonial: «La siccità della stagione ha incrementato l’importanza delle acque minerali, tra le quali la più apprezzata è quella di Forges. Trent’anni fa il grande medico Monsieur Martin la rese di moda; attualmente Monsieur Bonnard, primo medico regale, l’ha innalzata a quell’altissimo grado di celebrità, che la sua grande fedeltà, capacità ed esperienza possono offrire ai prodotti che meritano di essere presentati a Sua Maestà, il quale ne beve come cura preventiva; esempio imitato da tutta la Corte».
Nel 1629 fu fondato a Parigi il primo giornale di soli annunci pubblicitari, il Feuille du Bureau d’addresse. Nel 1691 apparve in Italia sul Protogiornale Veneto Perpetuo una delle prime reclame dedicata all’“Acqua della regina d’Ungheria” (a quell’epoca il ruolo di testimonial era spesso svolto da esponenti della nobiltà).
Nei primi del ‘900, Puccini compone versi per i dentifrici, Matilde Serao scrive Fascino muliebre per i cosmetici Bertelli, D’Annunzio crea il brand La Rinascente e quello di Saiwa (Società Anonima Italiana Wafer e Affini), Depero disegna per Campari bottigliette da aperitivo.

Versi scritti da Puccini per il dentifricio Odol: «Mimi, Rodolfi tutti/che avete i denti brutti/adoperate l’Odol/e a modo li terrete».

Slogan creato da D’Annunzio: «Amaro Montenegro: il liquore delle virtudi».

Negli anni Cinquanta, una famosa ditta di filati sintetici fece una pubblicità dove un uomo in abiti da lavoro calpestava col piede la testa di una donna-zerbino.

Il primo programma pubblicitario, Carosello, andò in onda in Italia alle 20.50 di domenica 3 febbraio 1957. Allora, gli abbonati Rai erano tre milioni e 666mila. Gli spot duravano trentacinque secondi, e prima di essere programmati venivano sottoposti al vaglio della censura. Dopo quarantaduemila Caroselli, il primo gennaio 1976 la commissione di vigilanza della Rai ne decise la soppressione, con l’intento di eliminare la pubblicità nelle ore di maggiore ascolto. L’ultima puntata del Carosello è stata vista da diciannove milioni di persone.

Armando Testa per Carosello creò l`ippopotamo blu Pippo (Lines), l`uomo del digestivo Antonetto, Caballero e Carmencita (caffè Lavazza). Memorabili gli slogan di Emanuele Pirella («O così o Pomì» e «Chiquita 10 e lode»). Fu lui a lanciare il fotografo Oliviero Toscani per i jeans Jesus nel 1973: «Non avrai altri jeans all`infuori di me» (una donna a jeans semiaperti sul ventre) e «Chi mi ama mi segua» (jeans corti su un sedere femminile). Le campagne furono censurate, ma le polemiche alzarono la visibilità del prodotto. Dal 1982 al 2000, per Benetton, Toscani trattò la multiculturalità (un`africana allattava un bimbo bianco), l’Aids (preservativi), fino ai condannati a morte negli Usa. «I maglioni sono più o meno gli stessi da una marca all’altra. La differenza sta nella comunicazione» diceva.

Ai tempi di Carosello, «al produttore della pasta Combattenti, che insisteva per affidargli la sua pubblicità, Marcello Marchesi rispose: ”Va bene se diciamo che va mangiata alla baionetta?».
Tetto massimo della pubblicità televisiva fissato dalla Convenzione fra Rai e Stato nel ’52: 5 per cento (in Francia, Belgio, Gran Bretagna era stata esclusa perché incompatibile col canone).

Negli anni Cinquanta e poi di nuovo nei Settanta si diffuse tra i consumatori occidentali l’ossessione di essere ingannati dai pubblicitari mediante «l’utilizzo occulto di tecniche subliminali». Nel 1957 Vance Packard pubblicò I persuasori occulti, teorizzando che i sociologi riempivano la pubblicità di messaggi invisibili all’occhio umano. Nel 1973, Wilson Bryan Key pubblicò Subliminal Seduction, studio sui «messaggi lascivi nascosti nei cubetti di ghiaccio». Key, convinto della sua scoperta, sosteneva tra l’altro che «la promessa subliminale rivolta a tutti coloro che acquistavano il gin Gilbety non era altro che la solita vecchia orgia sessuale». Tali teorie hanno prodotto un sottogenere di pubblicità ironiche, come quella di Absolut Vodka nel 1990, chiamata Absolut Subliminal: «Un bicchiere di vodka on the rocks con la parola ”absolut” chiaramente visibile sui cubetti di ghiaccio».


Brilliant Ads, account Twitter che conta oltre 280 mila follower, ha raccolto le migliori pubblicità di sempre: si possono ammirare non solo le locandine delle più note e più grandi aziende del mondo, ma anche manifesti di piccole botteghe cittadine, insegne di negozi in giro per il mondo, pubblicità progresso.

L’anno scorso l’agenzia funebre Taffo lanciò a Roma una campagna di pubblicità in cui una modella mostrava la propria mano con un diamante al dito. Poi lo slogan: “Stavolta tuo marito non potrà dirti di no”. Tutto questo in cartelloni stradali dove col brand “Cremazione Diamond” si svelava il procedimento: “Trasformiamo in diamante le ceneri dei tuoi cari”.

A quattro anni Jodie Foster fu scelta come testimonial per la crema solare Coppertone. Fece poi le pubblicità della Nabisco, di un cibo per cani, del dentifricio Crest.


Tra le star di Hollywood protagoniste di spot per marchi italiani, Bruce Willis per Vodane. In passato Kevin Costner per il tonno Riomare, George Clooney per Nespresso e Fastweb (per Fastweb pare che abbia preso intorno al milione e mezzo di euro). Julia Roberts muta, in versione Venere di Botticelli, è stata la protagonista di uno spot del caffé Lavazza: per evitare danni di immagine in patria, aveva imposto per contratto la messa in onda del corto pubblicitario solo entro i confini nazionali. Nel 2009 Dustin Hoffman girò la pubblicità per la Regione Marche recitando in un italiano incerto brani tratti dall’Infinito di Leopardi. L’intera operazione Hoffman costò alla Regione meno di 1,8 milioni finanziati con fondi Ue. Nella cifra era tutto compreso: il cachet per l’attore americano, il compenso per la società di produzione, il passaggio di centinaia di spot in tivù e persino la parcella del regista Giampiero Solari, assessore alla Cultura delle Marche dal 2005 al 2007. Hoffman, nel 2005, aveva già girato lo spot per il caffé Vergnano. Il suo cachet in questo caso era rimasto top secret. Nel 2000, Robert De Niro fu scritturato dalla Beghelli, azienda di illuminazione e apparecchiature elettroniche. Il compenso, si diceva, fu astronomico. «Una cifra a molti zeri» si limitò ad ammettere Gian Pietro Beghelli. Ancora prima Richard Gere si era travestito da Ambrogio per pubblicizzare, in un filmato che ricordava scene tratte da Pretty woman, il cioccolatino Ferrero Rocher. Harrison Ford invece, sulle musiche dei Queen, guidava una Lancia Lybra 2 (compensi mai comunicati).

Valentino Rossi guadagnava 1 milione 350 mila euro l’anno per reclamizzare la birra Nastro Azzurro, marchio Peroni, con lo slogan «C’è più gusto a essere italiani».

Fabio De Luigi da bambino sognava di fare «l’uomo in ammollo» che vedeva nella pubblicità di un detersivo.


«La pubblicità è un bastone che sbatacchia in un secchio di brodaglia» (George Orwell).