Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 26 Sabato calendario

ARRABBIATI, AFOSI O STATISTI I TASSISTI TRIBÙ PER TRIBÙ

Pochi lavori sono stressanti e usuranti come quello del tassista. Ciò porta i diretti interessati a sviluppare anticorpi e rituali del tutto particolari. Il mondo dei tassisti è una galassia a sé: non appena si entra nel loro spazio mobile, si accetta implicitamente di partecipare a una giostra mai uguale a se stessa. È possibile riscontrare alcune tribù di tassisti. Per esempio queste.
Siberiani. Hanno i finestrini sempre spalancati. Soprattutto d’inverno. L’obiettivo dei Siberiani è quello di provvedere alla criogenizzazione del passeggero lungo l’arco del viaggio. Se parti da Porta Romana vivo, arrivi a Milano Centrale surgelato. Certo, si potrebbe chiedere al tassista di chiudere i finestrini, ma farlo pare maleducato. Meglio morire congelati. Però educatamente.

Afosi. Guai a usare l’aria condizionata d’estate. È assai preferibile tramutare il taxi in una sauna ambulante. La cosa misteriosa è che, mentre tu sudi come un dannato, il tassista non fa un plissè. Anche da ciò si evince che i tassisti non sono umani, ma supereroi con un carattere appena infiammabile.

Incazzosi. Costretto a vivere notte e dì in mezzo al traffico, il tassista ha spesso un carattere che lo rende un mix tra Sgarbi quando vede Cecchi Paone, Cacciari quando vede la Picierno e Luttwak quando vede Luttwak. Non c’è cosa che non indisponga sommamente il tassista: lui si incazza per tutto e con tutti. Con la macchina che lo precede, perché troppo lenta. Con i vigili, rei di essere vigili. Con la vecchietta che attraversa le strisce, colpevole di non accettare con misericordiosa rassegnazione l’idea oltremodo allettante di essere tranciata in due. Se l’incazzatura dei tassisti fosse monetizzabile, l’Italia sarebbe il Paese più ricco d’Europa.

Telefonanti. I tassisti sono spesso al telefono. Hanno suonerie impensabili e, più che auricolari, usano protesi in titanio collegate direttamente con le trombe di Eustachio. Al telefono sono soliti raccontare la loro vita. Tu non vorresti, ma li ascolti. E scopri che hanno vite pazzesche: storie di sesso incredibili, vite costantemente a rischio, mille nemici pronti a fregarli. O millantano, o in confronto a loro Batman è Orfini.

Ciarlieri. I tassisti parlano tanto. Inutile dirgli che sei stanco: loro parleranno comunque, prendendo a pretesto qualsiasi cosa. Una notizia alla radio. Una frase innocua. O anche solo un tuo intercalare. Magari hai appena detto “Ehm”, e loro sono già lì che ti crivellano: “Certo, si fa presto a dire ‘Ehm’. Poi vi lamentate che il paese vada alla malora. Roba da matti!”. Ed è lì, non senza sgomento, che capisci che i problemi del mondo sono tutta colpa tua. Ehm.

Siglanti. Il tassista si arrabbia moltissimo se non hai memorizzato la sua sigla. “L’ha letta prima di salire?”. “Ehm, mi pare di sì. Verona 14?”. “No: Udine 7, cazzo!”. A quel punto ti vergogni di essere nato e di averlo offeso così tanto.

Statisti. I tassisti hanno sempre la soluzione per ogni cosa. La Roma va male? “Eh, se fossi io l’allenatore”. L’Isis ci attacca? “Saprei io come fare”. Renzi fa Renzi? “Mi dia una settimana e ci penso io”. È incredibile come questo paese non abbia ancora capito che, per ripartire, basterebbe eleggere un tassista come presidente del Consiglio.

Arditi. Il tassista, spesso, non guida: decolla. Inventa strade che prima di lui non c’erano, prende rischi inauditi e riscrive ogni giorno le leggi dell’aerodinamica. Grazie agli Arditi si aprono spazi varco-temporali, si palesano stargate intergalattici e ci si sente come navigatori pavidi nel gran rally della vita. Messa così, peraltro, è una cosa quasi figa. A viverla tutti i giorni, un po’ meno.

Musici. Talora il tassista non ascolta la radio, ma musica scelta da lui. Magari quella musica la conosci e, per essere educato, glielo dici. “Ah, le piacciono i Pink Floyd”. Lui, glaciale: “Non sono i Pink Floyd, è David Gilmour”. Mannaggia. Provi a rimediare, accendi Shazam e scopri di nascosto il disco esatto. “Ma certo, il mitico Live in Gdansk. C’era anche Rick Wright quel giorno”. Niente: il tassista se l’è presa e non risponde. Tenti l’ultima carta: “Gran chitarrista, Gilmour. Io però, se proprio dovessi scegliere, voterei Roger Waters. Un genio”. È la tragedia: il tassista inchioda, ti guarda con efferatezza sanguinaria e ti ordina di scendere. “Si vergogni”. Tu scendi. Ti vergogni. E torni a piedi in piena notte: in fondo, alla meta, mancavano solo sei chilometri.
di Andrea Scanzi, il Fatto Quotidiano 26/3/2016