Enrico Ferro, la Repubblica 27/3/2016, 27 marzo 2016
L’ATLETA DOPATO PIÙ ANZIANO D’ITALIA:« HO PRESO STEROIDI MA PER EVITARE IL VIAGRA»
Sospeso dall’antidoping a 79 anni. Fermato in via cautelativa dal Coni perché nel suo sangue sono stati trovati livelli eccessivi di testosterone e Dhea, un precursore degli ormoni steroidei. Giorgio Maria Bortolozzi, ex primario di Ginecologia all’ospedale di Conegliano (Treviso), lunghista e triplista di livello internazionale, tre volte campione mondiale categoria Master, è stato sospeso dall’attività agonistica a un’età record. Con tanto di comunicazione ufficiale del Tribunale nazionale antidoping del Coni, a seguito del controllo operato dalla Nado-Italia dopo i campionati italiani indoor Master di atletica, disputati ad Ancona lo scorso 28 febbraio.
È innegabile che tra gli effetti del deidroepiandrosterone (il Dhea) ci siano l’aumento della forza, della prestanza fisica e della performance sportiva. Ma il medico pizzicato dall’antidoping si ostina a dire che si tratta solo di negligenza: sostiene di non aver presentato la richiesta di esenzione a fini terapeutici e che le tracce rinvenute vadano ricondotte all’assunzione di quello che lui considera un semplice integratore. In America, in effetti, il Dhea non è considerato un farmaco ed è venduto come integratore alimentare.
Come ci si può dopare a 79 anni?
«Non scherziamo. Qui stiamo parlando della salute dell’anziano, non di doping. Vi rendete conto che per la commissione antidoping andrebbe giustificata anche l’insulina?».
Trevigiano doc, sposato, padre di tre figli e nonno di quattro nipotini, lei è stato sospeso dopo tre titoli mondiali, due europei e una decina di tricolori. Come le è venuto in mente di utilizzare il Dhea?
«Ci sono milioni di persone che lo usano in America: è considerato un supplemento dietetico, la pillola della giovinezza. Previene il tumore della prostata, il diabete, l’Alzheimer e mantiene attive anche le funzioni sessuali. Così non ho bisogno del viagra».
Un metro e ottantacinque per 82 chili di peso, cocciuto praticante della dieta a zona, accanito sostenitore di integratori come creatina, carnitina e proteine. Non le sembra eccessivo tutto questo? «La cultura dei medici è sotto i tacchi. Quelli dell’antidoping non sapevano nemmeno come si scriveva Dhea. Non solo questo prodotto l’ho consigliato a parenti e amici, ma non ho mai fatto mistero di assumerlo».
In Italia è difficile da trovare.
Più facile reperirlo negli States.
Per quale motivo?
«Per forza non si trova in Italia, non consente alcun guadagno. Io ne prendo 50 milligrammi al giorno e un flacone con 70 capsule costa solamente 7 euro. Lo ordino via internet e lo utilizzo da ben 15 anni».
Nel 2002 lei fu sottoposto a un controllo antidoping qualche mese dopo l’inizio della cura, ma non venne evidenziato alcun indicatore. Ora ha scritto una lunga relazione per spiegare la sua tesi e l’ha inviata al Tribunale antidoping, che dovrà decidere se procedere o meno con la squalifica.
«La mia è una battaglia medica, di conoscenza del problema. L’unico mio errore è non aver comunicato che pratico questa cura. Ma non mi si può imputare la pratica dopante. Credo che dopo i 60 anni tutti dovrebbero farne uso. Io faccio sport e mi tengo in forma per rallentare l’invecchiamento. Ho 79 anni, ma mi sento ancora un leone. Per quale motivo dovrei autocensurarmi?».
Lei è esponente di una famiglia di medici tra le più note di Treviso, suo padre fu il più giovane primario d’Italia. È convinto che questa bufera finirà con il ledere la vostra immagine pubblica?
«Sono sicuro che tutto sarà chiarito a breve. Ho chiesto la procedura d’urgenza perché voglio partecipare ai campionati europei della settimana prossima. Si gareggia mercoledì e sabato».
ENRICO FERRO, la Repubblica 27/3/2016