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 2016  marzo 27 Domenica calendario

LA SORPRESA DEI DETENUTI A PANNELLA “STAVOLTA SIAMO VENUTI NOI DA TE”

[2 articoli] –
ROMA.
Aprono l’uovo di cioccolatata, tagliano la colomba, brindano con la coca cola perché Marco Pannella, per via della sua malattia, non si può permettere altro. Un’ora a colloquio tra le 11 e mezzogiorno con il Guardasigilli Andrea Orlando e quattro detenuti di Rebibbia, e il leader radicale, nella sua casa di via della Panetteria, non rinuncia alle sue eterne sigarette. Quando i quattro, uno alla volta, raccontano chi sono e la loro storia – sono ammessi al lavoro esterno e per venire qui hanno rinunciato al permesso – Pannella gli parla della speranza: «Non bisogna avere la speranza, ma bisogna essere la speranza».
Un incontro a sorpresa, pensato e organizzato da Orlando dopo un colloquio con Rita Bernardini che ieri però era in visita alle carceri abruzzesi. Una vera sorpresa per il leader radicale che s’è visto arrivare a casa il ministro della Giustizia con i quattro detenuti, due uomini anziani e due giovani donne, che però hanno preferito non dire il loro nome. Con loro il vice direttore del carcere romano Marco Grasselli e la responsabile del reparto femminile Gabriella Pedote.
Tra Orlando, che da sempre vive l’ossessione delle carceri, e Pannella, che ha speso una vita tra diritti dei detenuti e disperate marce e digiuni per le amnistie, la sintonia è immediata. Il botta risposta, intorno al tavolo della cucina-soggiorno, scivola familiare. Il ministro anticipa i temi degli Stati generali dell’esecuzione penale che si svoleranno a Rebibbia tra il 18 e il 19 aprile, vanta come un successo la partenza del Garante nazionale dei detenuti. Pannella lo interrompe. Sa che Orlando viene da La Spezia. Gli chiede: «Conosci Debora Gianfanelli?». Orlando: «Certo, è una radicale della mia città».
Pannella non nasconde di essere «molto contento», lo dice anche: «È una bella giornata di sole, e tutti noi siamo dentro questa bella giornata». Orlando è a suo agio, si guarda intorno. Nota che sulla parete c’è una foto della regina Elisabetta. Interroga Pannella: «Come mai l’hai appesa lì?». Lui risponde: «La ragione è semplice. Londra è la patria del diritto e ha cercato anche di esportarlo in tutto il Commonwealth...».
Tra i due si apre un siparietto internazionale. Orlando spiega che ad aprile andrà a New York per guidare la delegazione italiana che partecipa all’assemblea generale sulla droga. Pannella è pronto a reagire: «Anche lì le cose stanno cambiando. Modificano la rotta rispetto al proibizionismo degli anni ‘80, hanno capito che quella linea non funzionava, che aveva solo un effetto boomerang ». Il Guardasigilli a questo punto riconosce i meriti di Pannella: «Quando si parla di carceri non si può prescindere dalle tante battaglie che avete fatto in questi anni». Tant’è che Orlando ricorda come una radicale come Elisabetta Zamparutti è entrata nel Comitato sulla tortura ed Emilia Rossi nel board del Garante dei detenuti in funzione da appena qualche settimana. Pannella sorride soddisfatto: «Eh già... ormai siamo un’istituzione».
L’emozione è forte, per tutti. Orlando non la nasconde mentre cerca di seguire il filo dei discorsi di Pannella. Il momento più toccante è quando i quattro detenuti raccontano le loro storie: «Vedi Marco, stavolta siamo venuti noi da te dopo tante volte che tu sei venuto da noi e hai speso una vita per migliorare il carcere ». Sono emozionati, e si vede. Raccontano il cammino per reinserirsi nella vita normale. Tre fanno i giardinieri a Rebibbia, uno lavora al bar interno. E qui Pannella pronuncia la sua frase sulla speranza, il vero leit motiv dell’incontro. È passata oltre un’ora. Pannella fuma ancora una sigaretta e saluta Orlando. La commozione fa brillare gli occhi di tutti per quest’uomo malato sì, ma forte della sua storia.
LIANA MILELLA, la Repubblica 27/3/2016

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MARCE ANTI FAME E VISITE IN CELLA QUELLE PASQUE DA COMBATTENTE –
ROMA.
A Pasqua, quando gli altri riposavano, Pannella si metteva in cammino: cortei, visite a Regina Coeli, digiuni collettivi Satyagraha, perché è nel vuoto che un leader trova la sua vera dimensione. Prendiamo le famose marce contro la fame nel mondo tra il 1979 e il 1985, da Porta Pia a San Pietro: nella prima riuscì a far sfilare insieme Cesare Zavattini e Susanna Agnelli; nella terza gli odiati comunisti finirono per dare il loro patrocinio (anni prima, all’apparire dei radicali in Parlamento, l’ostilità era tale che Pannella si prese una sberla davanti a Botteghe Oscure che Fortebraccio applaudì); Pannella ogni volta urlava: «Siamo di fronte agli ultimi colpi di coda del regime», ma nell’85 si aggregarono persino i papaveri democristiani Piccoli, Zamberletti e Scotti. Padroneggiava il registro mediatico come nessun altro: «Abbiamo solo poche settimane per salvare 5 milioni di persone dalla morte per fame!», invocando l’approvazione di una legge, da parte del Parlamento, che stanziasse 5000 miliardi di lire agli Stati africani. Erano marce festose, di 30-40mila persone, i sindaci con i gonfaloni, i pacifisti, i cattolici del dissenso, il rabbino Toaff, i bambini con i palloncini blu, che dopo essere passati sotto le finestre del Quirinale per inneggiare a Pertini, si mescolavano ai fedeli in attesa della benedizione papale. Pannella rivelava tutto il suo ingegno proteiforme. Giovanni Paolo II inizialmente non diceva una parola, allora lo accusarono di complicità con i potenti della terra, poi nell’82 il Pontefice li salutò come “crociati della pace”, nell’86 infine ricevette Pannella e Bonino. C’era alla vigilia sempre una polemica contro la Rai, che non faceva mai abbastanza, da qui altri sit-in davanti a viale Mazzini, bavagli, digiuni.
Dopo le marce contro la fame venne il tempo di quelle contro la pena di morte e per l’amnistia. Le ultime festività Pannella le ha trascorse tra i detenuti. Viene in mente una parola: generosità. Oggi per la prima volta il vecchio leader non scende in piazza a Pasqua, ma sono gli altri a recarsi da lui. Pannella, a ben vedere, ha più unito che diviso.
CONCETTO VECCHIO, la Repubblica 27/3/2016