VARIE 25/3/2016, 25 marzo 2016
APPUNTI PER GAZZETTA - PASTONCINO SIRO-BELGA
CORRIERE.IT
dopo gli ATTACCHI AL CUORE DELL’EUROPA
Bruxelles, operazione a Schaerbeek
Ferito e arrestato «un pesce grosso»
Salah: «Abaaoud fu mente attentati»
I terroristi e gli errori della polizia
Nuovo blitz della polizia nel quartiere della capitale belga, fermato quello che viene definito «un elemento importante» legato agli attentati dello scorso martedì 22 marzo Il premier belga Charles Michel dichiara: pronte nuove missioni degli F-16 contro Isis
di Federico Thoman, Valentina Santarpia
Un robot degli artificieri si avvicina ad un uomo a terra, ferito dagli agenti
Un robot degli artificieri si avvicina ad un uomo a terra, ferito dagli agenti
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Spari a una fermata dell’autobus, ostaggi, esplosioni: Bruxelles, nel terzo giorno di lutto nazionale per gli attentati in metropolitana e all’aeroporto, sembra sempre più una città sotto assedio. Venerdì mattina un uomo, che i media belgi definiscono come «un pesce grosso», è stato individuato e fermato dalla polizia al termine di un’operazione antiterrorismo nel quartiere Schaerbeek, vicino ad una fermata dei mezzi pubblici. Secondo una prima ricostruzione realizzata attraverso le testimonianze, l’uomo avrebbe provato a prendere in ostaggio una donna e un bambino, prima di essere bloccato dagli agenti, che gli hanno sparato alle gambe. «Allontana lo zaino», gli hanno intimato gli agenti, che hanno messo in sicurezza la borsa che l’uomo aveva con sé, temendo si trattasse di una bomba. Era solo uno zaino: ma l’uomo, almeno stando al quotidiano belga Dernière Heure, aveva indosso un gilet esplosivo. Non si conosce ancora l’identità del fermato. Si sa solo che non si tratta, come si era ipotizzato in un primo momento, di Mohamed Abrini, uno dei super ricercati per gli attacchi di Parigi e complice di Salah Abdeslam nella preparazione e nella gestione logistica degli attentati.
Sul fronte delle indagini intanto è arrivata la conferma in un comunicato stampa diffuso dalla procura belga che era effettivamente Najim Laachraoui l’uomo che ha azionato la seconda esplosione all’aeroporto di Zaventem, martedì 22 marzo mattina. Il suo nome, ricorda l’autorità giudiziaria belga, «appariva anche nel dossier della Procura federale aperto dopo gli attentati di Parigi». E tra gli arresti di ieri sera a Bruxelles spicca quello di Faycal C. (identificato poi in Cheffou da altri media), un sedicente giornalista indipendente della capitale, considerato un reclutatore: secondo «fonti sicure» citate da Le Soir, sarebbe il terzo attentatore di Zaventem, l’uomo fotografato con una giacca chiara e un cappello scuro accanto ai kamikaze. L’uomo rifiuta di collaborare ma per ora non è stato incriminato. Ci sono anche due arresti in Germania sospettati di essere legati agli attentati. Uno dei due, Samir E., ha ricevuto messaggi sospetti sul telefonino e ha avuto contatti con gli ambienti frequentati dai kamikaze. L’uomo sarebbe stato fermato nell’estate del 2015 in Turchia al confine con la Siria. L’altro è un 28enne marocchino arrestato a Giessen, in Germania,che potrebbe essere uno dei complici che si trovavano con Salah al momento del suo arresto a Molenbek: il giovane, al momento del fermo, era in possesso di una falsa patente italiana e aveva una ferita da taglio alla spalla.
Le rivelazioni di Salah
«Dopo gli attentati di Bruxelles Salah Abdeslam non vuole più parlare», ha detto il ministro della giustizia belga Koen Geens intervenendo alla Camera. Un silenzio pesante, visto che proprio dall’interrogatorio dello scorso 19 marzo di Salah Abdeslam sono emersi molti dettagli sugli attentati di Parigi dello scorso 13 novembre. In particolare, ha anticipato Le Monde, è stato spiegato che la mente degli attacchi nella capitale francese è stata Abdelhamid Abaaoud, il terrorista morto nell’assalto al covo di Saint-Denis. Lo stesso giornale rivela che la cintura di Abdeslam, la notte degli assalti nella capitale francese, «mancava di liquido esplosivo» e sarebbe forse questo il motivo per cui, a differenza degli altri membri del commando, lui sarebbe rimasto in vita. Questo particolare è stato riferito da Abid Aberkan, il cugino da cui l’ex fuggitivo si rifugiò a Molenbeek, a sua volta fermato venerdì. Salah stesso ha detto agli inquirenti che quella cintura gliel’aveva consegnata il fratello Brahim nell’appartamento affittato a Bobigny.
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Blitz a Schaerbeek, arriva anche l’artificiere con il robot anti-bomba
I particolari sui fratelli EL Bakraoui
Inoltre sarebbero emersi nuovi particolari su Khalid e Ibrahim El Bakraoui, i due fratelli kamikaze degli attentati nella città belga, costati la vita a 31 persone e che hanno fatto oltre 270 feriti, 61 dei quali ancora in gravi condizioni. Stando a quanto riportato dal Daily Mail, che ha intervistato uno zio, i fratelli El Bakraoui avrebbero lavorato in passato presso l’aeroporto della capitale belga. Lo zio avrebbe riferito che i due «non hanno finito le scuole superiori, avevano lavorato anche in un ristorante e durante i mesi estivi hanno trovato impiego come addetti alle pulizie dell’aeroporto».
Un nuovo ricercato
La notizia è però anche un’altra. C’è un nuovo ricercato, ritenuto coinvolto negli attacchi terroristici sia di Parigi che Bruxelles: si tratta di Naim Al Hamed, siriano originario di Hama, di 28 anni. Il nome compare su una lista di cinque principali sospettati introvabili stilata dalle intelligence occidentali, che si presume siano stati coinvolti negli attentati del 13 novembre a Parigi e in quelli del 22 marzo a Bruxelles. La notizia era stata pubblicata da alcuni media spagnoli ed è stata ripresa La Dernière Heure belga. L’uomo, di cui è stato reso noto un documento con foto, è descritto come «molto pericoloso e forse armato».
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Attacchi a Bruxelles, l’attentato all’aeroporto di Zaventem
La polizia conosceva l’indirizzo di Abdeslam
Un’altra notizia, sempre riferita da La Dernière Heure, accresce le già numerose domande sulla strategia e l’operato delle autorità belghe. Un poliziotto di Mechelen (città del Nord del belgio, nella provincia di Anversa) sarebbe stato in possesso dell’indirizzo del luogo in cui Salah Abdeslam - il ricercato numero uno dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 - è stato trovato lo scorso venerdì 18 marzo: rue des Quatre Vents 79 a Molenbeek, roccaforte jihadista nel cuore del belgio. Il funzionario lo avrebbe saputo dal 7 dicembre scorso, ma la segnalazione non sarebbe giunta a Bruxelles prima di tre mesi. Secondo quanto riferito, l’ufficiale di polizia aveva ottenuto le informazioni a Mechelen e aveva inserito l’indirizzo in un rapporto confidenziale destinato alla cellula antiterrorismo della polizia giudiziaria federale di Bruxelles. Ma il rapporto non sarebbe stato trasmesso alla capitale e sarebbe rimasto sotto chiave per tre mesi presso la centrale di polizia di Mechelen.
L’arresto di Rema Kriket a Parigi e la connessione franco-belga
Nel frattempo il legame a doppio filo che connette Belgio e Francia, Bruxelles e Parigi, continua a intricarsi e avvilupparsi. Nelle stesse ore in cui i colleghi belgi effettuavano le loro operazioni, i poliziotti francesi hanno arrestato un uomo di nome Reda Kriket ad Argenteuil, banlieue a nord di Parigi. Kriket, che secondo quanto riferito dalle autorità francesi sarebbe arrivato allo «stadio avanzato» nella preparazione di un attentato in Francia, era stato condannato in contumacia in Belgio insieme ad Abdelhamid Abaaoud, la «mente» degli attentati di Parigi. A casa di Reda Kriket è stato ritrovato un arsenale impressionate: esplosivo TATP, kalashnikov e armi varie. Il TATP è lo stesso tipo di esplosivo artigianale utilizzato negli attentati del 13 novembre allo Stade de france e a Saint Denis. Contrariamente a quanto dichiarato in un primo momento dal ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve, gli inquirenti avrebbero ricostruito un nesso tra l’attività di Reda Kriket con quella degli attentati di Bruxelles e Parigi. Nell’ambito di questa rete, Kriket - originario di una banlieue a Sud-Ovest di Parigi e con un passato da criminale comune- avrebbe fatto partire per la Siria una trentina di persone per seguire la via estrema del jihad e del martirio. Fra queste, proprio Abaaoud.
La visita di Kerry e l’annuncio del premier belga Michel
«Je suis Bruxellois»: così, mutuando una celebre frase di John Fitzgerald Kennedy, il segretario di Stato americano, John Kerry, ha salutato una Bruxelles ancora scossa dagli attentati di martedì. Durante la conferenza stampa congiunta con il premier belga, Charles Michel, il capo della diplomazia Usa ha espresso le condoglianze per le vittime e ha promesso sostegno nella lotta al terrorismo: «Non ci faremo intimidire, non ci fermeremo fino a quando non avremo eliminato» l’ideologia dell’Isis «da questo mondo». Lo stesso premier belga Michel ha poi confermato, parlando con i media dopo l’incontro con Kerry, che il suo Paese invierà caccia F-16 per bombardare lo Stato islamico in territorio siriano. Precisando che la natura della missione sarà a breve discussa in parlamento. Il presidente francese Francois Hollande ha invece sottolineato oggi che la cellula terroristica che ha colpito negli attentati di Parigi e Bruxelles sta per essere «annientata» ma «ci sono altre cellule» e quindi «la minaccia resta».
IMARISIO: GLI ERRORI BELGI
[Esplora il significato del termine: ndate via, veloci, c’è una operazione di Polizia in corso, non bisogna restare qui». Martedì 16 marzo, ore 14.15, Forest, sobborgo di Bruxelles. I due uomini hanno eseguito l’ordine dell’agente. E si sono allontanati. Erano Salah Abdeslam e Amine Choukri, appena scappati dal retro del covo scoperto durante una perquisizione. L’agente non aveva riconosciuto il latitante più ricercato del mondo. Ci sarà una inchiesta, per capire se si tratta dell’ennesimo errore o di complicità. Solo un episodio, tra i tanti, a cominciare da quello che riguarda Najim Laachraoui, l’artificiere delle due stragi, rivelato venerdì da Fiorenza Sarzanini in un articolo pubblicato su questo sito. Forse Gilles Kepel esagera nel dire che Isis e il suo terrorismo prosperano nei Paesi falliti. Ma è vero che dopo almeno vent’anni passati a distogliere lo sguardo da quel che accadeva in alcune sue enclaves, il Belgio e i suoi servizi di sicurezza si sono scoperti del tutto impreparati a fronteggiare quel che poi gli è purtroppo arrivato addosso prev next prev Salah Abdeslamnext 25 marzo 2016 | 15:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA shadow 100% totale voti2 0 45 1 Dopo aver letto questo articolo mi sento... CONTRIBUTI 0 SCRIVI aside shadow 1. I terroristi, il blitz 2. Salah Abdeslam 3. Ibrahim Bakraoui 4. Khalid Bakraoui 5. Bilal Hadfi ] ndate via, veloci, c’è una operazione di Polizia in corso, non bisogna restare qui». Martedì 16 marzo, ore 14.15, Forest, sobborgo di Bruxelles. I due uomini hanno eseguito l’ordine dell’agente. E si sono allontanati. Erano Salah Abdeslam e Amine Choukri, appena scappati dal retro del covo scoperto durante una perquisizione. L’agente non aveva riconosciuto il latitante più ricercato del mondo. Ci sarà una inchiesta, per capire se si tratta dell’ennesimo errore o di complicità. Solo un episodio, tra i tanti, a cominciare da quello che riguarda Najim Laachraoui, l’artificiere delle due stragi, rivelato venerdì da Fiorenza Sarzanini in un articolo pubblicato su questo sito. Forse Gilles Kepel esagera nel dire che Isis e il suo terrorismo prosperano nei Paesi falliti. Ma è vero che dopo almeno vent’anni passati a distogliere lo sguardo da quel che accadeva in alcune sue enclaves, il Belgio e i suoi servizi di sicurezza si sono scoperti del tutto impreparati a fronteggiare quel che poi gli è purtroppo arrivato addosso
FIORENZA SARZANINI
Due anni fa, esattamente il 18 marzo 2014, la magistratura belga firmò un mandato di arresto contro Najim Laachroui, uno degli uomini che si è fatto esplodere all’aeroporto di Zaventem. L’artificiere della cellula che ha colpito a Parigi e a Bruxelles, il terrorista che ha confezionato le cinture esplosive utilizzate per compiere le stragi nelle capitali di Francia e Belgio, era dunque conosciuto alle autorità del suo Paese. Gli investigatori sapevano che faceva parte di un gruppo fondamentalista, addirittura che era un organizzatore dei viaggi per la Siria, ma anche per chi voleva rientrare in patria. Esattamente come aveva fatto lui. Un foreign fighter che si muoveva con altri giovani della sua età. E che era stato reclutato da due fratelli, personaggi chiave di un’organizzazione ancora attiva.
I «buchi» nella prevenzione
Quanto emerso nelle ultime ore dimostra che la «rete» utilizzata dalla cellula jihadista era ben nota da tempo, ma che non si è riusciti a fermare i terroristi. E questo nonostante alcuni di loro fossero stati addirittura controllati in alcuni Paesi europei. Svela anche quanto ampia sia l’organizzazione, che continua a poter contare su numerosi personaggi rimasti nell’ombra e tuttora attivi nel fornire appoggi logistici. Soltanto da qualche settimana, quando la ricerca di Salah Abdeslam e dei suoi complici si è concentrata sul «covo» di Molenbeek, i loro nomi sono stati condivisi con le polizie degli altri Stati. È stato chiesto - anche fornendo alcuni dettagli sulle utenze utilizzate e sui falsi documenti scoperti in passato nel corso di numerose perquisizioni - di controllare possibili collegamenti con fondamentalisti residenti o comunque transitati in altri Paesi.
Verifiche anche in Italia
Nessuna evidenza è emersa in Italia, almeno fino ad ora, però le verifiche sono tuttora in corso anche tenendo conto del viaggio dello scorso agosto che Salah Abdeslam aveva effettuato entrando in Puglia e poi percorrendo l’intera penisola per raggiungere l’Austria per rientrare in Belgio.
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Chiodi e viti: i frammenti recuperati dai corpi dei feriti negli attentati
L’ordine di cattura
Il mandato di arresto per l’attacco al teatro Bataclan e allo Stade de France contro Najim Laachroui viene emesso il 24 febbraio 2016. L’accusa è di aver confezionato le cinture esplosive partecipando dunque attivamente alla pianificazione della strage. Due anni prima, un altro atto di accusa era stato esplicitato in un provvedimento analogo: è il 49/13 numero 359878/13, porta la data del 18 marzo 2014. L’ordine di cattura riguarda un’organizzazione che recluta giovani jihadisti da mandare in Siria. Gli accertamenti cominciano nel 2012, si concentrano su alcuni viaggi effettuati da giovani stranieri nati e residenti a Bruxelles. Nelle contestazioni si parla esplicitamente di un «gruppo terroristico».
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I due fratelli addestratori
La «rete» ricostruita dagli investigatori e delineata nel mandato di cattura internazionale, fa capo a O. A. che con suo fratello M. «ha avuto un ruolo determinante nella partenza di Najim Laachroui per la Siria». Il viaggio risale all’inverno 2013. Esattamente il 17 febbraio Laachroui lascia il Belgio e va in Turchia, poi si trasferisce in Siria. Prima di andare via «partecipa a numerose riunioni di giovani radicali», ha frequentazioni assidue con uno dei due fratelli. Come lui molti altri stranieri hanno deciso di andare ad addestrarsi. Nel documento viene citato in particolare un viaggio effettuato il 29 dicembre 2012 da un gruppo di quattro ragazzi, anche loro reclutati e indottrinati dai due fratelli. Sono i foreign fighters che adesso fanno paura perché sono disposti a tutto, anche a morire pur di «instaurare la legge di Allah».
Dal Belgio alla Siria via Germania
La pianificazione è minuziosa, le indagini consentono di scoprire che in molti casi gli addestratori si occupano di accertare personalmente che il viaggio venga effettuato e dunque ne percorrono almeno alcune tappe. Accade anche nel 2012. I quattro giovani si muovono da Bruxelles e raggiungono Düsseldorf, in Germania. Con loro c’è O. A. che però rientra dopo aver verificato che si sono imbarcati su un volo diretto in Turchia. Li fa accompagnare da un «fedelissimo», I. A., che li scorta fino ad Ankara e poi - dopo averli «consegnati» ad un membro dell’organizzazione che dovrà portarli nei campi di addestramento - rientra in Belgio. Secondo quanto comunicato adesso dagli investigatori belgi ai colleghi degli altri Stati sono «numerosi i giovani residenti in Belgio che dopo l’addestramento sono tornati a casa». Pronti ad entrare in azione proprio come Najim Laachroui.
La falsa identità dell’artificiere
Dopo la permanenza in Siria il terrorista prende una nuova identità. Il 9 settembre 2015, quando viene controllato dalla polizia austriaca mentre è in compagnia di Salah Abdeslam, consegna un documento intestato a Soufiane Kayal. E viene mandato via. Un mese dopo a Bruxelles scattano una serie di perquisizioni. La magistratura indaga «su una rete criminale attiva nella contraffazione di documenti». In un appartamento vengono trovate alcune carte di identità. Una appartiene a Soufiane Kayal, una è intestata a Yassine Baghli, l’altra a Samir Bouzid. Soltanto dopo gli attacchi di Parigi del 13 novembre scorso, si scopre che sono i falsi nomi usati da Salah Abdeslam e da Mohamed Belkaid, il «basista» ucciso nel blitz che il 15 marzo scorso ha portato alla cattura di Salah. Troppo tardi. La «rete» era nota, ma non si è riusciti a fermare i kamikaze. E loro hanno compiuto una nuova strage a Bruxelles
REPUBBLICA.IT
DAMASCO - Due duri colpi per l’Is. Uno è stato assestato dalle forze di coalizione a guida Usa, che hanno ucciso il numero due dell’Is. Il capo del Pentagono, Ash Carter, ha confermato l’uccisione in un’incursione aerea Usa di colui che era considerato il "ministro delle Finanze" dell’Is. Si tratta di "un terrorista noto, fin dai suoi legami con al Qaida" e "uno dei tre obiettivi di maggiore valore" nella lotta allo Stato Islamico. Carter ha inoltre sottolineato che gli Stati Uniti sono "impegnati più che mai al fianco dell’Europa. I nostri nemici sono gli stessi. L’uccisione di Abdel Rahmane al-Qadouli ostacolerà la capacità operativa dello Stato islamico".
Su Abdel al Rahman Mustafa al-Qaduli, un alto leader religioso dello Stato Islamico di origine irachena, noto come Hajji Imam, il dipartimento di Stato americano aveva messo una taglia di 7 milioni di dollari per informazioni che avessero portato alla sua cattura. Il militante aveva assunto maggior potere, si ritiene, dopo il presunto ferimento del leader dello Stato islamico, Abu Bakr al-Baghdadi. Carter non ha rivelato se l’operazione sia stata sferrata in Iraq o Siria, così come non ha confermato specifici legami con i fatti di Bruxelles. Il capo del Pentagono ha tuttavia sottolineato che "non ci sono dubbi" sul fatto che i personaggi nel mirino delle operazioni Usa "facciano parte di quell’apparato in Siria e Iraq che lavora per reclutare e addestrare" per l’Isis. La sua morte, ha aggiunto Carter, è un colpo per le finanze del Califfato, per la "loro capacità di pagare e ingaggiare reclute".
Il Pentagono ha inoltre confermato la morte del ’ministro della guerra’ dell’Is, Tarkhan Batirashvili, meglio conosciuto come Omar al-Shishani o ’Omar il ceceno’ che, secondo l’Osservatorio per i diritti Umani, era rimasto gravemente ferito in un raid aereo a inizio marzo mentre alcune fonti Usa ritenevano che fosse morto.
L’altro colpo è stato inferto dalle unità dell’esercito siriano e le milizie patriottiche hanno ripreso la cittadella e lo storico castello di Palmira ai terroristi dello Stato Islamico. Lo ha riferito l’agenzia di stampa siriana Sana. "Le unità dell’esercito e della milizia popolare hanno stabilito il controllo sul castello di Palmira dopo che i terroristi hanno sofferto pesanti perdite", ha riferito l’agenzia. La cittadella domina l’area archeologica tra cui il forte del XIII secolo, considerato patrimonio dell’Umanità e dove l’Is aveva issato la propria bandiera nel maggio del 2015.
LA MAPPA. La furia dell’Is su Palmira
In precedenza il responsabile delle antichità siriane, Maamoun Abdelkarim, aveva reso noto che l’esercito, appoggiato dalle milizie filogovernative, era giunto a poche centinaia di metri dal sito archeologico. Le forze di Damasco avrebbero già il controllo del quartiere dove si trovano hotel e ristoranti, oltre che della Valle delle Tombe.
FOTO. Palmira sotto assedio: reperti trasferiti
L’agenzia di stampa russa Tass, riporta, stando a quanto riferito da una fonte "ben informata" siriana, che le truppe di Damasco hanno preso il controllo di una strada che porta da Palmira a Deir ez-Zor e si troverebbero "a 500 metri dall’aeroporto".
Siria, media di stato: "Truppe di Damasco entrate a Palmira"
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I combattenti dello Stato Islamico hanno cominciato una controffensiva contro le forze governative siriane intorno alla cittadella di Palmira. Lo ha riferito un comandante di brigata dei Falconi del deserto. "La nostra squadra d’assalto è stata in grado di entrare nella fortificazione. Il secondo gruppo copre da un’altezza vicina, ed i militanti stanno cercando di puntare su un contrattacco alla cittadella dalla città. I combattenti nella cittadella hanno il compito di tenere la loro posizione", ha detto il comandante di brigata.
NOTIZIE DA BRUXELLES
BRUXELLES - Proseguono e accelerano le operazioni antiterrorismo in Belgio e Francia, dopo l’attentato sventato in Francia ad Argenteuil, con l’arresto di un francese, Reda Kriket. Tre le persone arrestate oggi: una a Forest, una a Saint-Gilles e una a Schaerbeek, comune di Bruxelles, dove è stato portato a termine il blitz più massiccio. Qui le unità speciali della polizia federale hanno fermato un sospettato che, durante l’operazione, è rimasto ferito a una gamba. I media belgi avevano diffuso la notizia che si trattava di Mohamed Abrini, uno dei super ricercati nell’ambito dell’inchiesta sugli attentati di Parigi e complice di Salah Abdeslam, ma la Procura ha smentito. Stando alle immagini trasmesse dalla tv, il fermato è rimasto ferito dopo che ha tentato di scappare opponendo resistenza all’avvertimento degli agenti di fermarsi. Sulle spalle aveva uno zainetto ed era in compagnia di una bambina, subito messo in salvo dagli agenti.
Morta italiana. L’italiana finora data per dispersa dopo gli attacchi di Bruxelles, Patricia Rizzo, è morta. La notizia arriva dal cugino, Massimo Leonora, su Facebook. "Purtroppo Patricia non è più con noi", ha scritto il familiare.
SPECIALE VIDEO / BRUXELLES SOTTO ATTACCO
Robot sminatore in azione. L’operazione si è svolta a una fermata di bus. Testimoni hanno raccontato di aver udito alcune esplosioni e un robot sminatore ha controllato la borsa del fermato. Un’altra testimone ha riferito che le esplosioni hanno fatto tremare i vetri.
Inquirenti: "Preso pesce grosso". L’uomo arrestato a place Meiser è considerato dagli inquirenti "un pesce grosso" della rete jihadista di Is in Europa. Fonti della polizia francese riferiscono che l’azione a Bruxelles è collegata all’arresto avvenuto ieri del 34enne Reda Kriket a Parigi nella cui casa sono state trovate armi pesanti ed esplosivo per un attentato. Nel suo domicilio ad Argenteuil sono stati ritrovati esplosivo TATP (perossido di acetone), kalashnikov e armi. Il TATP è lo stesso tipo di esplosivo artigianale utilizzato negli attentati del 13 novembre allo Stade de France e a Saint Denis a Parigi e martedì all’aeroporto e alla metro di Bruxelles.
Allarme bomba a Bonn. La tensione resta altissima: un allarme bomba è scattato nella stazione di Bonn. L’area è stata cordonata e la polizia ha effettuato controlli con i cani antiesplosivo. I treni sono stati fermati e i passeggeri sono stati trasbordati sui bus.
Salah non vuole parlare. Le indagini non si fermano e la cellula terroristica che ha colpito negli attentati di Parigi e Bruxelles sta per essere "annientata", anche se "ci sono altre cellule", ha detto il presidente francese, Francois Hollande. Per individuarle inutile, per il momento, sperare nella collaborazione di Salah Abdeslam: "Dopo gli attentati di Bruxelles non vuole più parlare", ha detto il ministro della Giustizia belga Koen Geens intervenendo alla Camera. Secondo, poi, Roland Pacolet, il direttore delle unità speciali della polizia federale belga che una settimana fa a Molenbeek catturarono Salah Abdeslam, quando si precipitò in strada, la sua intenzione non sarebbe stata tanto di riuscire a fuggire, quanto piuttosto di cercare la morte per mano degli agenti.
Forse Cheffou uomo col cappello. Nell’inchiesta dell’attacco a Bruxelles, però, compare un nuovo nome: si tratta di Faysal Cheffou che, secondo una fonte citata da Le Soir, la polizia pensa sia l’uomo con il cappello e la giacca bianca, ripreso dalle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto di Zaventem in compagnia dei due kamikaze poco prima che si facessero esplodere, e da allora in fuga.
Ricercato un siriano. Intanto c’è un nuovo sospettato ricercato sia per gli attentati di Parigi del 13 novembre, che per gli attacchi a Bruxelles di martedì scorso: si tratta di Naim Al Hamed, siriano di 28 anni. Lo rivela ’La Derniere Heure’, secondo cui l’uomo sarebbe "molto pericoloso e potrebbe essere armato". Dopo gli attentati di Bruxelles, si legge sul sito belga, i servizi antiterrorismo occidentali hanno ricevuto una lista di cinque principali sospettati che si presume siano coinvolti negli attentati di novembre e del 22 marzo. Se gli altri quattro nomi erano noti, si legge ancora, quello di Al Hamed appare per la prima volta, ed è stato pubblicato ieri per la prima volta dai media spagnoli.
In base alla sua scheda, Al Hamed è nato il primo gennaio del 1988 a Hama, da Khaled e Fawzih Al Hamed. Ricercato per il suo presunto coinvolgimento negli attacchi di Bruxelles e Parigi, l’uomo è di nazionalità siriana. La sua segnalazione è stata diffusa all’estero insieme a quella di Abrini e Najim Laachraoui, che la polizia ha confermato essere uno dei kamikaze dell’aeroporto di Zaventem e sospettato di essere l’artificiere degli attentati del 13 novembre. Di Laachraoui è stato trovato il dna su un frammento di tessuto recuperato all’interno del Bataclan, teatro di uno degli attacchi di novembre a Parigi.
Salah ora si rifiuta di collaborare
Salah Abdeslam, uno dei terroristi degli attentati di novembre a Parigi, si rifiuta di parlare con i magistrati dagli attacchi terroristici di martedì scorso a Bruxelles. Lo ha annunciato Koen Geens, ministro della giustizia del Belgio. "Il procuratore federale mi ha appena informato che Salah Abdeslam non vuole più parlare dagli attentati all’aeroporto di Zaventam e alla metropolitana di Bruxelles", ha detto Geens alla commissione parlamentare che esamina gli attacchi terroristici che martedì scorso hanno provocato 31 vittime e circa trecento feriti.
Tra i fermati di Bruxelles ci sarebbe anche Faysal Cheffou, sospettato di essere "l’uomo col cappello"
Nell’inchiesta anti-terrorismo sugli attentati di Bruxelles è apparso un nuovo nome, Faysal Cheffou. Secondo una fonte ben informata citata da Le Soir, la polizia ritiene che ci siano "forti possibilità" che si tratti dell’uomo con il cappello e la giacca bianca, ripreso dalle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto di Zaventem in compagnia dei due kamikaze poco prima che si facessero esplodere, e da allora in fuga. Fermato giovedì sera nel corso di una serie di perquisizioni a Bruxelles, Cheffou è stato interrogato ma al momento si rifiuta di collaborare. Da mesi sarebbe nel mirino della polizia. Delle sei persone fermate giovedì sera, tre sono già state rilasciate mentre altre tre restano in custodia. Si tratta di Cheffou e di altri due persone, un uomo e una donna, individuati a Jette sul Ring, alla periferia di Bruxelles.
Secondo kamikaze dell’aeroporto di Bruxelles è Najim Laachroui
La procura federale belga conferma che il secondo kamikaze dell’aeroporto di Zaventem è Najim Laachraoui, precisando che "in base al Dna la procura è in grado di confermarlo". Lo riporta il sito del quotidiano Le Soir.
L’arrestato non è Abrini
La persona arrestata a Schaerbeek non è Mohamed Abrini. E’ quanto riporta l’emittente pubblica Rtbf dopo aver interpellato la procura federale.
Media: uomo arrestato aveva borsa con esplosivi
E’ stato ferito alle gambe l’uomo arrestato dalle forze di sicurezza belghe nel corso di un’operazione anti-terrorismo a Schaerbeek, quartiere nord-orientale di Bruxelles. L’uomo si è rifiutato di seguire gli ordini della polizia ed è stato neutralizzato. Le immagini diffuse sui media mostrano il sospetto ferito a terra, con quella che sembra una mitraglietta accanto, mentre viene controllato da un robot a comando remoto per verificare che non avesse esplosivo addosso. L’uomo, che secondo l’emittente tv Rtbf aveva con sè una sacca contenente esplosivi, viene poi trascinato via dagli agenti. Il borgomastro, Bernard Clerfayt, ha confermato l’arresto dell’uomo, sostenendo che sia legato agli attacchi di Bruxelles. In precedenza era stato riferito che l’operazione era legata all’attentato sventato ieri ad Argenteuil, sobborgo di Parigi.
Due arresti in Germania. Stamani due sospetti legati agli attacchi terroristici di Bruxelles sono stati arrestati in Germania, secondo quanto riferisce lo Spiegel online citando fonti della procura di Dusseldorf. Uno dei due uomini arrestati avrebbe avuto precedenti penali in Italia e Germania. Secondo le notizie del quotidiano tedesco, i due arrestati avrebbero scambiato messaggi con persone vicine alla cellula bruxellese. E uno in particolare, Samir E., avrebbe ricevuto dei messaggi da Khalid el Bakraoui che si è fatto saltare in aria nella metropolitana di Bruxelles. Inoltre Samir sarebbe stato fermato in Turchia nell’estate del 2015 dove lo stesso Khalid era stato arrestato dalle autorità di Ankara. Secondo la polizia federale citata dallo Spiegel uno degli arrestati ha ricevuto un sms con la parola francese "fine" alle 9:08 del 22 marzo, giorno degli attentati. Gli investigatori belgi ritengono che Khalid el Bakraoui si sarebbe fatto saltare in aria alle 9:11.
Gravi negligenze. Con il passare dei giorni, si fanno sempre più evidenti le falle nel sistema di sicurezza belga: il ministro dell’Interno, Jan Jambon, ha ammesso esserci stata negligenza nella gestione del caso di Ibrahim El Bakraoui, uno dei kamikaze dell’aeroporto di Bruxelles, e ha definito "inaccettabile" che non sia stato fatto nulla di essenziale tra il suo arresto in Turchia e la sua estradizione in Olanda. Il ministro, che ieri ha presentato le sue dimissioni dal governo poi rifiutate dal premier Charles Michel, in quanto responsabile della polizia, ha dichiarato di volersi assumere la responsabilità politica, da non confondere però come un’ammissione di colpevolezza.
Viminale: "Più controlli ai caselli". Anche in Italia l’allerta resta alta: con una circolare inviata dal capo della polizia, Alessandro Pansa, a prefetti e questori, si prevede l’’attivazione di "mirati e frequenti posti di blocco", nonchè "l’intensificazione dei controlli su strade e autostrade, soprattutto in prossimità di caselli, barriere e snodi stradali maggiormente congestionati". Lo stato di allerta 2, si sottolinea, comporta "una fase di pre allarme per probabili o imminenti atti terroristici".
Proseguono i riconoscimenti delle vittime. Le difficili operazioni di riconoscimento delle vittime vanno avanti tra mille difficoltà: la polizia di Aquisgrana ha confermato la morte della cittadina tedesca di origine italiana, Jennifer Scintu, coinvolta nell’attentato all’aeroporto di Bruxelles. La donna è stata identificata. Almeno due cittadini americani sono morti negli attacchi di Bruxelles: secondo quanto confermato dalla famiglia ai media statunitensi si tratta dei fratelli di New York Sasha e Alexander Pinczowsky. Tra le vittime c’è anche un cittadino francese, mentre altre 12 persone sono rimaste ferite, di cui tre in modo grave.
Due arresti in Germania. Stamani due sospetti legati agli attacchi terroristici di Bruxelles sono stati arrestati in Germania, secondo quanto riferisce lo Spiegel online citando fonti della procura di Dusseldorf. Uno dei due uomini arrestati avrebbe avuto precedenti penali in Italia e Germania. Secondo le notizie del quotidiano tedesco, i due arrestati avrebbero scambiato messaggi con persone vicine alla cellula bruxellese. E uno in particolare, Samir E., avrebbe ricevuto dei messaggi da Khalid el Bakraoui che si è fatto saltare in aria nella metropolitana di Bruxelles. Inoltre Samir sarebbe stato fermato in Turchia nell’estate del 2015 dove lo stesso Khalid era stato arrestato dalle autorità di Ankara. Secondo la polizia federale citata dallo Spiegel uno degli arrestati ha ricevuto un sms con la parola francese "fine" alle 9:08 del 22 marzo, giorno degli attentati. Gli investigatori belgi ritengono che Khalid el Bakraoui si sarebbe fatto saltare in aria alle 9:11.
Gravi negligenze. Con il passare dei giorni, si fanno sempre più evidenti le falle nel sistema di sicurezza belga: il ministro dell’Interno, Jan Jambon, ha ammesso esserci stata negligenza nella gestione del caso di Ibrahim El Bakraoui, uno dei kamikaze dell’aeroporto di Bruxelles, e ha definito "inaccettabile" che non sia stato fatto nulla di essenziale tra il suo arresto in Turchia e la sua estradizione in Olanda. Il ministro, che ieri ha presentato le sue dimissioni dal governo poi rifiutate dal premier Charles Michel, in quanto responsabile della polizia, ha dichiarato di volersi assumere la responsabilità politica, da non confondere però come un’ammissione di colpevolezza.
Viminale: "Più controlli ai caselli". Anche in Italia l’allerta resta alta: con una circolare inviata dal capo della polizia, Alessandro Pansa, a prefetti e questori, si prevede l’’attivazione di "mirati e frequenti posti di blocco", nonchè "l’intensificazione dei controlli su strade e autostrade, soprattutto in prossimità di caselli, barriere e snodi stradali maggiormente congestionati". Lo stato di allerta 2, si sottolinea, comporta "una fase di pre allarme per probabili o imminenti atti terroristici".
Proseguono i riconoscimenti delle vittime. Le difficili operazioni di riconoscimento delle vittime vanno avanti tra mille difficoltà: la polizia di Aquisgrana ha confermato la morte della cittadina tedesca di origine italiana, Jennifer Scintu, coinvolta nell’attentato all’aeroporto di Bruxelles. La donna è stata identificata. Almeno due cittadini americani sono morti negli attacchi di Bruxelles: secondo quanto confermato dalla famiglia ai media statunitensi si tratta dei fratelli di New York Sasha e Alexander Pinczowsky. Tra le vittime c’è anche un cittadino francese, mentre altre 12 persone sono rimaste ferite, di cui tre in modo grave.
Due arresti in Germania. Stamani due sospetti legati agli attacchi terroristici di Bruxelles sono stati arrestati in Germania, secondo quanto riferisce lo Spiegel online citando fonti della procura di Dusseldorf. Uno dei due uomini arrestati avrebbe avuto precedenti penali in Italia e Germania. Secondo le notizie del quotidiano tedesco, i due arrestati avrebbero scambiato messaggi con persone vicine alla cellula bruxellese. E uno in particolare, Samir E., avrebbe ricevuto dei messaggi da Khalid el Bakraoui che si è fatto saltare in aria nella metropolitana di Bruxelles. Inoltre Samir sarebbe stato fermato in Turchia nell’estate del 2015 dove lo stesso Khalid era stato arrestato dalle autorità di Ankara. Secondo la polizia federale citata dallo Spiegel uno degli arrestati ha ricevuto un sms con la parola francese "fine" alle 9:08 del 22 marzo, giorno degli attentati. Gli investigatori belgi ritengono che Khalid el Bakraoui si sarebbe fatto saltare in aria alle 9:11.
Gravi negligenze. Con il passare dei giorni, si fanno sempre più evidenti le falle nel sistema di sicurezza belga: il ministro dell’Interno, Jan Jambon, ha ammesso esserci stata negligenza nella gestione del caso di Ibrahim El Bakraoui, uno dei kamikaze dell’aeroporto di Bruxelles, e ha definito "inaccettabile" che non sia stato fatto nulla di essenziale tra il suo arresto in Turchia e la sua estradizione in Olanda. Il ministro, che ieri ha presentato le sue dimissioni dal governo poi rifiutate dal premier Charles Michel, in quanto responsabile della polizia, ha dichiarato di volersi assumere la responsabilità politica, da non confondere però come un’ammissione di colpevolezza.
Viminale: "Più controlli ai caselli". Anche in Italia l’allerta resta alta: con una circolare inviata dal capo della polizia, Alessandro Pansa, a prefetti e questori, si prevede l’’attivazione di "mirati e frequenti posti di blocco", nonchè "l’intensificazione dei controlli su strade e autostrade, soprattutto in prossimità di caselli, barriere e snodi stradali maggiormente congestionati". Lo stato di allerta 2, si sottolinea, comporta "una fase di pre allarme per probabili o imminenti atti terroristici".
Proseguono i riconoscimenti delle vittime. Le difficili operazioni di riconoscimento delle vittime vanno avanti tra mille difficoltà: la polizia di Aquisgrana ha confermato la morte della cittadina tedesca di origine italiana, Jennifer Scintu, coinvolta nell’attentato all’aeroporto di Bruxelles. La donna è stata identificata. Almeno due cittadini americani sono morti negli attacchi di Bruxelles: secondo quanto confermato dalla famiglia ai media statunitensi si tratta dei fratelli di New York Sasha e Alexander Pinczowsky. Tra le vittime c’è anche un cittadino francese, mentre altre 12 persone sono rimaste ferite, di cui tre in modo grave.
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BRUXELLES - Continua il lavoro di riconoscimento delle 32 vittime degli attentati di martedì a Bruxelles. Una purtroppo ha il volto dell’italiana finora data per dispersa Patricia Rizzo, la 48enne di passaporto italiano la cui famiglia è originaria della Sicilia e che lavora all’Ercea, l’agenzia esecutiva del consiglio della ricerca europea. A dare il triste annuncio è il cugino, Massimo Leonora, su Facebook. "Purtroppo Patricia non è più con noi", ha scritto.
Sono oltre 40 le nazionalità coinvolte tra morti e feriti. La prima a essere stata identificata, subito dopo gli attacchi è stata la peruviana Adelma Tapia Ruiz, che si trovava all’aeroporto di Zaventem con il marito e le sue gemelline di 4 anni. Loro si sono salvati per miracolo. Tra i corpi ritrovati nel metro c’era quello del belga 45enne Olivier Delespesse, che stava andando al lavoro e si trovava nel vagone dove è avvenuta l’esplosione che ha devastato la stazione di Maelbeek. Nello stesso vagone, sempre per andare al lavoro, ha perso la vita David Dixon, 53enne cittadino del Regno Unito ma residente da dieci anni in Belgio. Dopo la scomparsa la sua compagna aveva lanciato una grande ricerca in tutta la capitale belga, coinvolgendo anche gli amici e i colleghi. Ma ora il Foreign Office, il ministero degli Esteri britannico, ne ha confermato la morte. L’uomo lascia anche un figlio di sette anni.
Tra le vittime ci sono almeno due cittadini statunitensi. "Possiamo confermare che due cittadini americani sono stati uccisi negli attentati del 22 marzo", ha indicato ad alcuni giornalisti un portavoce del dipartimento di Stato Elizabeth Trudeau, aggiungendo che l’amministrazione Usa e le autorità del Belgio stanno tentando di "censire" tutti gli americani che erano a Bruxelles al momento degli attentati dei quali non si hanno ancora notizie. Potrebbe riferirsi o ai due fratelli olandesi che vivevano a New York newyorkesi Sascha et Alexander Pinczowski o a una coppia di americani che risultano ancora dispersi.
Riconosciuta Jennifer Scintu, la 29enne di origine sarda, nata e cresciuta in Germania. Al momento dell’esplosione nello scalo di Zaventem si trovava al check-in dell’American Airlines col marito Lars Waetzmann: dovevano partire per gli Stati Uniti. L’uomo è stato ricoverato in condizioni molto gravi in ospedale ma è vivo.
Non ce l’ha fatta invece Léopold Hecht, il ventenne belga che in un primo momento era rimasto ferito nell’esplosione nella metropolitana e che poi è deceduto in ospedale. Nel metrò c’era anche Loubna Lafquiri, 34 anni, madre di tre figli e insegnante di ginnastica in una scuola islamica di Bruxelles.
L’ambasciata cinese in Belgio ha comunicato che ci sarebbe anche un cittadino cinese tra le vittime dell’attacco.
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Il consiglio dei ministri ha dato il via libera al regolamento della nuova banca dati del dna, che raccoglierà i profili genetici delle persone condannate. Il progetto, concepito per la lotta al crimine, diventa più prezioso davanti all’allargarsi dell’emergenza terrorismo. Il regolamento stabilisce le tecniche e modalità di acquisizione dei campioni biologici, di gestione e tipizzazione dei profili del Dna, di alimentazione della banca dati, di trattamento e di accesso per via informatica e telematica ai dati raccolti nella banca dati e nel laboratorio centrale.
Le categorie sottoposte al prelievo Dna - La norma (attuativa di una legge che risale al 2009) individua 5 categorie di persone il cui dna verrà custodito nella nuova banca dati presso il ministero dell’Interno: chi si trova in custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari; chi viene arrestato in flagranza di reato o sottoposto a fermo di indiziato di delitto; i detenuti e gli internati per sentenza irrevocabile per un delitto non colposo; coloro ai quali è applicata una misura alternativa al carcere sempre per sentenza irrevocabile per un delitto non colposo; quelli che scontano una misura di sicurezza detentiva in via provvisoria o definitiva. I dati saranno a disposizione degli investigatori in Italia, ma potranno all’occorrenza anche essere scambiati con polizie di altre nazioni. Una volta a regime il sistema, i profili genetici accompagneranno le foto segnaletiche e le impronte digitali dei condannati.
La banca dati e il ruolo del garante - Il database farà capo al ministero degli Interni (dipartimento di pubblica sicurezza), mentre il laboratorio centrale sarà presso il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria - direzione generale dei detenuti e del trattamento del ministero della Giustizia, dove sarà impiegato personale tecnico-scientifico e addetti della polizia penitenziaria appositamente formati. Inoltre, altri laboratori, nelle carceri, raccoglieranno il materiale da inviare al laboratorio centrale. Il controllo sulla banca dati nazionale del dna sarà esercitato dal Garante per la protezione dei dati personali e tutti gli operatori coinvolti sono tenuti a rispettare il segreto su dati, evidentemente, sensibilissimi: "Il pubblico ufficiale che comunica o fa uso di dati ed informazioni in violazione delle disposizioni - chiarisce la legge - o al di fuori dei fini previsti, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni".
Quando il profilo può essere cancellato - Il profilo del dna resta inserito nella banca dati nazionale "non oltre quaranta anni dall’ultima circostanza che ne ha determinato l’inserimento", mentre il campione biologico è conservato "non oltre venti anni dall’ultima circostanza che ne ha determinato il prelievo". Ma può essere cancellato anche in seguito ad assoluzione con sentenza definitiva "perché il fatto non sussiste, perché l’imputato non lo ha commesso, perché il fatto non costituisce reato o perché il fatto non è previsto dalla legge come reato". In questi casi è disposta d’ufficio la cancellazione dei profili del dna acquisiti e la distruzione dei relativi campioni biologici.
Sarà compito del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita (Cnbbsv) garantire l’osservanza dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del dna ed eseguire, sentito il garante per la protezione dei dati personali, verifiche presso il laboratorio centrale e i laboratori che lo alimentano, formulando suggerimenti circa i compiti svolti, le procedure adottate, i criteri di sicurezza e le garanzie previste, nonché ogni altro aspetto ritenuto utile per il miglioramento del servizio.
Un archivio anche per le persone scomparse - La banca dati del dna si occuperà poi di facilitare le attività di identificazione delle persone scomparse, mediante acquisizione di elementi informativi della persona scomparsa allo scopo di ottenere il profilo del dna e di effettuare i conseguenti confronti. I ministri dell’interno e della giustizia dovranno informare il parlamento, con cadenza annuale, sulle attività svolte dalla banca dati nazionale del dna e dal laboratorio centrale.
Per il ministro dell’interno, Angelino Alfano, la banca dati "è uno strumento di formidabile potenza dal punto di vista informatico". "Oggi - ha detto Alfano - abbiamo realizzato un passo in avanti che ha pochi precedenti in Europa e che consentirà l’archiviazione dei dati dal punto di vista scientifico del dna che saranno importantissimi sia nella lotta al terrorismo che nella lotta alla criminalità organizzata e al contrasto dell’immigrazione irregolare". "In un momento come questo in cui la sicurezza è al centro dell’attenzione - ha aggiunto Andrea Orlando, ministro della Giustizia - credo che sia giusto dire che questo è un passo fondamentale per aumentare il livello di sicurezza del paese".
Viminale: più posti di blocco e controlli ai caselli. Una circolare inviata dal capo della polizia Pansa dopo gli attacchi di Bruxelles prevede l’attivazione di "mirati e frequenti posti di blocco", nonchè "l’intensificazione dei controlli su strade e autostrade, soprattutto in prossimità di caselli, barriere e snodi stradali maggiormente congestionati".
Pansa raccomanda a prefetti e questori di predisporre ogni misura anche di "soccorso tecnico e sanitario,per gestire efficacemente eventuali emergenze". Lo stato di allerta 2, si sottolinea, comporta "una fase di pre allarme per probabili o imminenti atti terroristici".