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 2016  marzo 24 Giovedì calendario

A PROVA D’ORGASMO


Qui si inventa il profilattico del futuro. Leggerissimo, invisibile, così accogliente che verrà voglia di indossarlo. Così scivoloso da migliorare il sesso. Così perfetto che usarlo sarà puro piacere. Irromperà a breve sulla scena. Pronto a stravolgere le regole di oltre un secolo di lattice. Ci sposterà dalla condizione di doverlo usare a un’altra del tutto inedita: proveremo il desiderio di sentirlo addosso.
Il nome del progetto? Geldom, esplicita fusione tra “condom” e “gel”, la sostanza bagnata, molle e trasparente con cui si intende plasmarlo. La location? I laboratori dell’Università di Wollongong, in Australia, nell’ambito di una collaborazione con la Bill & Melinda Gates Foundation mirata a portare l’innovazione nella sfera del sesso e, in particolare, promuovere l’adesione a quello protetto.
Il profilattico, d’altronde, è il protagonista indiscusso quando si parla di protezione, prevenzione, controllo delle nascite. Ma è anche sinonimo di interruzione, pur solo per qualche secondo, di un momento in cui chiediamo soltanto di non doverci frenare. Lo stesso lattice di cui nella stragrande maggioranza dei casi è costituito non ha mai fatto breccia nei nostri sensi, che lo percepiscono gommoso, opaco, artificiale. Nonostante lo spessore sia più sottile di quello di un capello, la mente lo associa spontaneamente a un possibile calo della sensibilità, dell’attrito: di quelle sfumature, insomma, che ci fanno sentire davvero completo il rapporto. Di fatto, per frenesia o per diffidenza, la maggioranza delle volte finisce per rimanere in tasca oppure abbandonato in un cassetto.
Certo, pure il condom del futuro ci ruberà qualche istante per essere indossato, anch’esso impedirà il contatto diretto tra le carni e fungerà da barriera fisica contro la trasmissione sia di germi che dello sperma. Tuttavia, pur di uscire dal cassetto, proverà a far scattare gli istinti primordiali del corpo e a smuovere un pretesto il più possibile travolgente per essere indossato. Non farà leva, insomma, sul nostro senso di responsabilità, bensì punterà diritto al fulcro del desiderio: quell’incastro perfetto, il pieno contatto, la percezione del calore del partner. In questo modo la protezione c’è ma rimane dietro le quinte ed evita di rubare la scena al piacere.

Il punto di partenza? La materia prima, assolutamente. Niente più tentativi di assottigliare, di elaborare il lattice o simili: stavolta gli scienziati hanno fatto punto e a capo, a caccia dell’accordo perfetto fra molecole studiate a tavolino e le parti più delicate del nostro corpo. «Ci siamo lasciati ispirare dai tessuti umani per provare a ricreare in laboratorio qualcosa di altrettanto morbido, umido e viscoso», spiega Robert Gorkin, ingegnere biomedico e leader del progetto.
Da subito, l’attenzione si è focalizzata sugli idrogel, letteralmente gel a base d’acqua: cioè microscopici reticoli tridimensionali in grado di inglobare e trattenere all’interno delle proprie maglie quantitativi enormi di molecole del fluido. Fino al 99% del volume, o anche di più. Già presenti in molti prodotti commerciali (un esempio su tutti: le lenti a contatto), non erano mai stati presi in considerazione per un potenziale ruolo di barriera biologica poiché, sebbene fortemente biocompatibili, sono in genere molto fragili dal punto di vista meccanico.
È proprio qui che al team di scienziati di Gorkin è riuscito il salto di qualità. Hanno formulato matrici di polimeri sempre nuove, hanno provato a trasformarle in film sempre più sottili, hanno scartato via via le varianti meno resistenti: ed ecco, per la prima volta, una selezione di idrogel sì morbidi e flessibili ma allo stesso tempo estremamente robusti, in grado di deformarsi e tendersi per oltre mille volte la superficie iniziale. Degli involucri trasparenti, quando non addirittura invisibili, in cui le molecole d’acqua sono talmente coese le une alle altre da non consentire il passaggio di alcuna forma di materiale biologico, che si tratti di un getto di cellule spermatiche, di una colonia di batteri o del più microscopico virus esistente. Una pellicola così impalpabile da non appiattire nemmeno le più piccole pieghe naturali della pelle; ma, allo stesso tempo, una protezione pronta ad assorbire fortissime pressioni e più resistente agli strappi di una gomma. Nonché, al tatto, estremamente naturale e simile al rivestimento delle superfici intime.
Ma come decidere qual è la formula perfetta? Niente di meglio che interrogare i nostri stessi recettori sensoriali. Nell’ambito di una collaborazione con un gruppo di neuroscienziati dell’Università di Swinburne, anch’essa in Australia, i ricercatori hanno perciò avviato una serie di test per la valutazione di alcuni dei materiali sintetizzati utilizzando macchine in grado di fornire una mappatura in tempo reale dell’attività nervosa. Quelle tipiche dei reparti di neurologia, per intenderci.
L’azione, in questo caso, consisteva nello scorrere le dita, bendati, su diversi campioni di idrogel e, per contrasto, di lattice, anche con gradi di lubrificazione differenti. «Le risposte raccolte finora, visibili attraverso set di elettroencefalogrammi, hanno confermato che il contatto con i nostri idrogel suscita una sensazione più piacevole rispetto a quelli convenzionali», spiega Gorkin. In particolare, testimoniano gli scienziati, solo con i nuovi materiali si è registrata un’attività elettrica molto forte a carico della corteccia frontale del cervello, segno che potrebbero davvero riuscire a scatenare reazioni nuove e inaspettate rispetto a quelli impiegati finora. Il prossimo passo, cui ora sono impegnati i ricercatori, è lo sviluppo di prototipi, cioè di condom delle dimensioni e delle forme desiderate, da mettere alla prova grazie a coppie campione – cioè persone disposte a indossarli durante i rapporti sessuali e a fornire un feedback. Ma non basta.
Oltre a un miglioramento delle sensazioni, dai profilattici del Terzo Millennio ci si aspetta ancora qualcosa in più. Come per esempio i lubrificanti integrati da far sgorgare automaticamente, e solo in caso di necessità, dalle maglie della matrice. Oppure altre sostanze che, una volta sprigionate direttamente in loco, potrebbero rendere più sicuro, più prolungato o anche solo più piacevole il rapporto sessuale. Via libera, quindi, all’assorbimento di farmaci e altre molecole funzionali; magari quelle che aiutano a mantenere l’erezione, i ritardanti, gli stimolanti.

La ricerca sul fronte dei profilattici, in ragione di un mercato globale di oltre cinque miliardi di dollari l’anno, è certo un terreno molto vivace e pervaso, dal punto di vista tecnologico, di idee spesso visionarie: è in via di sviluppo un profilattico a base di grafene, nanomateriale composto da un singolo strato di atomi di carbonio, di cui si intende assimilare la resistenza estrema in vista di un sistema al 100% antirottura. Ma si lavora anche a preservativi dotati di sistemi di srotolamento rapido, che siano in grado di dispiegarsi e di avvolgere le superfici in una frazione di secondo. E ancora, a formule spray; in tal caso lo strato protettivo si concretizza all’istante, con un semplice spruzzo.
È sempre più chiaro, comunque, che il limite cui ci si trova di fronte non è tutto tecnologico. Per questo il team di ricercatori – che immagina il proprio condom sul mercato entro i prossimi tre, massimo cinque anni – investe molto anche nella cooperazione con i sistemi e le organizzazioni sanitarie. In particolare quelle di realtà in via di sviluppo, come le regioni dell’Africa subsahariana e del Sudest Asiatico, oltre che con alcune comunità di immigrati. «Il nostro è anche un lavoro di educazione e cultura sanitaria», spiega Gorkin. «Ma comprendere i gusti, addentrarsi nelle tradizioni che esistono in luoghi completamente diversi del mondo, è una ricerca difficile quanto quella scientifica». Perché, di fatto, il cuore della rivoluzione non è solo un prodotto chiamato Geldom, ma il nostro atteggiamento nei suoi confronti. Il nuovo condom, insomma, dovrà funzionare prima di tutto nel cervello.