Valerio Millefoglie, Wired 4/2016, 24 marzo 2016
GOOGLE DI CARTA
Nel 1934 un biografo belga di nome Paul Otlet pubblica il Trattato di documentazione. La sua idea è questa: ogni cosa creata dall’uomo può essere archiviata in appositi schedari. Con Henri La Fontaine, premio Nobel per la pace nel 1913, immagina un’immensa città archivio, la Città Mondiale. Già dal 1918, i due studiosi raccolgono documenti di ogni tipo e creano 12 milioni di schede, classificate secondo uno specifico sistema inventato da Otlet. Questa mole fisica d’informazioni trova una prima sistemazione a Bruxelles, in quello che chiamano il Palazzo Mondiale. Le foto dell’epoca mostrano ambienti in bianco e nero, lunghi corridoi e sale in cui altissimi schedari di legno, austeri e imponenti, raggiungono il soffitto, togliendo la vista a ogni finestra. In ogni scomparto sono custoditi e classificati scampoli di umanità: siamo davanti al Repertorio Bibliografico Universale.
Il Palazzo Mondiale viene smantellato durante l’occupazione tedesca agli inizi degli anni Quaranta per far posto a un’esposizione sull’arte del terzo Reich. Quello che rimane oggi di ciò che è stato ribattezzato il Google de papier si trova a Mons, a circa settanta chilometri da Bruxelles, e prende il nome di Mundaneum. Un museo dove si può trascorrere un’intera giornata navigando sul web analogico: mettendo in fila tutti i documenti si camminerebbe per sei chilometri. Tre i temi dominanti: pacifismo, anarchia e femminismo. Si potrebbe entrare la mattina e cominciare leggendo la posta, magari la lettera della moglie di Otlet all’architetto Le Corbusier, che era rimasto folgorato dal progetto di archiviazione. Poi si potrebbe continuare guardando le foto della riunione dell’esecutivo del Consiglio internazionale delle donne nel 1913. Più tardi si potrebbero leggere i documenti del Congresso universale della Pace di Ginevra, concludendo la visita sfogliando le foto profilo di donne americane del 1902. Insomma, trovereste la memoria di un bel pezzo di umanità, archiviata secondo la volontà dello studioso belga. Paul Otlet muore, sconosciuto ai più, nel 1944. In una foto dell’ultimo periodo di vita è ritratto con le braccia conserte in maniera impacciata, la barba lunga bianca, un paio di occhialini tondi che lo fanno lontanamente somigliare a Freud. L’epitaffio sulla sua lapide recita: “Non sarebbe stato nulla senza il Mundaneum”.