Daniela Condorelli, D, la Repubblica 19/3/2016, 19 marzo 2016
HO UN TUMORE MA STO BENE
La buona notizia è che aumentano. Erano due milioni e seicentomila nel 2010, tre milioni le proiezioni per il 2015. Sono le persone che hanno avuto una diagnosi di tumore e vi convivono da cinque, dieci, vent’anni. I numeri sono del Rapporto 2014 dell’Airtum, l’Associazione italiana registri tumori (registri-tumori.it), pubblicati sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione. «Il cancro è stato, e da molti è considerato ancora, una malattia incurabile. Ma affermarlo è negare l’evidenza», afferma il Direttivo dell’Associazione. In alcune forme, nove persone su dieci vivono a lungo dopo la diagnosi, tanto da poter dire che il tumore è diventato una malattia cronica. Con cui si può convivere. Lo conferma la Fondazione Insieme contro il cancro (insiemecontroilcancro.net): il 57 per cento dei pazienti ha ricevuto la diagnosi da cinque anni. «Il 35 per cento da oltre dieci anni e il 13 per cento da venti», incoraggia il focus dell’Airtum. E se quasi il cinque per cento della popolazione italiana può dichiararsi ex-paziente, sempre più persone convivono con la malattia.
Tra loro Barbara, due figli piccoli, un tumore al seno metastatico, che vuol dire che è partito dal seno e poi è andato in giro, al fegato, alle vertebre, ma le cure l’hanno tenuto a bada permettendole una vita piena. «All’inizio ti arrabbi molto», confida appena prima di uno dei controlli di routine ad Ariano, il centro oncologico che la segue, «poi diventa la normalità. Oggi la chemio e domani il lavoro, totalizzante, soprattutto d’estate». La sua famiglia gestisce seicento appartamenti per vacanze, lei si occupa di contabilità.
Il lavoro dopo il cancro: un’indagine condotta da Europa Donna (europadonna.it) su oltre cento donne con tumore, dipendenti da aziende private, racconta che la metà ha incontrato problemi nella ripresa della professione. Anche per le lavoratrici autonome la tutela dei diritti è un traguardo da raggiungere: lo dimostrano le battaglie della blogger Daniela Fregosi, in rete Afrodite K (tumoreseno.blogspot.it). Ma qualcosa sta cambiando grazie a servizi come Vita e lavoro dell’associazione Attivecomeprima (attive.org), che entra nelle aziende per sensibilizzare. O a progetti come Stargate (fondazionegiancarloquarta.it), che condivide buone prassi aziendali per chi ha malattie croniche, dimostrando che si può lavorare e vivere con il tumore.
Quale vita? I primi anni i controlli sono più frequenti, ogni tre mesi circa, poi si diradano: ogni sei mesi, dopo un anno. Ogni appuntamento è fonte d’ansia. Se va bene non c’è traccia di tumore, se si ripresenta si prospetta un’altra cura: così la malattia diventa cronica. Intanto la vita di Barbara è scandita dalle incombenze di ogni mamma con figli piccoli, ma anche da incontri e conferenze. Per Europa Donna è stata a Berlino dove ha incontrato rappresentanti di altri paesi, come lei con tumore metastatico. A Portogruaro, in Veneto, dove vive, ha realizzato la manifestazione Librinfiore, festa del libro per ragazzi che verrà replicata in primavera. Per la mostra Facce da blogger ha raccontato il blog Lottare, Vivere, Sorridere (di 5 di noi), che D ospita nel suo D.repubblica.it/saluteseno. Qui Francesca, Sabrina, Barbara, Ivana e Mimma raccontano la loro normalità nonostante il cancro con metastasi. «Il mestiere delle metastatiche», scrive Mimma, «è passare da una chemio all’altra congelando la malattia e puntando a una buona qualità di vita». Sul blog e sul gruppo facebook Tumore metastatico al seno e recidiva, si susseguono commenti come quello di Elena: «Chi non conosce la mia storia non si accorge della malattia. Faccio una vita normale, lavoro, cresco i miei figli». «Il cammino è lungo, ma coraggio. Confido nella ricerca che ogni giorno fa passi avanti. E intanto viriamo al meglio che possiamo», scrive Guerriera sul forum durecomemuri. C’è chi riesce da sola, come Marilena; sono passati nove anni da quando è stata operata per un cancro all’ovaio di 18 centimetri; da allora ha fatto oltre cinquanta chemio. Lavora come estetista, non ha perso un’ora né una cliente: «L’ospedale di Lecco dove sono seguita è la beautyfarm dove vado a prendermi cura di me», dice sorridendo, truccata, perfetta, con in braccio la new entry Tigro, un gattino che non la lascia un attimo. «Ho gestito tutto con la mia testa», puntualizza, orgogliosa di essere sempre stata padrona delle sue decisioni e reazioni.
Altre volte c’è bisogno di una porta aperta. Come quella che Attivecomeprima offre da quarant’anni nella palazzina Liberty di via Livigno a Milano. Stanze pacate, familiarità, ma soprattutto progetti per star bene nonostante il cancro. Tra i più recenti ci sono Caro figlio, che parla ai ragazzi adolescenti di malati di tumore, e Sostegno per un anno, che segue la persona e i suoi familiari offrendo i servizi che l’associazione attive.org propone per vivere al meglio.
In altri casi il sostegno a una buona vita si chiama Associazione Nazionale Tumori, ant.it. Maria Bruno è un medico Ant. Racconta: «La maggior parte dei pazienti che seguo stanno bene, vanno a lavorare, hanno una vita normale. ANT offre la possibilità di non sentirsi malati, non perdere mezza giornata per un prelievo. C’è il pensionato che chiede di andare presto al mattino perché poi deve andare a pescare, o la giovane che vuole andare dal parrucchiere o a pranzo con le amiche. Vado a casa loro, così hanno più tempo per sé, per la famiglia. Si visita, si chiacchiera, si ascolta, si portano le medicine a domicilio, perché a volte anche uscire è un problema». E conclude: «questo lavoro è unico: ANT colma i vuoti, 24 ore su 24».
Se ne avvale Carlo Zanarini, un caregiver, cioè il familiare di un malato. Il papà Dante ha cent’anni, una leucemia da tre: doveva fare trasfusioni frequenti, un disagio non indifferente, tra ambulanze e tempi d’attesa. Dopo un secolo di vita, medaglia d’oro per due anni di campo di concentramento in Germania, Dante convive bene con il cancro anche grazie a servizi come quello offerto da ANT. Un sollievo anche per Carlo.
Anche Silvana Porto è assistita da Ant: è un medico di famiglia, oggi malata di tumore all’ovaio. «Dopo la diagnosi e un intervento molto invasivo sono tornata a lavorare. Poi però è arrivato il mio turno di lasciarmi prendere in carico. Ero sola e dovevo andare a fare le chemio. Avrei potuto prendere un taxi: ANT mi ha mandato una volontaria gentile, puntuale. Non è solo una questione di assistenza: ti senti coccolata. E non appena stai meglio, fai progetti per il futuro».