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 2016  marzo 19 Sabato calendario

MKHITARYAN: «SARA’ UN’ESTATE CALDISSIMA»

Il poliglotta Henrikh si autodenuncia: «Quante lingue parlo? 5 e mezza». Per l’esattezza? «Armeno, ovvio. Inglese, francese, russo e portoghese. Il tedesco...». La prossima sarà l’italiano? «Forse, o puede ser». E sorride. Lo incontriamo in un albergo del centro di Dortmund e la chiacchierata è prevalentemente in inglese. Ma nel finale qualche parola in italiano scappa e lui la afferra al volo: guarda caso. Il trequartista armeno del Borussia ha un discorso aperto con il nostro Paese. Sin da quando aveva 19 anni e fu a un passo dal firmare con il Chievo: «Fui sconsigliato. Evidentemente doveva andare così». Quindi la scuola di vita a Donetsk con Lucescu: «Io lo aiutavo a parlare con i giocatori brasiliani, visto che nel mio stage al San Paolo a 13 anni avevo imparato il portoghese. E presi confidenza con l’italiano grazie a lui. Ma soprattutto nello Shakhtar ho scoperto il grande calcio». Ha il contratto in scadenza tra un anno, ma lui per ora si gode la rinascita giallonera: «Con Klopp il nostro era un calcio forsennato: pressing e contropiede. Invece, Tuchel ci ha cambiato la vita: ora comandiamo noi il gioco e io ho più libertà per attaccare. Grazie a lui adesso so rendermi più utile».

Si è cimentato in vari ruoli in questi anni.

«Con Lucescu giocavo da numero 6, poi ho agito da 8 e da 10. Sono state tutte esperienze utili, ora mi ritengo completo ma so bene che ogni giorno devo impegnarmi per essere più veloce, più concentrato e provare a migliorare sempre la tecnica».

Qual è il suo obiettivo?

«È una stagione esaltante per il Borussia, voglio dare il massimo per questo club. Qui mi trovo benissimo. Ma nella carriera di un calciatore tutto può cambiare in fretta».

Lei è associato alla Juve.

«In questa vita tutto è possibile, non si sa mai. Ecco perché non dico nulla sulla Juve o altre squadre. In estate vedremo». E il sorriso diventa ammiccante.

Ha preferenze tra Liga, Premier e Serie A?

«Tutti tornei top. È più importante scegliere bene il club in cui puoi dare il meglio di te».

La scorsa estate era stato fatto il suo nome per sostituire Pirlo.

«Lui è stato unico, un dio del calcio. Oltre che per la tecnica mi impressiona per la capacità di fare gioco».

Quest’anno ha segnato 19 gol e servito 20 assist.

«Aubameyang e Reus davanti si integrano alla perfezione: io ho la libertà di svariare da destra a sinistra per giocare tra le linee. Così segniamo tutti tanto e io mi diverto a mandarli in gol».

Proprio il giocatore che manca alla Juve...

«Ma ha attaccanti super come Dybala, Morata e Mandzukic».

Via Morata, Dybala più avanti: ci sarebbe spazio sulla trequarti.

«Non lo so. Forse...». E il sorriso ora è malizioso.

Conosce Pogba, visto che siete compagni di scuderia?

«Grande giocatore ma non ho avuto mai il piacere di incontrarlo».

Perso papà Hamlet da bambino, la sua famiglia è molto importante per lei.

«Sì, sono molto legato a mia madre Marina e mia sorella Monika. Con loro sono sempre in contatto e le consulto per tutte le decisioni importanti. Ma alla fine scelgo io».

Anche per il calcio?

«Mia madre lavora per la Federazione armena e mia sorella all’Uefa. A volte capiscono più loro di calcio di alcuni uomini».

Come mai ha scelto Raiola?

«Io ho un carattere riservato, lui è crazy. Ma sin dal primo momento ci siamo intesi su un fatto: accetto i suoi consigli ma anch’io sono crazy a mio modo. E non mi può imporre nulla».

La sua passione per gli scacchi in cosa l’aiuta?

«Quando posso se trovo un avversario gioco volentieri. Anche perché allena a pensare rapidamente: come in campo».

E gli studi in economia?

«Mi manca un solo esame, in estate conto di tornare in Armenia per laurearmi. Mi sono sacrificato in questi anni perché sono convinto che a fine carriera avrò più chance: il mondo dell’economia mi piace».

Non è un ragionamento diffuso tra i calciatori...

«In effetti spesso molti miei colleghi pensano solo a divertirsi con il telefonino. Io provo ad avere altri interessi».

Torna volentieri a Erevan?

«Sì, è una gran bella città. Mi piacerebbe tornare a vivere lì».

Ci sono nuovi Mkhitaryan in Armenia?

«Con l’aiuto di mia madre, che si occupa di calcio giovanile, quest’inverno ho incontrato tanti bambini, anche per regalare loro un momento di felicità. Mi auguro che in Armenia nascano calciatori più forti di me. Gli armeni sono orgogliosi per chi ha successo all’estero. Lì la vita non è facile, è bello che abbiano messaggi positivi».

Ora c’è Klopp sulla strada per vincere l’Europa League.

«Non dico che possiamo nè che non possiamo vincere la coppa. Andiamo avanti e vedremo se arriveremo alla finale. Certo, affrontare subito Klopp dà un’emozione in più».