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 2016  marzo 18 Venerdì calendario

CARO TRUMAN, NOI TI ODIAMO. SE IL GOSSIP DIVENTA ARTE


Per anni erano state le migliori amiche di Truman Capote. Avevano nomi veloci e cognomi altisonanti: Babe Paley, Slim Keith, Gloria Vanderbilt, Pamela Harriman, Marella Agnelli, C.Z. Guest, Jacqueline Onassis. Quando nel 1958 Colazione da Tiffany era diventato «il» romanzo del momento, si erano fatte avanti affermando a turno di essere la donna che si nascondeva dietro la protagonista Holly Golightly. Nessuna di loro aveva ragione (Holly somigliava parecchio alla madre di Capote, ma più che altro era l’eroina inventata di un romanzo di finzione).
Diciassette anni dopo, quando Capote le ritrasse con onestà e schiettezza nel racconto La Côte Basque 1965 (pubblicato in America il 17 ottobre del 1975 dalla rivista Esquire e poi ricomparso nel 1986 come ultimo pezzo del romanzo Preghiere esaudite), diffamate e scandalizzate si affrettarono a mostrare indignazione e disprezzo, escludendolo da un bel mondo (quella di lì a poco defunta alta società newyorchese di metà Novecento) da cui peraltro Capote si era già escluso da tempo e da solo.
La storia di amore e odio tra lo scrittore e le sue temporanee e lussuosissime ancelle e confidenti viene oggi egregiamente raccontata nel romanzo dell’americana Melanie Benjamin I cigni della Quinta Strada (Neri Pozza, traduzione di Federica Oddera). I cigni sono loro, le ex ragazze della virtuale Factory di Capote, vanitose, spietate, ricchissime, talmente alla ricerca di un’eleganza non sempre innata da risultare dozzinali, a modo loro gattopardesche (come nel romanzo di Tomasi di Lampedusa, viene da chiedersi chi siano i veri cafoni della storia). Ecco come sono le protagoniste del romanzo di Benjamin, narrato quasi interamente alla presenza di un Capote votato forse all’autodistruzione ma soprattutto spettatore curioso e risentito di un’ingiustizia sociale dilagante. Di fronte al divieto tacito di fare pettegolezzo (per quanto magistralmente e in forma di romanzo) proprio su quella banda di reginette nell’arte di dire male degli altri, Capote voltò le spalle (al divieto, all’amicizia, al decoro) e fece quello che gli riusciva meglio: scrivere.
La Côte Basque 1965 venne pubblicato, segreti zelantemente custoditi vennero dati in pasto ai lettori, lacrime furono versate, matrimoni e amicizie andarono alle ortiche. E fu solo un inizio. Maestro nel trasformare la propria vita in un tableau vivant degno dei suoi migliori romanzi, Capote diventa oggi motore perfetto di questo romanzo ben documentato e in grado, se non di superarla, di stare al passo con la realtà. La frase più eloquente del romanzo la dice Diana Vreeland, anche lei personaggio del libro e bellamente citata in epigrafe: «Il momento migliore per andarsene da una festa è quando la festa sta per cominciare». Lo stesso Capote non avrebbe potuto dirlo meglio.