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 2016  marzo 12 Sabato calendario

SUI MIEI PODI, ROSE E SCARAFAGGI


[Jorge Lorenzo]

Il tavolo di vetro è talmente pulito che riflette e raddoppia la sua espressione desolata mentre, a fatica, manda giù verdurine lesse scondite, pesce lesso scondito e qualcosa di bianco e secco che dovrebbe ricordare il pane. È il rovescio della medaglia dei campioni. Bisogna fare sacrifici, anche di sopportazione. Infatti Jorge Lorenzo non ci sbatte fuori mentre, per provocarlo, raccontiamo quanto erano buoni pan tormte pieno d’olio, jamon serrano e crema catalana che ancora dobbiamo digerire dalla sera prima a Barcellona. Lo spagnolo ride, allontana il pesce e si prepara all’intervista. Mentre il dolce spera di gustarselo sulla moto, tra una settimana, quando in Qatar partirà la nuova stagione della MotoGP. Di cui, a 28 anni, è re per la terza volta (5 i titoli totali inclusi i due in 250). Tre sono infatti i trofei che vediamo esposti su un mobile accanto al tavolo (ce li fa anche toccare e sollevare!), quelli consegnati dalla Federmoto al campione del mondo. Tre, come i posti del podio. E allora gli chiediamo di giocare con il tre e raccontarci un po’ di “podi” della sua vita.

Ci mette in ordine di importanza i titoli in MotoGP?
«Al primo posto c’è quello del 2010. Perché la prima volta è la prima volta! Ero diventato campione nella massima categoria. Non è solo fantastico ma ti libera anche dalla pressione. Poi penso al 2015: in molti momenti della stagione era sembrato impossibile. Ho vinto all’ultima curva dell’ultima gara. Per riuscirci ho dovuto credere molto in me stesso, non arrendermi mai. Sul gradino più basso del podio metto il titolo 2012. Ma non è meno importante. È stato la conferma del mio talento».
Le tre vittorie più importanti?
«La prima in assoluto: Rio de Janeiro 2003 in 125. Poi la prima in MotoGP: Portogallo 2008. La terza spero che debba ancora arrivare».
I sorpassi più belli?
«Ancora il Brasile 2003: all’ultimo giro ho passato all’esterno Pedrosa e Stoner. È stato il più bello ma anche il più incredibile. Poi Mugello 2005: in una staccata alla fine del rettilineo ho infilato tre piloti. Per importanza il terzo è Silverstone 2013: all’ultima curva ho superato Marquez vincendo una gara in cui abbiamo lottato fino alla fine».
Le cadute peggiori?
(ridendo) «Troppe! È difficile scegliere. Diciamo Australia 2011: ho perso mezza falange di un dito. Un impatto visivo forte, è stata dura. Ma poteva andarmi peggio. Poi Montmelò 2008: ho sbattuto 3-4 volte la testa dietro e ho perso la memoria per 3 giorni. Infine Assen 2013, mi sono rotto la clavicola al venerdì. Mi hanno operato subito e il giorno dopo (in Olanda si correva il sabato; ndr) ero in gara. Dopo 30 ore dall’intervento ho chiuso 5°, partendo 12°. Una grande soddisfazione, nessuno lo aveva mai fatto».
Ha un podio anche per le sconfitte?
«Nel 2013 ho perso il Mondiale con Marquez. Ma quell’anno credo che fossi io il pilota più completo. Le due cadute, con doppia lesione alla clavicola, sono state decisive. Vinse Marc all’ultima gara. In quell’occasione ho imparato che è importante restare sulla moto e non cadere! Anche nel 2011 è stata dura: non avevo la moto competitiva e, per andare veloce, cadevo spesso. Giusto per dirne tre, ci metto il 2009 quando vinse Rossi. Ma è più facile da accettare: ero giovane e non avevo l’esperienza di adesso».
I tre avversari più forti?
«Non c’è un ordine, però. Stoner è velocissimo e un talento immenso, Valentino è molto completo, Marquez ambizioso ed esplosivo. Mi sarebbe anche piaciuto sfidare Biaggi. È stato il mio ultimo idolo».
Le tre gare che vincerà quest’anno?
«Non sono un pilota divino! Mi piacerebbe vincere la prima volta a Sepang, mai riuscito in MotoGP. Poi sulla mia pista per eccellenza, il Mugello. E magari anche al Sachsenring, lì non ce l’ho fatta in nessuna categoria».
Tre momenti speciali, anche senza moto?
«Le feste quest’anno nel motorhome dopo le vittorie. Poi direi nel 2005, la prima volta che sono uscito con una ragazza. Facemmo una passeggiata sulla spiaggia. Com’è andata? Insomma. La vita era più facile prima di incontrarla. Diciamo che è stata come il Mondiale 2015: duro, quasi impossibile, però alla fine ci siamo riusciti! Come terzo momento scelgo una giornata al parco divertimenti di Port Aventura, a Barcellona, con gli amici. Avevo 10 anni».
Altri tre sport dove le sarebbe piaciuto diventare campione?
«Calciatore del Barcellona, la mia squadra. Pilota di F.l, direi con la Ferrari. E tennista».
E giocare la Coppa Davis in coppia con Nadal, anche lui maiorchino?
«So giocare ma nemmeno ora che è infortunato posso avvicinarlo. Mi piacerebbe prendere qualche lezione da lui, questo sì sarebbe bello».
Messi, Neymar o Suarez?
«Messi al primo posto. Semplicemente perché è Messi. Tra Neymar e Suarez non so scegliere. Fenomeni alla pari».
I luoghi preferiti?
«Maiorca. Los Angeles, in particolare Laguna Beach che è vicino e molto bella. E poi l’Australia, sia Sydney che Melbourne, città incantevoli».
I film preferiti?
«Pulp Fiction, perché mi piacciono le storie strane e pazze come quelle di Tarantino. The Notebook (Le pagine della nostra vita in italiano; ndr), di Cassavetes. È una storia d’amore e io sono molto romantico. Al terzo posto Qualcuno volò sul nido del cuculo, con Jack Nicholson. Bellissimo».
Romantico... piange ogni tanto?
«Fatico a dire solo tre volte che l’ho fatto! Nell’ultimo anno ho pianto abbastanza, non chiedermi perché. Non lo so. Anche a Valencia ho pianto. Ho versato parecchie lacrime anche per le donne».
Tre grandi dolori?
«Finora niente è comparabile alla morte dei miei tre nonni. Altri dolori che ho provato sono sempre legati alla morte: non credo ci sia altro di così imprescindibile che possa far soffrire allo stesso modo».
Tre amici?
«I più cari sono due: Jonathan e Ricky (Cardus, ex pilota di Moto2; ndr). Li conosco da 7 e 9 anni. Ho anche qualche amica ma i legami più profondi riesco ad averli con i maschi».
Tre regali che ha fatto?
«I più apprezzati sono i viaggi: uno ai Caraibi ai miei amici e un altro in Messico alla mia fidanzata. Una volta ho regalato un orologio a un amico, solo il piacere di farlo. E poi delle rose. Parcheggiai facendo finta di dovermi fermare per motivi di lavoro. Lei era rimasta ad aspettare in auto. Invece, senza farmi vedere, mi sono infilato nel negozio di fiori. Provateci, funziona!».
Tre sorprese che hanno fatto a lei?
«Lo dico sempre, il regalo più importante è quello che mi fece papà quando avevo 3 anni. Fu lui a costruirmi una moto con le sue mani, usando pezzi differenti di altre. È grazie a lui se oggi son qui. Quella fu la mia prima moto. In generale non amo molto le sorprese ma il mio compleanno coincide spesso con il GP di Jerez (4 maggio; ndr) e gli amici mi organizzano sempre qualcosa di imprevedibile. Una volta fu un video molto divertente per tutta la gente del paddock. L’anno scorso una torta spettacolare a forma di casco».
Tre feste indimenticabili?
«La più memorabile – perché è impossibile trovare un posto così bello – è stata nel 2010 per la conquista del Mondiale in Malesia. Eravamo a Kuala Lumpur, in un locale all’ultimo piano di un grattacielo, con la piscina. C’era un’atmosfera speciale, bella musica. Sono arrivate anche persone da altri team e tutti alla fine sono finiti in acqua. Anche i capi della Yamaha. La gente più seria quella sera sembrava la più pazza. Ancora se ne parla. Sono stato a tante altre feste, soprattutto tra i 19 e i 22 anni, mi sono divertito. Ultimamente sono più disciplinato. Però non ho mai bevuto così tanto da stare male. Mi sono ubriacato e parecchio, ma sempre mantenendo il controllo».
La top three in musica?
«Ascolto tanta musica, sempre: U2, Michael Jackson, Linkin Park, Red Hot Chili Peppers, Oasis. Provo a sceglierne tre. Until It’s Gone dei Linkin Park: la ascolto molte volte sulla griglia di partenza, è il mio modo per isolarmi prima della gara, aiuta a concentrarmi. Più bella cosa di Eros Ramazzotti. Lui mi è sempre piaciuto, ancora di più quando ho iniziato a capire e parlare l’italiano. Ha scritto canzoni romantiche di valore. Infine Vuelve di Juan Magan. L’abbiamo ascoltata sempre nel motorhome dopo una vittoria, in viaggio con la squadra. Suonava sempre nei bei momenti».
Tre posti speciali dove ha fatto l’amore?
(rivolgendosi al suo addetto stampa) «Artur, rispondi tu!».
Perché, eravate insieme?
«Nooo! Allora, la verità è che io sono di quelli che pensano che non ci sia posto migliore di un bel letto. Non mi vengono in mente cose straordinarie in quel senso. Dovrei dirti bugie».
Che cosa le fa paura?
«Cadere quando perdi il controllo del posteriore e vai in aria, ci si fa male. Le cucarache, gli scarafaggi da città, mi fanno schifo: quando ho scoperto che volano, non ho dormito per una settimana. E poi, come quasi tutti, ho paura della morte».
Tre cose di cui non fa mai a meno?
«Non ho nulla di scaramantico, non lo sono. La sciarpa per proteggere il collo. Un libro e il telefonino».
Le più grandi incazzature?
(ridendo) «Al giorno? Mi incazzo abbastanza, ma non mi dura molto. In gara mi capita spesso, perché sono perfezionista e, siccome non è possibile stare sempre davanti, mi arrabbio. Ma ora meno di dieci anni fa».
Tre o più multe?
«Di più, ma non troppe. Ho iniziato la serie a 18 anni per eccesso di velocità, a Barcellona. Tutte le altre sempre per lo stesso motivo. Ma ora guido piano, non supero i 120 orari. Se posso lascio il volante a qualcun altro».
A figuracce come è messo?
«Una volta incontro un amico per strada: “In giro con mamma?”. E lui: “No, è la mia fidanzata!”. Poi la partenza anticipata ad Austin 2014: il momento più ridicolo nella mia carriera! E non ricordo i nomi delle persone: non quelle appena presentate, ma di chi conosco da anni!».
Tre domande che non le hanno mai fatto!
«Ce ne sono alcune molto personali che speravo non mi facessi». In realtà ci abbiamo provato, ma è scattata la censura...