Paolo Federici, Chi 16/3/2016, 16 marzo 2016
SONO IL BOSS DELLE CERIMONIE
[Antonio Polese]
Antonio Polese si sporge dalla vecchia Balilla: «E mi raccomando, consegnate i miei auguri ai lettori di “Chi”: auguro a tutti di potere vivere felici per altri cento anni. E sempre in buona salute». È la formula magica che dispensa a chi viene a festeggiare a La Sonrisa, una masseria del 1711 trasformata in un castello baroccheggiante, regno di “don Antonio” e set di un programma ormai di culto: Il Boss delle Cerimonie, docu-reality made in Italy esportato in venti Paesi in tutto il mondo, in onda per la quarta stagione in autunno su Real Time. Don Antonio, è la star: del programma e del “castello” alle porte di Napoli, specializzato in fastosi matrimoni, battesimi, comunioni. «Cerimonie di ogni tipo», precisa Antonio Polese. «Abbiamo ospitato il raduno di mille club di tifosi del Napoli Calcio, Maradona subito dopo che la Finanza gli aveva sequestrato i Rolex a Capodichino, e il Navy Ball, il gala della Marina Nato. Migliaia e migliaia di ospiti di ogni tipo, dando a ognuno il massimo. Il nostro motto è “Noi non ospitiamo solo lord, ma trattiamo tutti da re”». A partire da 110 euro a persona: un prezzo tutto sommato contenuto, per un banchetto.
La passione per i pranzi da centinaia di invitati nasce trent’anni fa: «Tutte le volte che andavo a una cerimonia, non rimanevo mai contento: o mancavano i fiori, o l’aria condizionata o le ragazze in sala... A un certo punto ho pensato che dovevo fare qualcosa in cui la gente si trovasse davvero bene, dove non ci fosse niente che non andava. Così, dopo avere organizzato un paio di comunioni di nipoti, mi sono lanciato nel settore». D’altronde, la masseria si prestava allo scopo. 15 mila metri quadrati di pavimenti in ceramica di Vietii dipinta a mano. A cui si sono aggiunti centinaia e centinaia di appliques e lampadari Mazzega in vetro di Murano (su internet si trovano con prezzi a partire dai 2-3mila euro, i più economici, fino ai 30mila). E sette sfarzosissime sale da ricevimento che centinaia di metri di tunnel collegano alle cucine («Il nostro primo chef è stato Andrea Cannavacciuolo, il padre di Antonino: fece una pennetta apposta per Mario Merola», ricorda).
Il suo “stile” è inconfondibile e vagamente sopra le righe, come la cinquantina di sgargianti camicie che colleziona («Quella di Versace è la Numero Uno», dice compiaciuto): può far storcere il naso a chi non apprezza gli straripanti eccessi dei matrimoni napoletani doc, ma fa impazzire chi li ama. Il segreto? «Essere al servizio del sogno che quella ragazza che si sposa sta portando avanti da quando era piccola. E soddisfare ogni richiesta. Una volta una sposa voleva a tutti i costi la luna, ma quella sera il cielo era coperto. Le abbiamo fatto trovare una luna artificiale, un pallone aerostatico che splendeva sotto i nuvoloni». Mentre chiacchieriamo, come accade spesso, don Antonio deve allontanarsi qualche minuto. Va a intrattenersi con i clienti, che sono spesso veri e propri fan e vengono qui anche solo per lui. Come la piccola Fatima, che è raggiante anche se soffre di una terribile malattia e che, per regalo, ha chiesto di festeggiare qui la sua prima comunione. O come la coppia di Campobasso che, per un anniversario, è qui “in pellegrinaggio”, per conoscere don Antonio. E lui non si nega, mai. Prima dei saluti, buttiamo l’ultima occhiata alla faraonica villa che non sfigurerebbe a Disneyland o Las Vegas. “Il boss“ ci prende sottobraccio e mormora: «È un bel giocattolo, eh? Sa, io non desidero altro dalla vita: ho avuto molto più di quello che mi aspettavo». Poi rientra. Ci sono altri fan. E altri sogni da realizzare.