Bettina Bush, Affari&Finanza – la Repubblica 14/3/2016, 14 marzo 2016
LUIS CASTAÑER, IL FASCINO DELLE ESPADRILLES
Milano
Il fascino discreto della semplicità non è una cosa facile da spiegare, soprattutto quando rappresenta la forza di un successo che va oltre gli umori dettati dalle stagioni, capace di contagiare persone di ogni tipo e di ogni classe, come nel caso delle espadrilles, note anche come alpargatas, le scarpe nate in Spagna per esser usate dai contadini. Naturali ed essenziali, il loro segreto potrebbe sembrare nel materiale, semplice corda e cotone, ma per Luis Castañer, presidente dell’azienda spagnola che porta il nome della famiglia che da sette generazioni si occupa di espadrilles, è una questione più complessa: «Stiamo parlando di un prodotto dove si sente un grande rispetto per il materiale utilizzato — spiega Castañer — bisogna tener conto dei suoi limiti e usare bene gli ingredienti, esattamente come si fa in cucina con una ricetta. Ci vuole un grande amore per quello che si fa, riuscire a trasmetterlo alla gente, bisogna esser molto creativi puntando alla massima qualità». Una formula immateriale che ha saputo sedurre negli anni persone comuni e personaggi famosi, da Salvador Dalì, a Penelope Cruz e Woody Allen, una carrellata di intellettuali, artisti, uomini semplici e altri decisamente eccentrici. Il primo della famiglia Castañer a scommettere sul valore di quella scarpa era stato Rafael nel 1776, con una bottega artigianale, poi ci hanno pensato insieme Isabelle Castañer e Yves Saint Laurent nei Settanta, gli anni della contestazione, delle utopie, tra camicie strette, gonne svasate, pantaloni a zampa, e scarpe con la zeppa, a trovare qualcosa di nuovo. Ed è proprio il tacco a trasformare l’espadrilles, diventando così una scarpa capace di seguire profondi cambiamenti sociali e culturali, mantenendo il suo valore. «All’inizio mio nonno aveva aperto un atelier, una piccola bottega artigianale, dove si faceva tutto a mano, poi insieme a suo cugino c’è stata l’industrializzazione dell’azienda, per fare grandi numeri, fino agli anni Sessanta. Poi quando c’è stato l’esodo della gente dalle campagne verso le città per raggiungere le zone industrializzate, l’azienda è entrata in crisi, perché è mancata la domanda del pubblico che allora usava le espadrilles. Dovevamo cambiare anche noi, abbiamo pensato ai colori, e finalmente a Parigi è arrivata veloce come un lampo l’intuizione del grande Yves Saint Laurent: fare una espadrilles con il tacco; per noi è stata noi una vera rivoluzione, come quella dal cavallo al motore a vapore. Da quel momento sono cominciate le collaborazioni con le grandi maison del lusso, ricordo un mio caro amico, che sulla scrivania aveva una grande E che significava l’Eccellenza, il suo obiettivo costante, lo stesso che noi cerchiamo in ogni dettaglio». Una scarpa che è rimasta il simbolo indiscusso di una eleganza pura, ma quando si chiede a Luis Castañer qual è la sua unicità, risponde sicuro: «Le espadrilles fanno parte di un mondo particolare, che ha bisogno delle sue regole e dei suoi tempi, ci vogliono ben sei passaggi per fare solo una suola. La materia prima è sempre la stessa, quello che conta è la lavorazione. La sua anima è la corda, la sua forza è la semplicità, è una scarpa che non vuole per forza esser di moda, preferisce seguire il suo stile, un profondo equilibrio tra forme e misure che rispettano una lunga storia che non si improvvisa». Intanto la famiglia Castañer con i fratelli Rafael, Luis e Antonio, è sempre al timone dell’azienda che ha fatturato 26 milioni e mezzo nel 2015 con una crescita del 5% rispetto al 2014, con esportazioni del 70%, presente in in 35 paesi, in espansione e con nuove aperture a Hong Kong, in Colombia e a Miami.
Bettina Bush, Affari&Finanza – la Repubblica 14/3/2016