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 2016  marzo 14 Lunedì calendario

TWITTER: “NON SOLO SOCIAL, ORA SI CRESCE COSÌ”

«La settimana prossima Twitter compie dieci anni e tra un mese Twitter Italia ne compirà 2: un buon momento per fare un bilancio della strada percorsa e di dove puntiamo per l’immediato futuro. Ed è il momento giusto per dire che Twitter ‘non’ è un social network, ma una piattaforma informativa pubblica e distribuita in tempo reale». Salvatore Ippolito, country manager di Twitter Italia da due anni, ossia dalla nascita, parte dal punto debole: Twitter è da settimane penalizzata al listino di Wall Street e da diversi analisti perché il numero dei suoi utenti, arrivato a 320 milioni, non cresce come quello di Facebook, il numero uno del mercato, ed è stata appena superata da un altro social della scuderia Zuckerberg, Instagram, che ha doppiato quota 400 milioni. Dire che non siete un social network serve ad evitare un confronto scomodo? «No, è che non lo siamo veramente. Twitter è una piattaforma di comunicazione: offre agli utenti la possibilità di mettere in circolo informazioni in tempo reale e giudizi di singole persone. E consente alle imprese di avere il polso in tempo reale delle reazioni degli utenti alle loro iniziative. Sia attraverso i commenti espliciti su temi, attraverso gli hashtag e le letture dei tweet degli utenti, sia veicolando campagne pubblicitarie. E la prova di tutto questo è che la nostra redditività migliora costantemente. L’intero 2015, come dichiarano i dati che abbiamo presentato un mese fa, ha visto i ricavi crescere del 58% a 2,2 miliardi di dollari. E ancora nell’ultimo trimestre dell’anno sono cresciuti del 48%. L’ebitda è di 558 milioni, ed è salito dal 21% del 2014 al 25%. La perdita netta dell’ultimo trimestre è scesa per la prima volta sotto i 100 milioni. E non scordiamo che Twitter è commercialmente attivo solo da 5 anni. La nostra redditività cresce. Anche perché siamo posizionati sulla parte più dinamica del mercato pubblicitario online: quello sui terminali mobili. E’ da qui che viene l’80% dei ricavi del gruppo. E cresce anche il portafoglio degli investitori pubblicitari: siamo arrivati a 130 mila aziende, quasi il doppio rispetto a fine 2014». Ma gli utenti crescono poco. «Ci sono due tipi di utenti, dal nostro punto di vista. Quelli registrati e quelli non registrati. I primi sono 320 milioni. Ma quando un utente non registrato clicca su un tweet, per esempio inserito in un portale di news, e vuole leggere il tweet, può farlo senza registrarsi. Questo vuol dire che la nostra platea potenziale è molto più grande degli utenti registrati. E poi noi operiamo anche attraverso una syndacation con altre app». Per esempio? E quali app? «Nomi non ne diamo, ma possiamo dire che tra utenti registrati e non registrati raggiungiamo in questo modo un bacino di oltre 800 milioni di utenti, di cui abbiamo diversi profili. Sappiamo quali app usano. Il nostro network ci collega ad una serie di app scaricate nativamente, quelle della syndacation, e per questo siamo in grado di estendere una campagna pubblicitaria fatta su Twitter, fuori da Twitter. Facciamo un esempio. Utilizzo una app meteo, faccio una ricerca su un’altra città e in quel momento ricevo un annuncio, solitamente un video, relativo a questa città che evidentemente mi interessa e che è in realtà erogato da Twitter. Insomma, chi compra una campagna pubblicitaria su Twitter ha una audience ben più larga dei soli nostri utenti registrati. In Italia posso dire che abbiamo una audience totale di 19 milioni di utenti». Il che lascia ipotizzare, proiettando la proporzione globale tra registrati e non, di utenti “ufficiali” Twitter italiani tra i 6 e gli 8 milioni. «Non posso commentare questo dato, la nostra policy non prevede di rilasciare dati sui singoli paesi. Quello che posso dire è che gli italiani che usano Twitter sono degli utenti molto attivi: il 67% lo utilizza tutti i giorni, anzi, si può dire che controllare Twitter sia la prima cosa che fanno al mattino con lo smartphone e l’ultima che fanno la sera. Sono uomini e donne in proporzione quasi uguale (53 a 47% rispettivamente), sono giovani, nel senso che il 51% ha un’età tra i 16 e i 34 anni, e un altro 23% è tra i 35 e i 44 anni. E sono nella stragrande maggioranza dei casi (97%) dei decisori di acquisti». Siete in grado di sapere se gli utenti perlopiù twittano o se invece non si limitano a leggere i tweet delle persone e degli account che seguono? «Più o meno fanno le due cose in pari grado, con una leggera prevalenza per i comportamenti attivi. Per esempio, durante l’ultimo festival di San Remo sno stati prodotti 2,8 milioi di tweet che hanno generato 287 milioni di impressions. Significa che ogni tweet è stato letto o ritwittato un centinaio di volte». E le imprese? Sanno usare Twitter? «Le grandi imprese sì. Ora dobbiamo puntare alla platea delle pmi: poco più di un anno fa, nel novembre 2014, abbiamo lanciato una piattaforma di self service per le pmi. Con strumenti e video esplicativi per fare da soli le proprie campagne. Questo abbatte decisamente i costi di accesso agli strumenti del “real time marketing”». Che cosa è esattamente? «Twitter, come dicevo all’inizio, più che un social network è una piattaforma pubblica di informazioni. E informazioni in tempo reale. Di ogni genere. Il festival di San Remo, o i video nello spazio di Astro-Samantha Cristoforetti. Ma anche temi sociali e civili. Per esempio il caso di Messina da giorni senz’acqua è diventata un caso nazionale perché l’hashtag #messinasenzacqua ha iniziato a rimbalzare online. O il caso dell’aggettivo “petaloso” diventato virale su Twitter grazie alla partecipazione attiva sulla piattaforma dell’Accademia della Crusca. Ecco, si creano di continuo flussi di attenzione su certi temi, su notizie o su personaggi. E le aziende devono essere in grado di saperli intercettare al volo».
Stefano Carli, Affari&Finanza – la Repubblica 14/3/2016