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 2016  marzo 14 Lunedì calendario

GUERRA ALL’ALITOSI

Una delle cose che fanno più soventi i trentenni è lavarsi i denti. Forse perché figli di una generazione educata alla lotta alle carie - tanto quanto non lo è stata quella dei loro padri, e ancor meno quella dei loro nonni -, i ragazzi di oggi recano spesso con sé lo spazzolino e il dentifricio; e appena trovato un posto più o meno fisso, cercano dove sistemare questi due strumenti. Vanno in bagno dopo aver mangiato a pranzo, o succhiato una caramella o del cioccolato. Quasi una mania.
Non riguarda ovviamente solo la lotta contro i demolitori della bianca corona, ma anche un altro aspetto che sembra ossessionare i giovani in particolare: l’alitosi, o alito che puzza. Quasi tutti i ragazzi usano spazzolare la lingua, anche con strumenti appositi per rimuovere la patina che è una delle cause frequenti dell’alitosi. Spesso ricorrono a colluttori, o a prodotti come CB12, che promette un «alito di prima classe». Utilizzando acetato di zinco e clorexidiana, questo colluttorio garantisce per 12 ore un alito perfetto, se non proprio profumato.
Naturalmente la causa dei gas sulfurei, che ammorbano l’alito delle persone, non è solo il risultato di una scarsa igiene della bocca; non bastano spazzolini o dentifrici, o la pulizia del dentista consigliata almeno due volte l’anno. Molto dipende dallo stress, dalla cattiva digestione, dai cibi che si mangiano. Esiste tutta una letteratura, in particolare nel web, dove si sprecano consigli su come evitare questo spiacevole inconveniente. Una dei sistemi più consigliati è il Tea Tree Oil, in versione pura al 100%, ovvero la malaleuca, pianta che si trova in Australia, strumento efficace per evitare il formarsi della patina su lingua e denti; peccato che molti non sopportino l’odore di questo estratto. Allora non resta che il rimedio «chimico».
Siamo una società che ha quasi abolito il senso dell’odorato, se è vero che presso altre popolazioni il miglior modo per fare conoscenza è sfregarsi il naso l’un l’altro, come tra esquimesi, samoani e maori. C’è anche un’usanza araba, forse oggi meno praticata, che consiste nel soffiare sul volto dell’interlocutore, dal momento che ignorare il fiato dell’altro è considerato un insulto. Annick Le Guérer, antropologa, in «Potere degli odori» (Bollati Boringhieri) spiega come le idiosincrasie dell’odorato, oltre a rafforzare le barriere, si accompagnano a una specie di riprovazione morale. Chi s’innamora lo sa. Ma anche chi cerca lavoro. Il buon odore è fondamentale. Forse per questo oggi i ragazzi si spazzolano così tanto i denti.