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 2016  marzo 14 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA DESTRA XENOFOBA AVANZA IN GERMANIA


REPUBBLICA.IT
BERLINO - La destra populista e xenofoba, oggi incarnata dall’Afd (Alternativa per la Germania), ottiene percentuali impressionanti nel voto domenicale per le amministrative in tre Lander (tra dal 12 al 24 per cento delle preferenze in Sassonia-Anhalt, Baden-Wuerttenberg e Renania-Palatinato), ma Angela Merkel non cambia rotta sui migranti. "Il governo tedesco prosegue la sua politica sui profughi, con tutte le forze, dentro e fuori il Paese" anticipa il portavoce Steffen Seibert, "l’obiettivo deve essere una soluzione comune europea, che porti a ridurre visibilmente i profughi in tutti i Paesi membri". Quindi, la ricerca di un accordo con la Turchia per la gestione dell’emergenza. Poi, in conferenza stampa, è la cancelliera a circoscrivere il successo elettorale dell’Afd a un "voto di protesta" frutto di paure e scetticismo.

Merkel, dunque, si dice decisa a perseguire una soluzione comunitaria piuttosto che assecondare la voglia unilaterale di chiusura che irretisce un’opinione pubblica tedesca piuttosto divisa sull’approccio liberale alla gestione dell’emergenza migranti e richiedenti asilo sin qui esibito dalla cancelliera.

Approccio su cui, in termini di consenso elettorale, l’Afd ha lucrato con una campagna tutta incentrata sull’attacco diretto all’apertura delle frontiere operata dalla Merkel lo scorso anno, al culmine dell’emergenza migranti, quando la Germania divenne destinazione di un flusso massiccio. La destra, secondo gli analisti, ha attratto alle urne persone che prima non votavano, ma ha anche sottratto consenso ai partiti di governo, Cdu e Spd, evidenziando il disagio di una parte del loro elettorato rispetto alla politica di Angela Merkel sui migranti.

Un segnale a cui gli stessi analisti contrappongono comunque un dato: la maggioranza continua a sostenere la cancelliera, che però deve confrontarsi anche con il dissenso interno al suo stesso partito. Nel Baden-Wuerttemberg, ad esempio, la Cdu è finita alle spalle dei Verdi, i cui candidati nelle amministrative si sono mostrati ben più entusiasti della politica della Merkel sui migranti degli stessi candidati cristiano-democratici, il cui consenso nei sondaggi è precipitato proprio nel momento in cui hanno tentato di porsi cautamente a distanza di sicurezza "elettorale" dalla leader chiedendo un tetto quotidiano all’ingresso dei rifugiati.

Proprio la débacle dei non allineati interni induce Angela Merkel a tenere la barra dritta: "Sono fermamente convinta, e lo resto ancora, che abbiamo bisogno di una soluzione europea. Il numero dei migranti in arrivo in Germania si è chiaramente abbassato, come quello dei rifugiati in Grecia. Ma una soluzione durevole non c’è ancora. E richiederà tempo", dichiara in conferenza stampa, evocando i negoziati in corso in sede Ue con la Turchia per arrestare il flusso di migranti che traversano il mar Egeo puntando alle isole greche, "su cui sono stati compiuti molti passi avanti" e che saranno oggetto di un nuovo e probabilmente cruciale summit il 17 e 18 marzo.

Merkel ammette comunque che la domenica elettorale nei tre Lander per la Cdu "è stato un giorno pesante" e che il voto "è stato dominato dal problema" dalla crisi dei migranti, questione che "agli occhi del popolo non è stata risolta in modo stabile e soddisfacente". Un voto che secondo la cancelliera, ha espresso anche un certo "scetticismo nei confronti dell’establishment" politico.

Ma alla soluzione europea non c’è alternativa. Perché se non c’è dubbio che la Germania, ammette ancora Merkel, abbia tratto "profitto" dalla chiusura della rotta balcanica da parte dei Paesi attraversati dai migranti nell’itinerario che dalla Grecia porta al nord Europa, questa non può essere una soluzione "duratura, come si vede tutti i giorni dalle immagini che provengono dalla Grecia".

A proposito della Turchia, Merkel prova a sedare le inquietudini del campo conservatore sulle richieste di Ankara in cambio del suo impegno ad arginare sul suo territorio il flusso dei migranti, in particolare la possibilità per i suoi cittadini di circolare in Europa senza necessità di un visto e l’accelerazione del negoziato per la sua adesione all’Ue. "Non firmerò nessun assegno in bianco alla Turchia - afferma la cancelliera con decisione -. Piuttosto, è importante dire alla Turchia che dovrà rispettare tutte le condizioni (poste all’ingresso nella Ue, ndr) senza eccezioni. Non esistono ’sì’ automatici alla sua integrazione vincolati alle attuali discussioni sulla protezione delle frontiere esterne" della Ue.

Merkel risponde quindi a Horst Seehofer, leader della Csu, partito gemello della Cdu in Baviera, che dopo aver premuto per mesi per l’introduzione di un tetto agli arrivi, a urne chiuse ha definito il risultato elettorale nei Lander conseguenza della politica sui profughi, con la conseguenza di un "movimento tettonico del paesaggio politico" del Paese di fronte al quale "non è possibile rispondere che tutto continua come prima" perché se avanza l’Afd "ne va dell’esistenza dell’Unione".

Per la cancelliera, la destra populista "non costituisce un problema esistenziale per l’Unione, ma un problema in sé" e il suo exploit è dovuto soprattutto al voto di "protesta". Nella soluzione della crisi dei profughi, insiste Merkel, la gente attende dalla Cdu non una discussione teorica su cosa si potrebbe e dovrebbe fare, ma soluzioni concrete sulla sicurezza interna. A una domanda sull’ipotesi di porre in parlamento la questione di fiducia sul governo, la cancelliera ha risposto con un chiaro no, ricordando il consenso alla sua linea ottenuto al congresso Cdu di dicembre.

Se per la Merkel è stata una domenica "pesante", Frauke Petry parla di "bella giornata per la democrazia". Ma ora, avverte la leader dell’Afd, quarantenne chimica convertitasi alla politica attiva, "bisogna rivedere" molte cose, a cominciare ovviamente dalla politica dell’accoglienza. "Dobbiamo rivalutare cosa sia fattibile e cosa possa essere finanziato in Germania - spiega in conferenza stampa -. E non, come invece fa la sinistra, diffondere idee utopistiche su quanti altri milioni e miliardi in denaro dei contribuenti possano essere spesi, ora che abbiamo capito quanto non sia veritiera la favola dei migranti qualificati provenienti dalle aree colpite da guerre civili".

La missione dell’Afd, aggiunge Petry, è "ripristinare lo Stato di diritto e la pace sociale in questo Paese". "Fin dalla sua fondazione, nel 2013, il partito si è occupato di problemi rimasti ignorati. Siamo in grado dimostrarlo in modo credibile" premette Petry, prima di focalizzare il punto: "La società tedesca subisce, non oggi ma da anni, una disintegrazione continua che si riflette chiaramente nell’impoverimento della classe media, le cui famiglie sono sempre più soverchiate. E il futuro nazionale è in discussione. Vogliamo essere il partito della pace sociale".

La signora Petry si divincola dalla domanda sulla somiglianza o meno dell’Afd al Front National francese di Marine Le Pen o all’Fpo austriaco del defunto Joerg Haider: "Non m’interessa impegnarmi in un dibattito sulle etichette".
E’ il co-portavoce Joerg Meuthen a smarcare l’Afd da scomodi paragoni: "Siamo una forza conservatrice nuova, liberale, rispettosa dei valori civici, aperta al mondo e al contempo patriottica, ma non profondamente nazionalista e socialista" come il Fronte della Le Pen

STEFANO CINGOLANI FORMICHE
Può darsi che sia la voglia di remare controcorrente o la sindrome del bicchiere mezzo vuoto, ma le elezioni nelle tre regioni tedesche non si sono risolte con un disastro per Angela Merkel come si sente e si legge pressoché ovunque. Certo, Alternative fuer Deutschland ha avuto un successo elettorale, ma che come lo gestisce se resta fuori dal governo? Influenza dall’esterno, fa lo spauracchio tipo Cinquestelle in Italia (perché la Lega governa e in particolare in due grandi regioni ricche come la Lombardia e il Veneto, molto più ricche della Germania est). Non solo. Si può parlare davvero di uno spostamento a destra dell’asse politico della Germania? Forse non ancora. Inoltre, non ci sono appuntamenti elettorali nazionali in vista e di qui all’anno prossimo tante cose possono cambiare. Ma vediamo i risultati.

Il quadro che emerge dai dati è decisamente a macchia di leopardo in Baden-Württemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt. La CDU perde ovunque, con percentuali diverse, e il partito della destra populista Alternativa per la Germania (AfD) entra in tutti e tre i parlamenti regionali, facendo il boom in Sassonia-Anhalt (Germania orientale). I socialdemocratici vincono in Renania-Palatinato ma arretrano pesantemente altrove. Crescono i liberali dell’FDP, i Verdi diventano primo partito in Baden-Württemberg.

Nel ricco Land di Stoccarda, i Verdi guidati da Winfred Kretschmann hanno governato bene e sono stati premiati diventando il primo partito con il 30% a scapito soprattutto dei socialdemocratici superati perfino da AfD e in parte dei cristiano-democratici. Kretschmann quasi certamente sarà confermato, ma Verdi e SPD non hanno la maggioranza assoluta dei seggi. Probabile un accordo con la CDU, grazie al comune approccio all’emergenza profughi che in B-W non fa paura. Ma non è del tutto escluso un allargamento della coalizione rosso-verde ai liberali dell’FDP (la cosiddetta coalizione “semaforo”: rosso-giallo-verde).

In Renania Palatinato, la presidente socialdemocratica Malu Dreyer sarà riconfermata grazie al 36,2%, più del risultato di cinque anni fa, contro il 31,8% della candidata di cristiano-democratica Julia Klochner, che aveva contestato le politiche pro-rifugiati della Merkel. Anche qui però non potrà essere replicata la coalizione rosso-verde uscente, a causa del crollo dei Verdi, che perdono dieci punti. Probabile, dunque, una grande coalizione tra i due partiti principali. L’AfD ha ottenuto il 12,6%, e i liberali dell’FDP rientrano nel Parlamento.

In Sassonia Anhalt, Alternativa per la Germania va ben oltre le aspettative: con il 24,2% diventa il secondo partito, non troppo distante dalla CDU del governatore uscente Reiner Haseloff, che perde 2,5 punti percentuali e scende al 29,8%. Ma AfD non andrà al governo, Haseloff verrà confermato anche se sarà difficile costruire una coalizione che tenga fuori la destra e l’estrema sinistra della Linke che pur perdendo sette punti percentuali resta alta al 16,3%: ma ovviamente non farà parte di un governo a guida CDU. Si conferma anche in questo Land la batosta dei socialdemocratici.

Emerge chiaramente che il sistema politico tedesco che era stato a lungo sostanzialmente bipolare, diventa più articolato e complesso, grazie al voto di protesta (che va soprattutto a destra, ma non solo) e, questa è l’altra costante, a causa del crollo della Spd. Andrebbe fatto un ragionamento a parte sull’eclisse dei socialdemocratici e la crisi dei partiti socialisti in tutta Europa. Ma in Germania, come è già successo in Francia, la crescita di una destra xenofoba, identitaria, isolazionista, non arriva al governo nemmeno su base locale. Ciò non significa sottovalutare la sua forza. Però non è proprio il caso di enfatizzare il risultato con i toni sportivo-militareschi che prevalgono nei media italiani.

Angela Merkel resta in sella, acciaccata, ma non piegata. E’ molto probabile che cercherà di attenuare le sue posizioni sull’accoglienza degli immigrati, ma siamo davvero sicuri che sia isolata in patria e all’estero? In ogni caso sarà lei a condurre la danza e a gestire la propria successione, con un partito socialdemocratico in affanno, chi vincerà fra un anno se non la Cdu che resta nonostante tutto il partito di Angela.
Stefano Cingolani

ZEFFIRA ZANFAGNA
La Bce di Mario Draghi è fuori controllo e va fermata. Bene le posizioni di David Cameron sull’Europa. Pessima la gestione della questione profughi da parte di Angela Merkel. Sono alcuni dei giudizi espressi in queste ore e negli ultimi giorni dalla leader di AfD (Alternative fuer Deutschland), Frauke Petry, soddisfatta per l’esito elettorale in Germania.

IL VOTO NEI TRE LAENDER

Domenica 13 marzo i cittadini dei Laender Baden-Württemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt sono stati chiamati alle urne per eleggere i nuovi governatori dei tre Lander tedeschi.

LA QUESTIONE PROFUGHI

Queste elezioni costituiscono anche una sorta di referendum sull’operato della Cancelliera tedesca, da circa 10 anni alla guida del Paese. Il tema sul quale gli elettori si sono divisi – secondo gli osservatori – è la gestione della crisi dei migranti, specie per le aperture della Cancelliera Angela Merkel sui profughi siriani.

I DATI E I PRIMI COMMENTI

La tornata elettorale fa registrate una crescita dell’AFD (Alternative fuer Deutschland) – partito di destra ed euroscettico – guidato da Frauke Petry, un passato da manager della chimica, e oggi alla guida del partito che fa discutere la Germania. Ottenuto più del 24 per cento dei voti in Sassonia-Anhalt – regione caratterizzata da un radicato sentimento anti immigrati – il 12.6 per cento in Renania-Palatinato, e il 15.1 per cento in Baden-Württemberg, all’AFD viene riconosciuto il merito di aver portato alle urne anche coloro i quali sono sempre stati poco inclini ad esercitare il proprio diritto di voto, commenta il Washington Post. “È la prima volta, dalla fine della Seconda guerra mondiale, che un partito alla destra dell’Unione Cdu-Csu raccoglie un consenso del genere”, ha notato il Corriere della Sera.

CHE COSA DICE PETRY SUI MIGRANTI

Cosa pensi Frauke Petry sulla questione migranti non lascia spazio all’immaginazione. “Su Angela Merkel e i governi che l’hanno preceduta grava la responsabilità di una politica migratoria catastrofica. Di questo passo, è una traiettoria che rischia di spazzare via l’Europa democratica e liberale degli ultimi decenni”, ha detto oggi la leader di AfD alla corrispondente di Repubblica da Berlino Tonia Mastrobuoni.

Il britannico The Guardian, una settimana fa, riportava le (dure) parole rilasciate da Petry durante un’intervista al quotidiano Mannheimer Morgen: “La polizia di frontiera dovrebbe fermare i migranti nel loro tentativo di entrare nel paese illegalmente. Se necessario, dovrebbero ricorrere alle armi da fuoco”.

A causa di simili dichiarazioni, Frauke Petry ha fatto presto a ritrovarsi nell’occhio del ciclone. E quando Repubblica le chiede spiegazioni della frase, Petry prima afferma che la riproduzione sbagliata e fuorviante delle sue parole (“voglio sparare ai profughi”) è diffamante. Poi aggiunge: “La verità è che i vecchi partiti ci temono e che i media pensano solo a fare audience. Per raggiungere questo scopo, ogni mezzo è giustificato”.

E ancora, commentando le parole rilasciate dal suo vice, Alexander Gauland, il quale ha affermato che non ci si deve far ricattare dagli occhi dei bambini migranti, Frauke Petry ha detto che “un’immagine del genere scongiura una discussione aperta e critica sulle politiche migratorie. Abbiamo già vissuto […] un dibattito sull’immigrazione viziato dal tentativo di usare immagini del genere per promuovere […] le politiche di benvenuto”.

In merito al tema dei bambini migranti la Petry si era già espressa il 12 febbraio, come si legge sul suo sito ufficiale. “È triste e scandaloso che circa 5.000 bambini rifugiati siano scomparsi in Europa. Il pensiero che alcuni di questi bambini siano caduti nelle mani di criminali, come teme l’Europol, è intollerabile. […] Questa tragedia umanitaria è dovuta anche al fatto che il continuo flusso di immigrati è incontrollabile. Questo rende quasi impossibile proteggere i bambini non accompagnati nella massa di milioni di immigrati”.

COSA PENSA LA LEADER AFD DI EURO E BCE

Altri temi cari all’AFD, e alla sua presidentessa, sono l’Euro e l’Europa unita. O meglio, la loro rivisitazione, se non abolizione.

Sul sito ufficiale del partito è scritto: “Faremo in modo che i poteri legislativi vengono ritrasferiti ai parlamenti nazionali. Sosterremo una riforma dell’Unione europea per ridurre la burocrazia di Bruxelles e promuovere la trasparenza. Il Parlamento europeo ha fallito nello svolgere il suo ruolo di contrappeso rispetto alla Commissione. Sosteniamo con forza le posizioni di David Cameron”.

A Repubblica ha oggi affermato: “È l’Europa intera che avrebbe bisogno di chiudere con l’esperienza dell’euro. Bisognerebbe tornare alle monete nazionali o a gruppi più piccoli che mantengano una valuta unica. Anche la Germania ne avrebbe bisogno. Ogni Paese ha bisogno della moneta che si adegua meglio alla sua economia. Siccome l’euro non può rispettare questa elementare regola economica, va abolito. Altrimenti i divari economici – e sociali – tra singoli Paesi non faranno che crescere”.

Sul sito ufficiale del partito, in una dichiarazione della candidata, si legge; “La BCE di Mario Draghi è fuori controllo. L’AFD farà di tutto affinché la sua politica non sia perpetuata […] Chiediamo che il costo della cosiddetta politica di salvataggio (dei Paesi irrimediabilmente indebitati come la Grecia) non sia a carico del contribuente. Chiediamo un divieto immediato sull’acquisto di carta straccia da parte della Banca centrale europea. L’inflazione non deve erodere i risparmi dei cittadini”.