Luca Bianchin, La Gazzetta dello Sport 11/3/2016, 11 marzo 2016
DUNCAN: «VIVO FELICE CON DUE FAMIGLIE E MI DIVERTO COL DRONE»
Gli amici hanno sempre fiducia nelle tue possibilità. Obiang su Twitter dopo il sinistro all’incrocio di Duncan contro il Milan: «Ma guarda che gol ha fatto questo». Come dire: Alfred, se ci riprovi la spedisci nella ionosfera. E De Silvestri: «Ha chiuso gli occhi e via. Roba da matti». Alfred ha riso perché Obiang e De Silvestri sono due amiconi e sul suo carro sono saliti da un pezzo. Gli altri stanno comprando il biglietto piano piano, sempre di più, sempre più in fretta, perché da domenica l’Italia sa che c’è un Duncan anche fuori da San Antonio.
Abbiamo una risposta da dare a Obiang. Se quella palla arriva altre dieci volte, dove finisce?
«Una volta in porta, tre lì intorno. Le altre sei sì, in curva. Era un calcio d’angolo rischiosissimo: al 50% perfetto, al 50% un contropiede per gli avversari».
Serve una spiegazione. Come funziona lo schema?
«Era preparato, avevamo deciso di farlo sul primo angolo da destra mandando a tirare Berardi, un mancino. Per me è più facile se calcia un destro, perché la palla gira meglio, però la difesa in quel caso si aspetta l’angolo a uscire e si allunga. Invece noi dovevamo tenere tutto il Milan dentro l’area».
Tanti dicono che Bacca è uscito in ritardo: corretto?
«Non so se ha sbagliato, ho visto il velo di Sansone e ho pensato a tirare. Però dietro avevo solo Magnanelli, che non è proprio veloce... Se avessi centrato un difensore, avremmo preso il contropiede».
Pare che la palla andasse a 120 all’ora. Si può andare a 120 a Sassuolo con la macchina?
«Non lo so, non ho la patente. Però un gol così non l’ho mai fatto: uno in Primavera contro l’AlbinoLeffe è stato bello, però... diverso».
Primavera dell’Inter. Racconta Stramaccioni: «Alfred era il boss del convitto di Interello. Mbaye in allenamento faceva entrate da Coppa d’Africa su tutti ma con lui niente, non si permetteva».
«È vero, Mbaye mi chiamava “capo”. Vivevamo tutti insieme a Interello e, quando gli altri facevano casino in salotto, io li facevo stare in silenzio. Siamo ancora amici».
Gli anni in Ghana invece come sono stati?
«A otto anni i miei genitori mi hanno mandato in un collegio a due ore da casa. Dicevano che così sarei stato da solo e avrei imparato di più. Ero il più piccolo e vivevo soltanto lì dentro: dormivo, mangiavo, studiavo e giocavo a calcio. Nient’altro».
Come si arriva da un collegio di Cape Coast all’Italia?
«Un amico di mio zio ha detto che potevo venire a giocare qui, mi aveva visto giocare in strada. La mia famiglia però voleva farmi studiare e io volevo diventare un giornalista, magari di politica o economia. Abbiamo provato ed è andata bene: mi ha preso subito l’Inter. (Passa Consigli e sente: “Giornalista? Ma dai, in Ghana non ci sono neanche i giornali...”. Ridono.)
C’è una storia su quel provino: in campo due giovani africani, Chibsah con le scarpe rosse, Duncan con le scarpe bianche, l’Inter sceglie il ragazzo con le scarpe bianche. Erano due giocatori di Serie A.
«È vero, ho fatto il provino con Chibsah e praticamente l’Inter è stata la mia prima squadra. Fino a 12 anni giocavo nel mio collegio contro altre scuole, poi quasi solo calcio di strada. Però Ausilio quel giorno ha detto: “Lui lo tengo”. Ricordo ancora i primi giorni nella mia famiglia italiana: mai avuto un freddo così».
Com’è avere due famiglie?
«Bello. Hai due appoggi, due aiuti, io sono stato preso in affido e ho anche due fratellini italiani».
E il razzismo, è un problema? A leggere l’ultimo tweet, una polemica contro un insulto da ignoranti, sembrerebbe di sì.
«Sì, è un problema e io ne voglio parlare il meno possibile. Secondo me più ne parli, più aumenta. In strada ovviamente non succede, in campo e sui social sì».
È una tattica, insultare per provocare un avversario, oppure cattiveria?
«Un po’ e un po’».
Allora pensiamo al calcio. Si può dire che Alfred Duncan è una mezzala più che un centrale di centrocampo?
«Sì, sono una mezzala sinistra però devo migliorare tutto, soprattutto devo imparare a giocare di prima».
E la qualità migliore?
«Il cambio gioco».
Poi c’è il fisico. Sono più le botte date o quelle prese?
«Quelle prese, sicuro. Una volta ho messo su Instagram la foto di un fallo di Danilo con la scritta “uccisione confermata”. Magari non l’ha fatto apposta, però se mi prendeva bene mi spaccava tutto».
Campionato: classifica finale. Chi vince?
«Ah, non lo so. Però sono amico di Asamoah, quindi dico Juve. Napoli secondo, Fiorentina terza».
E ai videogiochi?
«Io gioco con tutti, appena posso. Call of duty, GTA, Mortal Kombat, ovviamente Fifa. Gioco anche online, di solito con chi conosco. Se qualcuno vuole fare una partita mi può cercare, magari accetto: sono Fredinho41».
Ultima cosa: è vero che tra i giochi preferiti c’è un drone
«Certo. Lo uso per fare foto dall’alto e lo porto al campo. Di Francesco non me l’ha mai chiesto in prestito però a fine allenamento, quando ci mettiamo a tirare le punizioni, lo faccio volare e registro, così a casa riguardo tutto. Il problema è che Consigli a volte lo mira e un giorno l’ha quasi preso».
Sì, ma se lo centra, chi lo ricompra?
«Lui!».