Giuseppe Marcenaro, il venerdì 11/3/2016, 11 marzo 2016
NOI, I RAGAZZI DELLO ZOO DI BERLINO.VERSIONE 1932
Il 10 maggio 1933, a Berlino, sulla Bubelplatz, allora Franz Josef Platz, un ampio slargo sull’Unter den Linden, il suo libro va in fumo sulla pira accesa dai nazisti. Le pagine combuste di Jugend auf Landstrasse Berlino, conosciuto poi come Fratelli di sangue, hanno l’onore di mischiarsi con le ceneri delle opere di tanti autori condannati dall’isteria distruttiva di Goebbels. Capolavori, tra molti altri, di Mann, Musil, Freud, Henrich Heine, che apriva la propria opera, divorata dalle fiamme, con un profetico exèrgum: «Dove si bruciano i libri, alla fine si bruceranno gli uomini».
Ernst Haffner ha pubblicato il suo libro da appena un anno. Un esordio sostenuto dall’editore di maggior talento della Germania, Bruno Cassirer. Un editore conosciuto non soltanto per i libri che pubblica. In una Berlino divorata dall’isteria e dall’incertezza, apre la propria casa ai dissidenti. A quanti prevedono l’ineluttabile avvento delle camicie brune.
La repubblica di Weimar è ormai un cadavere. Il salotto dell’editore un estremo rifugio al cospetto della tragedia imminente. Cassirer riceve con la grazia magistrale del mecenate. Per essere ammessi chiede soltanto si apponga la firma nel registro dei visitatori, posato su un tavolino nel vestibolo. Ai sontuosi buffet, in saloni strailluminati, sono abitudinari Eduard Bernstein, deputato socialista al Reichstag; Rudolf Hilferding, ministro delle finanze; Hermann Müller, cancelliere della repubblica di Weimar. Arrivano chez Cassirer uomini sempre più accasciati, incapaci di capire come siano strapiombati in un drammatico e irrisolvibile guazzabuglio politico ed economico. Approdano tipi come Julii Martov, tristo leader dei menscevichi riparato a Berlino dalla Russia; James MacDonald, sconsolato fondatore del partito laburista; Otto Bauer, leader dell’austromarxismo. A questi si mischiano fuorusciti russi dai nomi ignoti con tanta dottrina rivoluzionaria, tanto marxismo, tanto sindacalismo, tanta internazionale. Tipi agognanti il lusso del salotto che guardano con gli occhi loschi di chi ha la sifilide ereditaria. Recano le ultime sui massacri in Unione Sovietica.
I rendez-vous da Cassirer evocano in privato le discussioni all’Eldorado, cabaret alla moda sulla Friedrichstrasse, dove tutti fanno gli stessi discorsi facendo finta di non farli. Nel clima di una voliera di confusionari, si danza gaiamente sopra una pentola in ebollizione sul punto di esplodere. Al Romanisches Café scontano esaltate depressioni scrittori e critici, pittori, musicisti, attrici e una schiera di bizzarri vanagloriosi che non hanno mai pubblicato un libro, mai maneggiato un pennello, mai scritto sonate. Ogni giorno arriva Paul Cohen Portheim, autore di raffinate monografie su Parigi e Londra. Ha sulla testa radi capelli morti e la fronte convessa tipica dell’intellettuale vegetariano. Arbiter elegantiarum, Cohen Portheim vive a Berlino con il cuore a Parigi. Ogni sera esplora avidamente il bollettino meteorologico sul quale si basa per scegliere l’abbigliamento del giorno dopo. Gente infoiata affolla teatri e ritrovi. Berlino è una città sull’abisso che sopravvive divorando energia umana. I suoi cittadini sono modelli per i dipinti e le efferate caricature di Heckel, Kokoschka, Dix, Beckmann, Grosz e company. Opere tali a sequenze del più realistico colossal dell’orrore mai girato sulla faccia della terra.
È questa la temperie in cui vive Ernst Haffner, l’autore di Jugend di Fratelli di sangue. Il suo primo e unico libro esce nel 1932. L’anno dopo, il nefasto 1933, con l’ascesa al potere di Hitler, è sequestrato per impedirne la lettura. Sono pagine che raccontano il mondo sotterraneo della Berlino strapiombata nel nazismo. Una umanità di straccioni e affamati. È l’epopea delle bande di ragazzame che mettono in gioco le proprie vite per procurarsi il minimo di cui vivere. Disposti a tutto. Una narrazione in bianco e nero. Nel libro di Haffner non sono certamente evocate le gaie depravazioni stracolorate dei cabaret, essenze disperate nel dramma di una repubblica naufragata nella più cruenta dittatura, che i tedeschi si sono scelta con il voto. In Fratelli di sangue (oggi in prima traduzione italiana, Fazi, pp. 250, euro 17,50) sono messi in scena giovani derelitti, imberbi, dalle forti pulsioni che sfociano in ogni tipo di effrazione. Una violenza nichilista. Le bande berlinesi non si privano di nulla: malversazioni, furti. Vendono il proprio corpo ad ammalate libidini.
Ernst Haffner è convocato dal Reichsschrifttumskammer, la Camera del Reich che stabilisce la politica culturale sotto il controllo del ministero della Propaganda, creato da Josef Goebbels. Scrittori, editori, librai e bibliotecari, dovevano obbligatoriamente aderire alla Camera del Reich. Dal giorno della sua convocazione, di Haffner non si sa più nulla. Scomparso. Gli è stata rimproverata la storia raccontata nel suo libro, pubblicato dal sorvegliato Cassirer. Il successo conseguito in pochi mesi. Le troppe recensioni favorevoli, prima fra tutte quella entusiasta di Siegfried Kracauer, pubblicata con rilievo dalla Frankfurter Zeitung. Dell’autore di questa opera prima, non si sa praticamente nulla. Pare scrivesse qualche articolo sui giornali. Irrintracciabili. Resta il libro. Un ulteriore tassello per vedere Berlino all’estenuazione rastremata della repubblica di Weimar. Una Berlino percorsa da bande di adolescenti senza dimora alcuna. Ragazzi alla ricerca di una identità che ogni giorno devono inventarsi la vita. Sempre sul crinale della delinquenza. Sono il controtipo del sinistro circo equestre in cui la capitale della Germania si è progressivamente trasformata. Una di queste gang si autoproclama Fratelli di sangue, da qui il titolo del libro. Banda formata da otto malemmi, costantemente braccati dalla polizia, inseguiti nei vicoli nei dintorni di Alexanderplatz. Errabondi in una città assediata dal gelo. Una rappresentazione espressionista la cui scenografia sono sordidi ospizi, fetide mense popolari, edifici diruti in disfacimento, bettole infami frequentate dallo scarto dell’umanità. I Fratelli di sangue vivono di squallidi ricatti a miserabili simili a loro. E di prostituzione. Il loro universo sono le viscere della metropolitana. Come topi in fuga si infrattano in avventizi rifugi. Fortuna è adescare qualche infoiato, voglioso di passare con uno di loro il tempo di una scopata. Sanno dove si può blandire; davanti alle porte corrusche del Kit-Kat Club. Qui si esibisce Sally Bowles, l’eroina di Christopher Isherwood nel romanzo Goodbye to Berlin. Fu Isherwood a convocare Stephen Spender, suo perversissimo e maliziosissimo amico, con un telegramma; Come, here the boys. Ragazzi carini e disponibili. Una sterlina il prezzo per una notte. Spender arrivò di corsa in compagnia di Auden.
Fratelli di sangue è anche la vicenda di un’affettuosa amicizia tra due ragazzi della banda. È la storia di Willi Kludas, fuggito da un orfanotrofio, che trova a Berlino la complicità di Ludwig, un compagno che conosce tra i Fratelli di sangue, cui si associa. I due metteno insieme i danari lucrati con le loro marchette. Affittano una miserrima camera. Vivono insieme. Per uscire dall’orrore di cui sono coscienti, si inventano un mestiere; venderanno scarpe usate. Potranno iniziare una nuova vita. Lontano dalla strada.
«In due è tutta un’altra cosa. La notte non è così lunga, così fredda, e i morsi della fame non sono così feroci. Uno dà una gomitata nelle costole dell’altro. “Allora, amico, che c’è? Andiamo! Se facciamo due volte avanti e indietro dalla Schlesischer Bahnhof alla stazione di Charlottenburg, la notte la passiamo!”... Ora Willi e Ludwig possono permettersi di ridere... Willi e Ludwig, due esemplari del misero esercito di vagabondi della metropoli... non sono sprofondati». Hanno davanti a loro l’incubo della lunga notte nazista. Chissà qual fine avranno fatto. Ernst Haffner non ha avuto la possibilità di raccontarlo. Due tra mille sulla Landstraße di Berlino.
Giuseppe Marcenaro