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 2016  marzo 11 Venerdì calendario

Boccia e Varchi, ecco chi sono i due che si contendono la presidenza di Confindustria– Chi è Vincenzo Boccia? «La boutique europea dell’industria grafica»

Boccia e Varchi, ecco chi sono i due che si contendono la presidenza di Confindustria– Chi è Vincenzo Boccia? «La boutique europea dell’industria grafica». Il sito dell’azienda di famiglia si presenta così, rivendicando quello che – ovvio – è l’orgoglio anche di Vincenzo Boccia: se sono le piccole e medie imprese, l’anima economica di un Paese che è la seconda potenza manifatturiera d’Europa, un fatturato di 40 milioni ti mette nella prospettiva giusta per capirla, quell’anima. E darle voce. Non è un caso che uno dei suoi slogan preferiti sia «piccola impresa comunità di vita». Né che in questa corsa ai vertici di Confindustria i primi a innalzare il cartello «Boccia for president» siano stati i «Piccoli» associati a Viale dell’Astronomia. Quegli stessi che lui ha guidato prima di passare il timone al veneto Alberto Baban, per diventare vicepresidente a tempo pieno. Con una delega chiave, nella squadra di Giorgio Squinzi: essere presidente del Comitato credito e finanza, negli anni della Grande Crisi e dell’enorme difficoltà di accesso ai prestiti bancari, al salernitano Boccia – classe 1964 come il «concorrente» Alberto Vacchi, sposato, due figlie – ha consentito di avere sempre il polso dell’universo impresa. E di ricevere apprezzamenti per il suo ruolo di mediatore con l’universo banche. Chiaro, da questo curriculum quasi interamente made in Confindustria, che la sua candidatura è sostanzialmente all’insegna della continuità. E infatti, tra i big sponsor, conta due past president come Emma Marcegaglia e Luigi Abete. Ma non, per esempio, Antonio D’Amato, l’unico uomo del Sud che abbia guidato l’associazione in oltre un secolo di storia. La sfida, per Boccia, sarà un po’ anche questa. ***** Chi è Alberto Varchi? È quotato in Borsa. Fattura 1,1 miliardi, con un utile 2015 stimato sui 69 milioni, e l’indirizzo dei relativi clienti è per il 90% all’estero. È presente in 80 Paesi, ha 34 stabilimenti tra Europa, Asia, America, dà lavoro a 2.400 persone in Italia e ad altre 2.400 nel resto del mondo. L’Alberto Vacchi uomo d’azienda è questo. Il laureato in giurisprudenza che ha preso la piccola azienda fondata dal padre nel 1961, a Bologna, e ne ha fatto la più classica delle nostre multinazionali tascabili: di quella nicchia (macchine automatiche per il packaging di farmaceutica, cosmetica, alimentare) oggi Ima è il leader globale assoluto. Dicono che lui – classe 1964, sposato, un figlio – non pensasse a correre per Confindustria nazionale. La sua stessa presidenza a Bologna è sempre stata prima di tutto «impegno su e per il territorio». Poi un giorno Gianfelice Rocca, inutilmente pressato dai tanti che cercano un segnale di discontinuità rispetto a una struttura interna giudicata autoreferenziale, ha pensato che il suo fosse il biglietto da visita giusto. «Perché non lo fai tu?». Vacchi ci ha riflettuto un po’. Ha ricevuto altre sollecitazioni (e l’appoggio, tra gli altri, di Alberto Bombassei). E allora «ok, ci provo». Visto che oltre Bologna era praticamente sconosciuto, ha cominciato a girare l’Italia. Spiegando che non vuole azzerare tutto, ma cambiare parecchio sì, o nell’era della disintermediazione anche Confindustria rischia l’irrilevanza. E replicando così alle accuse di «contiguità» con la Fiom: «Nella mia azienda il salario è legato al margine operativo. Non si calano le braghe con il sindacato». Raffaella Polato e Rita Querzé, Corriere della Sera 11/3/2016