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 2016  marzo 07 Lunedì calendario

ROMA, È PIÙ FACILE LA GUERRA I TOPI CHE A MAFIA CAPITALE

«Quando schizzan le sorche innamorate/ Dalle tue fogne o Roma», poetava verso la fine dell’Ottocento Olindo Guerrini, verseggiatore scapigliato detto lo Stecchetti. I topi della capitale – si sa – sono un argomento intramontabile che rispunta periodicamente da secoli. Ora, alla vigilia delle elezioni per il sindaco, li ha riscoperti il commissario Francesco Paolo Tronca, che viene da Milano, dove ha convissuto placidamente con 5 milioni di roditori, percentuale ben più cospicua rispetto alla popolazione dei 6 milioni di roditori romani. Così, detto fatto, ha costituito una “task force” contro topolini domestici, ratti neri dei tetti e zoccole delle fogne. Visto che la capitale ne ha poche, tanto vale creare qualche nuova emergenza. Anche Ernesto Nathan, che fu sindaco di Roma dal 1907 al 1913, si trovò alle prese con la questione topi: al momento di firmare il bilancio del comune s’imbatté nella voce “Frattaglie per gatti”, che cancellò con un tratto di penna, spiegando che il mestiere dei felini del Colosseo era proprio di mangiarsi i roditori, da cui il detto romanesco “Nun c’è trippa pe’ gatti”. A parte i mille aneddoti, va detto che la questione roditori è tutt’altro che romana, riguarda tutte le grandi città del mondo. Chi non si è imbattuto in qualche topo di fogna grande come un gatto passeggiando in pieno centro a Londra, a New York o a Parigi? La verità è che l’igiene nei grandi centri urbani è ovunque un’impresa titanica e per di più i furbi roditori hanno cambiato gusti, puntando agli odori dei cibi che trovano nei cassonetti. Così – ha spiegato Massimo Donadon, imprenditore trevigiano specialista in derattizzazioni – a New York ha aggiunto alle esche la margarina, in Germania il grasso di maiale, a Pechino il riso soffiato e in Cile la farina di pesce. Per Milano suggerisce il panettone e per Roma i rigatoni con la pajata. Il commissario Tronca fa bene a occuparsi dello zoo romano, dai roditori ai gabbiani, fino agli storni, ma bisogna pur prendere atto con tristezza che nei mesi che ha trascorso a Roma da commissario straordinario, gli altri topi, quelli che rosicchiano quotidianamente le pubbliche risorse hanno continuato a prosperare come se nulla fosse, nonostante l’inchiesta Mafia Capitale. Lo certifica la relazione presentata al Senato dal procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti con parole accorate: «Fin da ora si può trarre un’amara conclusione: l’inchiesta Mafia Capitale non ha inciso in modo significativo nel fondamentale settore degli appalti e degli affidamenti pubblici e non ha costituito un deterrente per il ricorso alla corruzione. Le inchieste giudiziarie più recenti hanno documentato, in termini di assoluta certezza ed ancora una volta, come la corruzione sia diffusa e radicata al punto di essere ormai sistema». A Roma, città terziaria e di servizi, le mafie acquisiscono immobili, società, esercizi commerciali, appalti pubblici, con una progressiva penetrazione criminale nell’economia cittadina, anche perché dopo la Banda della Magliana la criminalità comune non si è strutturata e ha continuato a gestire soprattutto usura, gioco d’azzardo e spaccio di stupefacenti. Altro che topi, la DDA descrive una situazione che più che un sindaco richiederebbe un superman che francamente non s’intravede tra i volti dei candidati sindaco. Forse è per questo che tutti danno l’impressione di correre con la speranza di perdere.
a.statera@repubblica.it
Alberto Statera, Affari&Finanza – la Repubblica 7/3/2016