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 2016  marzo 07 Lunedì calendario

I FUNZIONARI COMUNITARI APOLIDI DA BREXIT

Dai banchieri agli industriali, molte categorie inglesi hanno già espresso la loro preoccupazione all’idea di lasciare l’Unione europea. Ma c’è una categoria per cui una Brexit è letteralmente questione di vita o di morte: le centinaia di funzionari di nazionalità britannica che lavorano nelle istituzioni europee dove occupano anche posti dirigenziali di altissimo livello. Che cosa succederà di loro se Londra dovesse decidere di uscire dall’Ue? Il 26 febbraio una delle organizzazioni sindacali ha tenuto una riunione a porte chiuse per cercare di tranquillizzare i suoi iscritti. Ma in realtà nessuno sa che cosa potrebbe accadere veramente. Si calcola che circa mille funzionari britannici lavorino in Commissione, 290 per il Parlamento europeo (più 73 deputati con relativi assistenti e altro personale politico) e 130 siano impiegati nel servizio di azione esterna diretto da Federica Mogherini. L’opinione più diffusa è che i funzionari entrati in ruolo dopo aver superato un regolare concorso non dovrebbero perdere il posto. Ma anche questa è una ipotesi, visto che l’uscita della Gran Bretagna li priverebbe della nazionalità europea. Di certo, a rimetterci sarebbero i molti funzionari pubblici britannici distaccati presso le istituzioni europee e gli “agenti temporanei”, che vengono assunti con contratti a termine. Ma per molti dirigenti non è tanto questione di mantenere il posto, quanto di veder ridotte le loro possibilità di fare carriera. Oggi molte poltrone chiave agli alti livelli della burocrazia europea sono attribuite in funzione di un principio di proporzionalità tra le diverse nazionalità dell’Unione. Per questi funzionari diventati improvvisamente “apolidi”, cioè senza uno stato membro a cui fare riferimento, le prospettive di avanzamento sarebbero drasticamente ridotte. Quanto ai deputati, qualcuno dice che potrebbero finire la legislatura. Altri non sono per nulla di questo avviso. Lo stesso discorso vale per i sei direttori generali britannici a capo di servizi strategicamente molto rilevanti. Un discorso analogo vale per i molti lobbisti che incrociano nei corridoi dei palazzi bruxellesi. Su novemila società che fanno attività di lobby a Bruxelles, oltre mille sono registrate a Londra. Anche per chi lavora in quel settore, l’ipotesi Brexit è densa di incognite. Non a caso, negli ultimi mesi, il numero di cittadini britannici residenti da anni nella capitale europea che hanno chiesto di ottenere la nazionalità belga ha subito una brusca impennata.
Andrea Bonanni, Affari&Finanza – la Repubblica 7/3/2016