varie, 8 marzo 2016
DELITTI USCITI SUL FOGLIO DEI FOGLI DEL 7 MARZO 2016
Stefano Brega, 45 anni. Pregiudicato, coi due fratelli minori gestiva un’azienda vinicola nella frazione Boffalora di San Damiano al Colle, nel Pavese. Unico dei tre fratelli a vivere coi genitori, di continuo chiedeva soldi al padre Giuliano, agricoltore di 76 anni, e per questo tra i due scoppiavano spesso violente liti. L’altra sera dopo cena ci fu l’ennesima discussione, il Brega Stefano a un certo punto uscì di casa sbattendo la porta, il padre lo seguì con in pugno la sua Smith&Wesson calibro 38 e gli sparò due colpi addosso: uno al petto, l’altro alla testa. Quindi rientrò in casa, si sedette sul divano, guardò la moglie, e le disse: «Ho ammazzato Stefano».
Dopo le 20.30 di giovedì 3 marzo nell’azienda vinicola «Al Colle» nella frazione Boffalora di San Damiano al Colle, nel Pavese.
Mariana Caraus, 25 anni. Rumena, alta, bella, lunghi capelli castani, occhi grandi, labbra carnose, sorriso smagliante. Tre anni fa era andata a studiare lingue in Germania e lì s’era fidanzata con Karl Christian Neumeyer, tedesco, 33 anni, pieno di soldi, amante del ballo e delle auto di lusso. Lo scorso settembre l’aveva lasciato ed era tornata a vivere coi genitori, gli operai Vasile e Viorica, a Cavino, frazione di San Giorgio delle Pertiche (Padova). S’era trovata un lavoro in un calzaturificio, s’era fatta fare un book fotografico da presentare alle agenzie di modelle e in paese si vedeva sempre in giro con l’adorato cagnolino, chiamato Bella, che di recente le avevano regalato i genitori. Il Neumeyer però non aveva mai accettato di stare senza di lei e il mese scorso era andata a cercarla per convincerla a tornare assieme: lei gli aveva detto di no e lui, disperato, se n’era ripartito da solo per la Germania. La sera di giovedì 3 marzo tornò a bordo di una Volkswagen Golf rosso amaranto noleggiata a Monaco di Baviera, dopo l’ora di cena si presentò a casa sua, le offrì un mazzetto di mimose, la fece salire in auto e mentre girovagavano bevendo birra la pregò di tornare con lui. Lei gli rispose che non ne aveva alcuna intenzione e allora lui, dopo aver parcheggiato in una piazzola di sosta, tirò fuori una Cz 9x21 fabbricata nell’ex Jugoslavia e le sparò tre colpi al petto. Quindi si puntò l’arma al cuore e fece fuoco.
Notte di giovedì 3 marzo in via della Repubblica a Cavino, frazione di San Giorgio delle Pertiche, Padova.
Alberto Savigni detto Bertino, 83 anni. Agricoltore, uomo «all’antica», «autoritario», da quando venti anni fa gli era morta la moglie viveva col figlio Davide, 47 anni, a detta di tutti «mite e tranquillo». L’altro giorno, nella loro cascina a San Cesario (Modena), i due presero a litigare violentemente perché non si mettevano d’accordo su come irrorare i filari dei peri. A un certo punto il vecchio impugnando un attrezzo di ferro urlò al figlio «ti spacco la testa» e allora lui lo spinse contro il muro facendogli sbattere con violenza la testa e subito dopo, vedendolo cadavere in terra, chiamò i carabinieri.
Mattina di mercoledì 2 marzo in un’azienda agricola a San Cesario, Modena.
SUICIDI
Valentino Angeli, 41 anni. Titolare del bar Centrale di Coseano (Udine), ristrutturato e inaugurato lo scorso dicembre, «allegro», «sempre sorridente», appassionato di regate e passeggiate a cavallo, l’altra notte scrisse su Facebook «per tanto tanto tanto tempo non ci sentiremo, spero che mancherò almeno a qualcuno. Voglio bene uno ad uno», e poi si impiccò nel retro del suo locale. A trovarlo cadavere, la mattina dopo all’alba, fu una cameriera. Una lunga lettera, lasciata sul bancone del bar, in cui parla fra l’altro di una delusione sentimentale.
Notte di venerdì 4 marzo nel retrobottega del bar Centrale di Coseano, Udine.
Sisinno Machis, 58 anni. Sardo, piccolo imprenditore specializzato nella costruzione di infissi, in difficoltà economiche a causa della crisi, viveva con la moglie e il figlio diciottenne in una villetta su tre livelli a Villacidro. Poche ore prima che l’ufficiale giudiziario gli notificasse il pignoramento della casa, andò in garage, legò una corda a una trave, l’altro capo se lo girò attorno al collo, e si lasciò penzolare.
Mercoledì 2 marzo in una villetta su tre piani a Villacidro, nel Medio Campidano.
Jessica Scotti, 25 anni. Originaria di Agropoli, in provincia di Salerno, cinque anni fa si era trasferita con la madre a Bologna. Iscritta al corso di Scienze infermieristiche dell’Università, viveva da sola da qualche mese, da quando la madre era andata a lavorare in Svizzera. A detta di amici e parenti «ragazza normale e serena», da qualche tempo appariva giù di corda. L’altra sera, in cucina, mandò giù un bel po’ di candeggina, poi si cosparse il corpo di benzina e con un accendino si diede fuoco. Un biglietto, per chiedere scusa «a tutti quelli che farò soffrire».
Sera di martedì 1° marzo in un appartamento in via Trauzzi, quartiere Pilastro, Bologna.