Mirella Serri, Sette 4/3/2016, 4 marzo 2016
LAWRENCE D’ARABIA? UN PATRIOTA, BUGIARDO, SPIETATO E SADOMASO
A Cloud Hill, nel Dorset, il 13 maggio 1935 si annuncia come una splendida giornata. Il colonnello, agente segreto, archeologo e scrittore Thomas Edward Lawrence si alza presto. L’ex capo della rivolta araba, chiamato il “Principe della Mecca”, va prima all’ufficio postale e poi dal macellaio dove acquista del maiale per il giorno dopo. Da parecchi anni ha buttato alle ortiche pubbliche responsabilità, come la carica di consigliere politico per gli Affari arabi, ha rifiutato importanti onoreficenze e ha cambiato più volte nome. Con la stravaganza e il caratterino rissoso che lo connota, Lawrence d’Arabia è diventato il soldato carrista T.E. Smith, l’aviere T.E. Shaw ed infine l’aviere meccanico John Hume Ross arruolato nella Raf. Dall’aeronautica di Sua Maestà sarà espulso due volte e due volte riaccolto. A febbraio di quello stesso anno è entrato a far parte del servizio del controspionaggio britannico MI5, nella stessa sezione in cui opera Ian Fleming, futuro autore delle opere dedicate all’agente 007. Quella fatidica mattina Lawrence sta rientrando sulla sua rombante Brough Superior Ss 100 ma, incrociando due ciclisti, sbanda e finisce contro un albero. Muore dopo qualche giorno. Il cordoglio in Inghilterra è enorme: Lawrence è una star fin da quando un reporter americano, Lowell Thomas, ha messo in scena uno spettacolo itinerante in cui celebra le gesta dell’autore dei Sette pilastri della saggezza. Nel resto del mondo sarà destinato a diventare famoso con il volto emaciato e gli splendenti occhi azzurri di Peter O’ Toole, nel film del 1962 di David Lean a lui dedicato che conquista ben sette Oscar. La pellicola lo dipinge come un valoroso guerrigliero emotivamente instabile, con tendenze sadomasochiste. Ma chi fu veramente Lawrence d’Arabia? Alla sua personalità appartengono zone buie e inspiegabili: perché dopo aver raggiunto picchi di notorietà e successi, come la conquista del porto di Aqaba, si condanna ai ranghi di semplice recluta, alle camerate piene di cimici e pidocchi, alla pulizia delle latrine? Ma non solo: fu veramente l’eroe romantico che sosteneva le ragioni degli arabi? Adesso, a ripercorrerne l’esperienza politica ed esistenziale e soprattutto a ricollocarlo all’interno dei suoi rapporti con la diplomazia britannica e con i suoi superiori, è il bel libro di Fabio Amodeo e Mario José Cereghino, Lawrence d’Arabia e l’invenzione del Medio Oriente (Feltrinelli, pp. 202, 17 euro). I due saggisti rivisitano la complessa attività politica del colonnello nel complicato scacchiere mediorientale dove si era scatenata la corsa delle maggiori potenze industriali per assicurarsi l’oro nero e per controllare le rotte navali. Il comandante solo apparentemente sposò la causa degli arabi. Di fatto, molto ben foraggiato da abbondanti contributi economici, perseguì gli interessi del suo Paese che, insieme alla Francia, aveva a cuore il controllo dell’immensa area tra il Mediterraneo, il Golfo Persico e il Mar Rosso, sede dei giacimenti petroliferi. E le potenze coloniali cercarono di tener nascosti i propri obiettivi. Una tesi che peraltro è presente anche nella ricca e suggestiva biografia di Phillip Knightley e Colin Simpson, Le vite segrete di Lawrence d’Arabia (che ora viene riproposta da Odoya editore, pp. 365, 22 euro). I due giornalisti scrivono che «lungi dal nutrire un profondo attaccamento per gli arabi, a Lawrence non importò nulla di loro; lungi dal dedicarsi al compito di unire le loro tribù divise affinché sorgesse una nazione araba unita, credeva invece che l’interesse dell’Inghilterra fosse nel tener diviso il Medio Oriente; lungi dall’appoggiare la causa della libertà e dell’indipendenza degli arabi, mirava invece a estendere sui loro paesi l’Impero britannico. Promise agli arabi la libertà perché sapeva che questa era la maniera migliore per indurli a combattere ma era consapevole che non l’avrebbero mai ottenuta». E rivelano anche la profonda scissione di Aurans Iblis, ovvero di “Lawrence il diavolo”, così lo definivano i beduini del deserto: spietato, determinato, lucido nelle operazioni militari, come lo ricorda anche Winston Churchill, fragilissimo invece nel privato, fin quasi al limite estremo della pazzia. Negli ultimi anni fu sempre più segnato da un forte squilibrio psichico: nel suo cottage da eccentrico scapolo non c’erano letti ma solo due sacchi a pelo, di cui uno destinato all’ospite di turno; per evitare i bucati non indossava i calzini e calzava babbucce di pelle di capra; sciacquava i piatti in una vasca di mattoni inclinata versandovi sopra acqua bollente, mangiava direttamente nelle scatolette. Ma, soprattutto, alternava periodi di ottimismo, quando era pieno di progetti per il suo futuro letterario, e tremende depressioni. Knightley e Simpson mettono in dubbio anche i fatti narrati dallo stesso Lawrence, come la violenza sessuale subita da parte del bey di Deraa durante la guerra contro i turchi. Pubblicano i memoriali del giovanissimo John Bruce, suo intimo amico che fu da lui stipendiato perché periodicamente eseguisse un infernale rituale: colpire il colonnello con una frusta formata da fibbie di cuoio alle cui estremità erano legati artigli metallici che laceravano le carni.
Tutti gli autori però concordano: in lui albergano genio e follia. Fu un fedele servitore del proprio Paese, un colonialista pronto a estendere l’influenza dell’impero britannico ma anche un acuto analista, persino preveggente. Abbandonò sdegnato i suoi impegni pubblici dopo aver denunciato tutti i limiti dell’accordo segreto, di cui a marzo di quest’anno ricorrono i cento anni: i negoziati del 1916 condotti dal francese François Georges-Picot e dal britannico Mark Sykes delusero tutte le aspettative del mondo arabo mentre sancivano la logica spartitoria e definivano le sfere di influenza delle grandi potenze. Esattamente un secolo fa, osservano poi Amodeo e Cereghino, è stato così inventato il Medio Oriente contenitore di una serie di bombe a orologeria etniche, religiose, politiche e economiche che ne hanno fatto la terra della guerra perenne, dei conflitti insanabili. Un disastro da Lawrence annunciato con la sottolineatura dei gravi errori compiuti dagli ex imperi coloniali. Che proprio per questo cercarono anche di distorcere la memoria e il senso più profondo e genuino del suo pensiero e delle sue azioni.