Dario Bressanini, Le Scienze 3/2016, 4 marzo 2016
IL DESTINO DEL GRASSO
Forse anche voi, come me, dopo le vacanze vi siete guardati allo specchio, vi siete pesati, e avete deciso che avete messo su qualche chilogrammo di troppo. Grasso corporeo che si è accumulato e di cui vi volete liberare. Avete quindi iniziato a seguire una dieta apposita e a fare più attività fisica rispetto a prima della dieta. Con un po’ di pazienza e costanza il grasso dovrebbe iniziare a ridursi. Ma vi siete mai chiesti dove finisce il grasso che eliminate quando riuscite a dimagrire? No, non lo perdete, come molti pensano, «in bagno». Finisce nell’aria, come del resto la maggior parte del cibo che digeriamo.
Come olio di oliva, burro e altri grassi alimentari hanno una composizione chimica media di trigliceridi, così anche il grasso che accumuliamo nel nostro corpo. Il trigliceride medio nel nostro corpo ha formula chimica C₅₅ H₁₀₄ O₆. Sebbene le reazioni biochimiche che avvengono nel nostro corpo quando «consumiamo» una molecola di grasso siano molto complesse, non è necessario conoscerle nel dettaglio per conoscerne il destino finale. Il nostro corpo immagazzina i grassi in eccesso della nostra dieta nelle cellule adipose, chiamate adipociti. Anche un eccesso di carboidrati nella dieta è prima convertito in grassi e poi immagazzinato. Dal punto di vista dell’evoluzione è molto più efficiente accumulare riserve di energia sotto forma di grassi invece che sotto forma di carboidrati perché i primi contengono nove chilocalorie per ogni grammo mentre i carboidrati solo quattro chilocalorie.
Quando il nostro corpo «decide» di consumare una molecola di grasso in magazzino, e convincerlo a farlo può non essere semplice, questa va incontro a una serie di complesse trasformazioni biochimiche, ma la reazione complessiva è C₅₅ H₁₀₄ O₆ + 78O₂ → 55CO₂ + 52H₂O + energia. Questa è la reazione che avviene quando bruciamo grasso, per esempio l’olio di una lampada. Ed è per questo che per dimagrire diciamo che dobbiamo «bruciare i grassi». Nonostante non vi siano fiamme nel nostro corpo, le leggi universali della conservazione della materia e dell’energia valgono anche per le reazioni chimiche che avvengono dentro di noi, e queste leggi impongono che per eliminare 1 chilogrammo di grasso dobbiamo inalare 2,9 chilogrammi di ossigeno, respirando, per produrre 2,8 chilogrammi di anidride carbonica e 1,1 chilogrammi di acqua.
La «combustione» interna del grasso libera una notevole quantità di energia, che per il primo principio della termodinamica non può sparire nel nulla, e deve necessariamente essere usata. Muovendo i muscoli durante l’attività fisica, per esempio, oppure aumentando la temperatura del corpo, disperdendosi poi sotto forma di calore, o usandola per produrre altre molecole o altro ancora. La quantità di energia liberata da 1 chilogrammo di grasso tuttavia è enorme: 9000 chilocalorie. Una quantità che una persona normale non può usare in pochi giorni. La reazione mostrata prima illustra anche il destino degli atomi che compongono il grasso: sono riassemblati sotto forma di acqua e anidride carbonica. Il nostro corpo può eliminare acqua in molti modi diversi: sotto forma di sudore, urina, vapore acqueo che espiriamo (avete presente quando d’inverno vedete il respiro condensare?), e altro, ma c’è un unico modo per eliminare gli atomi di carbonio originariamente presenti nel grasso: attraverso la CO₂ che espelliamo.
A riposo respiriamo mediamente 12 volte al minuto emettendo a ogni respiro 9 milligrammi di carbonio. Quel chilogrammo di grasso che vogliamo eliminare contiene 767 grammi di carbonio. Nell’ipotesi, irrealistica, di non mangiare nulla e che non cambi il nostro fabbisogno energetico, il nostro corpo impiegherebbe ben cinque giorni per bruciare quel chilogrammo di grasso. Quindi, qualsiasi metodo miracoloso prometta come risultato la perdita di chilogrammi di grasso corporeo in breve tempo viola i principi di conservazione di energia e materia e non può funzionare.