Aldo Cazzullo, Sette 12/2/2016, 12 febbraio 2016
UNA GIORNATA ALL’ANAGRAFE
Mia figlia va in Cina per uno scambio scolastico. Quando avevo la sua età, i cinesi piangevano Mao; oggi mandano i loro studenti in Occidente e ospitano gli studenti occidentali. Sono le grandi opportunità offerte dalla rivoluzione che ha accorciato le distanze fisiche, ideologiche, culturali. Le meraviglie del mondo globale. Che però dovranno prima fare i conti con una forza grandiosa di resistenza e di conservazione: la burocrazia italiana. Impegnata in un immenso, titanico sforzo: autoalimentarsi. Giustificare se stessa. Creare e perpetuare una macchina che mette in moto altre macchine in un gigantesco circuito chiuso. Stipendiare burocrati che si certificano a vicenda con il denaro dei contribuenti, anzi dei sudditi.
In sintesi: per l’espatrio del minore serve l’estratto di nascita. Ma a Roma, capitale d’Italia, non si può fare l’estratto di nascita di una cittadina italiana nata a Torino; bisogna andare all’anagrafe di Torino. E farlo online? In teoria è possibile, ma si entra in un meccanismo infernale di pagamenti e attestati di pagamenti che, mi assicurano, necessita almeno di un mese. Per fortuna faccio un lavoro che mi porta in giro. Penso a un italiano nato a Caltanissetta che viva a Bolzano, o viceversa: ai costi che deve affrontare, al tempo che dovrà perdere, alla frustrazione che dovrà subire.
L’anagrafe di Torino sorge nell’edificio costruito dai Savoia per ospitare il manicomio. Gli sportelli sono decine, ma per le pratiche come la mia ce n’è uno solo. Almeno tre ore di attesa. Prendo il numeretto e mi siedo a osservare. Pare di essere a Shanghai, o a Dakar, o a Marrakech. Ovunque, fuorché in Italia. Mi dico che nessuna comunità, neanche composta da monaci zen, può affrontare un’ondata migratoria come quella che da vent’anni sta travolgendo la penisola, la cui intensità non può essere misurata dai numeri, per giunta truffaldini (proprio come quelli dell’inflazione). Gli stranieri sono molti, e sembrano molti di più di quelli che sono: perché non hanno belle case in collina dove rifugiarsi, non partono per il week end, non vanno in vacanza; vivono in centro, stanno fuori tutto il giorno, spesso rientrano nei Paesi d’origine, e vanno all’anagrafe a fare i certificati. Alcuni sono cortesi e silenziosi. Altri sono arroganti e maleducati. Uno sta urlando contro un’impiegata che, sostiene, si rifiuta di fargli la carta d’identità elettronica solo perché lui è nero. L’impiegata, atona e del tutto priva di espressione, gli risponde che la macchina per fare le carte d’identità è rotta, e lei non ha la minima idea di quando e se verrà riparata; vale per i neri come per i gialli; la burocrazia italiana è come la livella di Totò, uguale per tutti.
A un tratto si avvicina l’unica donna bianca in attesa. Chiede di poter fare una telefonata alla sua badante ucraina, per avvisarla che non rientrerà a pranzo. Poi si rimette a sedere. L’anagrafe chiude alle 15, ma ci assicurano che potremo restare fino a quando non “saremo smaltiti tutti”.
Ovviamente la cosa non finisce qui: l’estratto di nascita deve essere certificato alla prefettura di Roma, che però non riconosce il nome dell’impiegata di Torino, e invita a far certificare l’estratto alla prefettura di Torino; a meno di fare all’anagrafe di Roma una copia autenticata dell’estratto rilasciato a Torino, e fare autenticare quella dalla prefettura di Roma… Tuttora non so come andrà a finire. Si potrebbero trarre molte lezioni: l’apparente iper-legalismo di uno Stato a illegalità diffusa, ad esempio. Resta l’impressione di un Paese che non si è reso bene conto né della profondità dei mutamenti in corso, né della gravità dei suoi ritardi: non a caso siamo, con Haiti e lo Zimbabwe, la nazione al mondo che in questi ultimi vent’anni è cresciuta di meno. Eppure gli stranieri continuano ad arrivare, in particolare dall’Eritrea in guerra: una guerra di cui non sappiamo nulla, di cui non parliamo mai. E poi i cinesi, i più impenetrabili: tutti a digitare ideogrammi sul telefonino per capire cosa mai significhi “completare il modulo” e “allegare marca da bollo”.